«LA GIUNTA “DI SINISTRA” DELLA REGIONE PIEMONTE HA CHIESTO
E OTTENUTO AL CONSIGLIO DI STATO UNA SENTENZA CHE
NEGA IL DIRITTO DEGLI ANZIANI MALATI CRONICI NON
AUTOSUFFICIENTI ALLE PRESTAZIONI SOCIO-SANITARIE
DOMICILIARI.
SUPERATO IL DEFICIT ECONOMICO, LA REGIONE ASSICURERÀ
FINALMENTE IL DIRITTO ALLE CURE
SOCIO-SANITARIE DOMICILIARI E L’ASSEGNO DI CURA?
«Ancora una volta il Consiglio di Stato ha
pronunciato una sentenza, la n. 5538/2015, che di
fatto nega le esigenze vitali degli anziani
malati cronici non autosufficienti e quindi anche
delle persone colpite dal morbo di Alzheimer o da
altre forme di demenza senile: oltre un milione
di nostri concittadini.
La Regione Piemonte aveva impugnato al Consiglio di
Stato l’ottima
sentenza 156/2015 del Tar del Piemonte
che confermava il diritto esigibile delle
prestazioni sociosanitarie domiciliari in modo
chiarissimo: «Il dilemma se le prestazioni non
professionali debbano essere o meno ricomprese nella
generica definizione (prestazioni di «aiuto
infermieristico e assistenza tutelare alla persona»)
del decreto che definisce i Lea non può che essere
risolto in senso positivo» e cioè che il
decreto stesso si riferisce «alle prestazioni
fornite da persone prive di un attestato
professionale (e quindi diverse dall’operatore
socio-sanitario: ad esempio assistente familiare,
badante, familiari medesimi)» il cui costo
nella misura del 50% «deve essere posto a
carico del Servizio sanitario e non certo accollato
al comparto assistenziale». La scelta,
politica e non tecnica, della Regione Piemonte,
Giunta Chiamparino, è stata quella di fare ricorso
contro queste positive affermazioni, cioè di
considerarle illegittime. Una posizione
inaccettabile e in contrasto con le leggi nazionali!
Il Consiglio di Stato con la sentenza emessa il 7
dicembre 2015 conferma la posizione della Regione
Piemonte di considerare fuori dai Lea (Livelli
essenziali delle attività socio-sanitarie
domiciliari e residenziali) le prestazioni
domiciliari di «assistenza tutelare alla persona»
prestate da familiari e badanti (e quindi fuori
dai diritti esigibili e dall’obbligo di finanziarle
con risorse del Servizio sanitario nazionale,
tramite il cosiddetto assegno di cura).
Rimangono a carico del Servizio sanitario nazionale
le prestazioni mediche, infermieristiche e
riabilitative (assolutamente insufficienti a
livello di presenza domiciliare, come dimostrato qui
sotto, a soddisfare le esigenze delle persone
anziane malate croniche non autosufficienti e di
quelle colpite da demenza senile, autismo o
disabilità invalidante grave e limitata o nulla
autonomia).
È chiaro che la posizione della Regione è di
natura eugenetica, cioè punta ad escludere, e quindi
discriminare, dalle cure sanitarie persone che ne
hanno bisogno indifferibile, cioè non rinviabile
senza che la loro già carente salute venga
compromessa, fino alla morte nel giro di brevissimo
tempo.
Condizione dei malati mistificata. Come aveva già fatto con la sentenza n. 604/2015 il
Consiglio di Stato continua a negare la
condizione di malati ai soggetti non
autosufficienti e quindi impossibilitati a
difendersi da sé e assolutamente non in grado di
provvedere autonomamente alle loro esigenze vitali.
Il Consiglio di Stato non vuole capire che gli
anziani malati cronici non autosufficienti sono
persone malate, spesso colpite da una pluralità di
patologie. In sostanza si tratta di soggetti così
gravemente malati da avvertire non solo continuative
sofferenze, ma da cadere anche nella condizione di
non autosufficienza, e cioè nella totale
dipendenza dagli altri per tutte le funzioni vitali.
Sono pertanto malati la cui gravità ha raggiunto
l'irreversibile stato della non autosufficienza.
Detto altrimenti: gli anziani malati cronici non
autosufficienti sono soggetti ultrasessantacinquenni
affetti da una compromissione dell’autosufficienza
dovuta a malattie e loro esiti (ad esempio
vasculopatie, ictus cerebrali con emiplagia,
demenza, sovente associata a gravi disturbi
comportamentali, grave scompenso cardiaco, esiti di
fratture in osteoporosi.). Si tratta di patologie
che non possono che essere trattate dalla medicina e
non da altri settori. Questi pazienti, sovente, sono
affetti da pluripatologie e soggetti a frequenti
riacutizzazioni e complicanze. Agli
ultrasessantacinquenni non autosufficenti sono
assimilabili soggetti di età inferiore colpiti da
demenza senile.
In particolare, quindi, sottolineato che la non
autosufficienza è la devastante e drammatica
conseguenza della gravità della/e patologia/e che
colpiscono i malati, è opportuno precisare che
questa situazione esige una maggiore e continua
attenzione alla condizione di salute di questi
infermi sotto il profilo preventivo, diagnostico e
terapeutico in quanto gli anziani malati cronici non
autosufficienti e i soggetti colpiti da morbo di
Alzheimer o da altri tipi di demenza senile sono
quasi sempre incapaci di fornire informazioni circa
la fenomenologia, l’intensità, la localizzazione e
tutte le altre caratteristiche non solo dei dolori
di cui soffrono, ma anche relative al
soddisfacimento delle loro più elementari esigenze
vitali (mangiare, bere, caldo, freddo, ecc.).
La loro condizione di estrema malattia non consente
loro di svolgere autonomamente le più elementari
funzioni vitali senza l’aiuto determinante di altri,
in mancanza dei quali i malati sono destinati ad
aggravarsi e morire in brevissimo tempo. Ne consegue
che questi infermi sono in una situazione non solo
di urgenza, ma di assoluta e continua emergenza.
Per negare la loro condizione di infermi nella
sentenza 604/2015 il Consiglio di Stato li definisce
ben 38 volte «anziani non autosufficienti»
omettendo volutamente l’indiscutibile evidentissima
condizione di malati. A sua volta nella sentenza n.
5538/2015 le prestazioni «di assistenza tutelare
alla persona» fornite a domicilio dai congiunti
o da terze persone agli anziani malati cronici non
autosufficienti e alle persone con demenza senile
sarebbero «aggiuntive oltre i Lea previsti a
livello nazionale, nonché per attività a rilevanza
sociale». Assunto che nega l’evidenza dei fatti
e cioè che la gran parte di tali prestazioni sono
sanitarie a tutti gli effetti, perché dirette alla
cura della patologia e alla tutela della salute
delle persone.
Insufficienza delle prestazioni domiciliari cosiddette
specialistiche. Tenuto conto che a domicilio le presenza di medici e
infermieri non supera le 1-2 ore al giorno (casi
peraltro rarissimi), nelle restanti 22-23 ore della
giornata i parenti della persona non
autosufficiente (o persone terze) provvedono
alla somministrazione diretta dei farmaci ai malati,
alla loro igiene personale, a movimentarli (attività
indispensabile per gli allettati al fine di evitare
l’anchilosi e le piaghe da decubito), alla
individuazione dell’eventuale insorgenza di
emergenze sanitarie, alla rilevazione e
registrazione dei dati clinici (febbre, pressione,
dolori persistenti, difficoltà della respirazione,
ecc.) richiesti da medici e infermieri, alle piccole
e ripetute medicazioni indicate dai medici e dagli
infermieri, alla vigilanza continua delle condizioni
di salute dell’infermo anche al fine di accertare le
emergenze e di provvedere in merito, alla gestione
dei rifiuti sanitari, nonché alle altre attività
sanitarie precisate per esempio nella
“Raccomandazione per il caso delle cure delle cure
domiciliari” elaborate dal collegio Ipasvi
(Infermieri professionali, assistenti sanitari e
vigilatrici d’infanzia) di Torino. Rientrano anche
tra gli interventi la somministrazione di bevande e
di cibi, che spesso devono essere forniti mediante
imboccamento e/o utilizzando tecniche sanitarie.
Com’è ovvio si tratta in tutti i casi citati di
attività certamente sanitarie!
Nessun obbligo dei parenti.
A fronte di questo, e ricordando che l’articolo 23
della Costituzione stabilisce che «nessuna
prestazione personale o patrimoniale può essere
imposta se non in base alla legge» e che il
Parlamento mai ha approvato norme che obblighino i
congiunti di un malato a svolgere attività assegnate
alla competenza del Servizio sanitario nazionale,
osserviamo che la presenza e le prestazioni dei
congiunti e dell’eventuale personale assunto a
sostegno delle cure domiciliari è la condizione
senza la quale questi interventi non possono essere
realizzati: dunque le prestazioni svolte da
congiunti o terze persone (anche a pagamento) devono
rientrare a pieno titolo fra le prestazioni
sanitarie, come d’altra parte è sancito dalla legge
della Regione Piemonte n. 10/2010 “Servizi
domiciliari per persone non autosufficienti”, che
riguarda gli anziani malati cronici non
autosufficienti, le persone con demenza senile e
quelle con disabilità intellettiva o con autismo e
limitata o nulla autonomia. Questa legge, pienamente
in vigore, comprende l’erogazione di contributi
economici «a familiari, finalizzati a rendere
economicamente sostenibile l’impegno di cura del
proprio congiunto», nonché «ad affidatari e
rimborsi spese ai volontari». Dunque, anche
sotto questo aspetto, i parenti di un malato non
autosufficiente che volontariamente assumono
l’impegnativo compito delle cure domiciliari, hanno
il diritto al rimborso delle spese vive sostenute.
Risparmi ed utilizzo ottimale delle risorse. D’altra parte, mentre le prestazioni per un anziano
malato cronico non autosufficiente ricoverato in Rsa
(Residenza sanitaria assistenziale) costano al
Servizio sanitario nazionale circa 50 – 60 euro al
giorno (150-160 se si tratta di una casa di cura),
l’importo del rimborso (forfettario) per le
prestazioni domiciliari è inferiore, spesso in
misura significativa (anche più di 2 volte e mezza)
per le stesse identiche prestazioni. Com’è
possibile che il Consiglio di Stato e la Regione
Piemonte neghino che si tratta di prestazioni
sanitarie? Le stesse prestazioni, solamente prestate
in luoghi diversi (a casa, in ospedale, in casa di
cura, in Rsa) cambiano natura?
Carenza delle risorse economiche non dimostrate. Nelle
citate sentenze 604 e 5538/2015 il Consiglio di
Stato sulla base di dichiarate ma non comprovate
carenze economiche, ha aggirato con motivazioni
pretestuose le consolidate affermazioni della Corte
costituzionale, sentenza 509/2000, secondo cui il
diritto alle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie
«è garantito ad ogni persona come un diritto
costituzionalmente condizionato all’attuazione che
il legislatore ne dà attraverso il bilanciamento
dell’interesse tutelato da quel diritto con gli
altri interessi costituzionalmente protetti (…).
Bilanciamento che tra l’altro deve tener conto dei
limiti oggettivi che il legislatore incontra in
relazione alle risorse organizzative e finanziarie
restando salvo, in ogni caso, quel nucleo
irriducibile alla salute protetto dalla Costituzione
come ambito inviolabile della dignità umana (…), il
quale impone di impedire la costituzione di
situazioni prive di tutela, che possano appunto
pregiudicare l’attuazione di quel diritto».
Da un lato il Consiglio di Stato ha preso atto,
assolutamente in modo acritico e senza compiere
alcuna verifica, delle dichiarazioni della Giunta
regionale del Piemonte in merito all’asserita
carenza di risorse economiche; d’altro canto il
Consiglio ha inserito nella sentenza affermazioni
che contrastano nettamente con la carta
costituzionale, i cui principi vengono “schiacciati”
da pretesti di natura economica.
Come esempi citiamo dalla sentenza 5538 quanto
segue:
a) «Il Collegio, pur concordando con le
considerazioni espresse dal primo giudice circa il
valore del diritto alla salute come “fondamentale
diritto dell’individuo e interesse della
collettività”, ritiene che la questione della natura
e delle finalità assistenziali delle prestazioni
socio-sanitarie oggetto delle delibere impugnate ha,
in definitiva, poco rilievo alla luce dell’attuale
quadro normativo che delinea vincoli ineludibili a
carico delle Regioni, sottoposte a piani di rientro,
in materia di spesa sanitaria».
b) «La sentenza n. 604/2015, di cui si riportano
alcuni passaggi decisivi, perviene alla conclusione,
alla luce di recentissime pronunce della Corte
Costituzionale, che nel bilanciamento di interessi,
tutti di pari rango costituzionale, la tutela del
diritto alla salute può trovare accoglimento nei
limiti delle risorse finanziarie disponibili,
cosicché la limitazione delle risorse impedisce
legittimamente di coprire interamente la spesa per
prestazioni di carattere socio – sanitario, che pur
avendo carattere di essenzialità, siano assicurate
ad un livello maggiore rispetto al rimanente
territorio nazionale» [non è il caso
dell’assegno di cura, poiché nei Lea nazionali le
prestazioni di aiuto infermieristico ed assistenza
tutelare alla persona sono inserite a pieno titolo.
Inoltre non viene precisato se le prestazioni
assicurate “a un livello maggiore” sono o meno
quelle obbligatorie in base alla legge].
Le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie per le
persone anziane malate croniche non autosufficienti.
Nonostante la pessima sentenza 5538/2015 del
Consiglio di Stato:
. è pienamente esigibile, come per tutti i
cittadini malati, il diritto degli anziani malati
cronici non autosufficienti e delle persone colpite
da demenza senile di accedere al Pronto soccorso in
qualsiasi momento (data la cronicità delle loro
patologie e l’indifferibilità delle prestazioni di
cui hanno bisogno). Se si assume questa iniziativa è
consigliabile la presenza di un adulto, non parente
e non affine, con il compito di testimone;
.
è pienamente esigibile il diritto sancito dalla
vigente legge 833/1978 alla diagnosi e alla cura di
tutte le malattie da parte del Servizio sanitario
nazionale
«quali che ne
siano le cause, la fenomenologia e la durata»
(articolo 2 della legge 833/1978). Pertanto è
pienamente in vigore il diritto alla continuità
terapeutica e assolutamente efficace (secondo le
indicazioni riportate sul sito internet
www.fondazionepromozionesociale.it)
la lettera di opposizione alle dimissioni e
richiesta della continuità terapeutica per tutte le
persone anziane malate croniche non autosufficienti
e quelle colpite da demenza senile ricoverate in
ospedale o casa di cura;
. la sentenza 5538/2015 del Consiglio di Stato
nulla ha modificato relativamente alle cure
socio-sanitarie domiciliari, nell’ambito dell’Adi e
dell’Adp (che non sono indicate da alcuna legge
come prestazioni a termine), relativamente alle
prestazioni di carattere sanitario prestate da
medici, infermieri, operatori socio sanitari (Oss)
che continuano ad dover essere assicurate dal
Servizio sanitario nazionale;
. per i casi individuali, nel caso le prestazioni
assicurate dai congiunti, affidatari, volontari,
badanti degli anziani malati cronici non
autosufficienti o delle persone con demenza senile,
così come delle persone colpite da autismo o da
disabilità invalidante grave e non autosufficienza,
rimane pienamente legittimo inoltrare istanza
all’Asl di residenza per la copertura del 50% di
tali prestazioni di «aiuto infermieristico ed
assistenza tutelare alla persona» laddove un
medico certifichi per iscritto che tali prestazioni
sono «indifferibili in relazione
al quadro clinico riscontrato e di natura
sanitaria e non meramente assistenziale». In
caso di mancata risposta o rifiuto della
prestazione, come per tutti i diritti esigibili, è
possibile rivolgersi al giudice del lavoro e per
ottenere l’erogazione della prestazione ed il
recupero dei danni patrimoniali subiti.
Occorre tenere anche presente che tutti gli anziani
malati cronici non autosufficienti e tutte le
persone colpite da demenza senile sono anche
soggetti con disabilità. Pertanto nei loro riguardi
devono essere rispettate sia le norme della
Convenzione sui diritti delle persone con disabilità
delle Nazioni Unite, sia la legge 67/2006
"Misure per la tutela giudiziaria delle persone con
disabilità intellettiva vittima di discriminazioni".
La Giunta della Regione Piemonte espliciti al
Parlamento e al Governo il vero fabbisogno delle
persone non autosufficienti e riconosca il loro
stato di malattia/carenza estrema di salute.
Alla luce di quanto sopra, osserviamo che la Giunta
della Regione Piemonte dovrebbe attivare tutte le
iniziative per i seguenti urgentissimi interventi:
. predisporre il regolamento attuativo della
legge della Regione Piemonte 10/2010
“Servizi domiciliari per persone non autosufficienti” che
riconosca, così come avviene nella suddetta legge,
che le prestazioni di «assistenza tutelare»
alla persona non autosufficiente prestati da parenti
o terze persone sono interventi di natura
socio-sanitaria, pienamente rientranti nei Lea;
. richiedere al Parlamento e al Governo, sulla base
del reale fabbisogno che tenga in conto le
oltre 32 mila persone anziane malate croniche non
autosufficienti, colpite da demenza senile, in
illegittima lista d’attesa per le prestazioni
socio-sanitarie domiciliari o residenziali, le
risorse economiche per assicurare tutti gli
interventi socio-sanitari destinati alle persone non
autosufficienti;
. riconoscere il concreto diritto alle
prestazioni socio-sanitarie, così come stabilito
dalla Risoluzione 8-00191 approvata
all’unanimità dalla commissione Affari sociali della
Camera dei Deputati l’11 luglio 2012
che impegna il Governo ad «assumere le iniziative
necessarie per assicurare la corretta attuazione e
la concreta esigibilità delle prestazioni sanitarie
e delle cure socio-sanitarie, previste dai Lea, alle
persone con handicap invaIidanti, agli anziani
malati cronici non autosufficienti, ai soggetti
colpiti dal morbo di Alzheimer o da altre forme
neurodegenerative e di demenza senile e ai pazienti
psichiatrici, assicurando loro l’erogazione delle
prestazioni domiciliari, semi-residenziali e
residenziali ai sensi del decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001,
concernente i livelli essenziali di assistenza».
. sollecitare con provvedimenti concreti e
comunicazioni scritte gli organi competenti
(Ministero della Salute, Ministero delle Politiche
sociali, Conferenza Stato Regioni) affinché vengano
assunte, anche nell’ambito della stesura dei nuovi
Lea, iniziative urgentissime affinché le attività
socio-sanitarie domiciliari riguardanti le
prestazioni di «aiuto infermieristico ed
assistenza tutelare alla persona» siano
considerate una parte integrante dei Lea
socio-sanitari ed i relativi costi siano a
carico del Servizio sanitario nazionale nella misura
del 50% dei costi e a carico dei Comuni per la parte
eccedente le risorse del malato».
Inviamo i seguenti allegati:
e-mail inviata al Presidente della IV Commissione Ravetti (“Gruppo
di lavoro - Piattaforma disabilità/autismo”)
-
facsimile aggiornato per la richiesta di prestazioni
domiciliari (presente sul sito
www.fondazionepromozionesociale.it)
Si unisce per opportuna conoscenza:
- la locandina del
Convegno diocesano sul tema della
disabilità previsto a Torino sabato 5 dicembre
p.v.
- la delibera
regionale - di prossima pubblicazione -
finalizzata a regolare gli "inserimenti
occupazionali" di tipo assistenziale (non
finalizzati ad assunzioni lavorative) e sostenuti
con sussidi economici.
******
Segnaliamo alla Vostra attenzione che i Comuni di
Agliè,
Candiolo,
Collegno e Grugliasco,
Nichelino,
None,
Settimo Torinese e
Vinovo hanno predisposto i volantini informativi
di cui alleghiamo copia, sottolineando l’estrema
importanza dell’iniziativa che consente ai congiunti
delle persone non autosufficienti di conoscere le
leggi vigenti e di poter quindi agire per ottenerne
l’attuazione.
Alleghiamo anche
copia dell’e-mail da inviata dalla
Fondazione Promozione Sociale ai Sindaci dei Comuni
del Piemonte con più di 3mila abitanti.
N ota
“Integrazione
rette albergherie per strutture residenziali
socio-sanitarie” inviata
dall’Utim -
Allegato.
INVITO
al seminario informativo/formativo di confronto tra le
associazioni di volontariato che operano nel
settore sanitario e socio-sanitario
GIOVEDÌ 26 NOVEMBRE 2015, DALLE 15,30 ALLE 18,30
c/o Centro Servizi per il Volontariato Vol.To (g.c.)
Via Giolitti 21 – TORINO
sul tema
“Anziani malati cronici non autosufficienti, persone
colpite da demenza senile
le informazioni utili per i volontari e i
familiari”.
Come vedere riconosciuto il loro diritto alle
prestazioni socio-sanitarie
Adi, Assegno di cura, Rsa, integrazione retta
alberghiera:
cosa sono e come fare per ottenerle
15,30 Accoglienza partecipanti, introduzione e
saluti: Silvio Magliano, presidente Vol.To
15,50 Interventi dei relatori:
Massimo Mao
– Geriatra e medico di medicina generale
Mauro Perino – Direttore del Cisap, Consorzio
intercomunale dei servizi alla persona dei Comuni di
Collegno e Grugliasco;
Coordina i lavori e modera: Andrea Ciattaglia,
Associazione promozione sociale.
A seguire sono previste:
-
testimonianze di volontari delle associazioni
Alzheimer Piemonte, Avo (Associazione volontari
ospedalieri), Asvad Caffè Alzheimer
(Associazione solidarietà volontariato a domicilio),
Avulss (Associazione
per il volontariato nelle unità locali
socio-sanitarie), Associazione tutori
volontari, Ulces (Unione per la lotta contro
l’emarginazione sociale) che si confrontano
quotidianamente con utenti che hanno diritto alle
prestazioni socio-sanitarie (persone colpite dalla
malattia di Alzheimer, anziani malati cronici non
autosufficienti...) e ottengono attraverso la
richiesta scritta delle prestazioni, le cure
sanitarie e socio-sanitarie di cui hanno necessità;
-
domande ai relatori e dibattito.
Importante confermare la propria partecipazione
tel. 011.8124469 – mail a:
info@fondazionepromozionesociale.it
Temi trattati:
-
I diritti vigenti
alle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie per le
persone non autosufficienti, anche alla luce
dei provvedimenti negativi inseriti nel Patto per
la Salute 2014-2016.
-
Adi,
Adp, Assegno di cura, Uvg,
Rsa: orientarsi tra sigle e prestazioni a
casa o in struttura socio-sanitaria previste per le
persone non autosufficienti dalle norme in vigore.
-
I metodi per chiedere ed ottenere dalle Asl e dai
Comuni che i diritti delle persone colpite da
malattie e/o da disabilità grave e non
autosufficienza vengano rispettati e garantiti.
-
Le possibili iniziative comuni per affrontare
la situazione di negazione del diritto alle cure
che si sta verificando in Piemonte (e in tutta
Italia).
Non autosufficienti: la situazione
oggi
Le organizzazioni di volontariato che operano
nell’area sanitaria e socio-sanitaria si trovano
quotidianamente di fronte a situazioni di anziani
malati cronici non autosufficienti o persone con
demenza senile (malattia di Alzheimer e altri tipi
di demenze), malati gravissimi, incapaci di
provvedere da soli alle loro minime esigenze vitali
e costantemente in pericolo di vita se lasciati
senza cure. Molto spesso si tratta proprio di casi
che non ricevono le cure sanitarie indifferibili di
cui hanno bisogno da parte del Servizio sanitario
nazionale.
Sono oltre 30mila i cittadini piemontesi inseriti in
illegittime “liste di abbandono”, con la
conseguenza che tutto il peso della loro cura è
scaricato, contro la legge in vigore, sulle
famiglie. Questo provoca un impoverimento
(anche drastico) di molti nuclei familiari,
costretti dalla latitanza delle istituzioni a pagare
di tasca propria le cure (spesso non garantendo
livelli adeguati di prestazioni ai loro parenti non
autosufficienti): a Torino oltre 3mila euro al
mese per un ricovero privato, circa 2mila per
una badante a casa, con la quale è comunque
impossibile coprire le 24 ore giornaliere, 7 giorni
su 7, in cui il malato ha necessità indifferibili di
interventi. La mancata erogazione di queste
prestazioni durante tutto l’arco della malattia
della persona è una delle principali cause dell’intasamento
ormai endemico dei Pronto soccorso e dei reparti
ospedalieri, che sono i punti di accesso al
Servizio sanitario nazionale cui le famiglie e i
malati si rivolgono quando si vedono sbarrare tutte
le altre vie di presa in carico.
Diritti e strumenti per ottenere le
cure
Questa latitanza delle istituzioni e del Servizio
sanitario può essere arginata con semplici
strumenti di rivendicazione del diritto alle
cure sanitarie e socio-sanitarie. Infatti, il
diritto alle prestazioni socio-sanitarie
domiciliari (cure a casa comprensive dell’assegno di
cura), residenziali (ricovero in Rsa – Residenza
sanitaria assistenziale) o, in alcuni casi,
semi-residenziali (frequenza di un centro diurno)
è assicurato agli anziani malati cronici non
autosufficienti dalle leggi in vigore:
l’articolo 32 della Costituzione, la legge 833/1978
istitutiva del Servizio sanitario nazionale, la
legge 289/2002 (decreto del presidente del Consiglio
dei Ministri 29 novembre 2001 sui Livelli essenziali
delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie -
Lea), confermate dalla sentenza della Corte
costituzionale n. 36/2013.
La prova che i diritti esistono e sono riconosciuti
in concreto attraverso prestazioni, se chieste in
modo corretto, è la lettera di opposizione alle
dimissioni e richiesta della continuità terapeutica:
tre semplici raccomandate che possono essere inviate
dai familiari o congiunti di un anziano malato non
autosufficiente ricoverato in ospedale o casa di
cura se gli vengono prospettate le dimissioni e che
garantiscono sempre la continuità delle cure ed
evitano lo “scaricamento” del malato alla
famiglia, lasciata sola dall’Asl.
Le azioni delle organizzazioni di
volontariato
É fondamentale che le associazioni di volontariato
che operano nel settore sanitario e socio-sanitario
costruiscano una rete solida e competente sui
diritti delle persone con l’obiettivo di portare
avanti azioni per tutelarli e rivendicarli con
efficacia (cioè in modo che chi di dovere
assicuri la prestazione). Per fare ciò è
indispensabile che le associazioni che operano nel
settore socio-sanitario siano informate
adeguatamente per poter fornire, alle persone
che si rivolgono a loro, indicazioni precise
sulle prestazioni a cui hanno diritto, sui
modi concreti, a volte semplici, di ottenerle
e sui pericoli che gli utenti possono
incontrare e che possono essere evitati.
Informiamo che sul sito
www.fondazionepromozionesociale.it
sono state pubblicate le
relazioni e le presentazioni finora pervenute
relative al Convegno del 23 ottobre
u.s.
Con l’occasione si riportano tre contributi in
risposta all’intervento del mattino che sollecitava
iniziative per chiedere l’aumento della pensione
d’invalidità e dell’indennità di accompagnamento,
nonché proposte per essere tutelati nel momento in
cui non siamo più autosufficienti.-
Contrasto Eugenetica -
Rischio della non autosufficienza -
Lettera aperta incontro 17 marzo -
*****
Uniamo il ricorso depositato al Tar del
Lazio dalle associazioni Utim e Aps aderenti al Csa
(Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti
di base) e da altre organizzazioni di volontariato
con sede in altre Regioni in merito alle
illegittimità del decreto relativo al Fondo per le
non autosufficienze (pubblicato in Gazzetta
ufficiale del 3 agosto 2015).
Tale decreto prevede infatti di utilizzare risorse
destinate ai Comuni per prestazioni che sono di
competenza e a carico della Sanità secondo la legge
(vedi Sla), e introduce discriminazioni (si veda ad
esempio la definizione illegittima di "disabilità
gravissime").
SAREBBE MOLTO UTILE E URGENTE CHE LE VOSTRE
ORGANIZZAZIONI ED ASSOCIAZIONI PRENDESSERO POSIZIONE
CON UN DOCUMENTO A SOSTEGNO DI TALE AZIONE
DEL QUALE VI CHIEDIAMO CORTESEMENTE DI INVIARCI
COPIA.
Ricordiamo che ristabilire le giuste competenze tra
Sanità ed Enti gestori consente un utilizzo migliore
delle risorse economiche e assicura il rispetto dei
Lea sanitari e socio-sanitari per le persone colpite
da patologie e/o da disabilità invalidanti gravi e
non autosufficienza.
Csa
- Coordinamento sanità e assistenza tra i movimenti
di base
Ricorso -
Allegato
*****
Comunicato Stampa del Gruppo Senza Sede sul Convegno
del 23 ottobre.
Venerdì 23 ottobre 2015, a Torino in Corso Bramante
88, al Centro Congressi “Molinette Incontra”, dalle
9.00 alle 18.00 avrà luogo un convegno rivolto ai
rappresentanti delle Istituzioni, agli
Amministratori pubblici, ai direttori delle Asl ed
enti gestori dei servizi socio assistenziali, ai
medici di medicina generale e specialisti, agli
infermieri, agli assistenti sociali, agli operatori
socio sanitari delle strutture pubbliche e private,
ai gestori privati delle strutture diurne e
residenziali, alle organizzazioni sindacali, alle
associazioni di tutela dei malati, di promozione
sociale e di volontariato, ai familiari dei malati
non autosufficienti ed alle persone interessate a
vario titolo.
Il convegno si propone di evidenziare le esigenze
indifferibili di cure sanitarie e socio sanitarie
degli anziani non autosufficienti, e che al di là
delle sentenze contraddittorie, rimangono un
problema che l'Amministrazione regionale deve
affrontare senza eludere le norme. La sentenza
604/2015 non ha infatti annullato i diritti
esigibili sanciti dalla legge833/1978 e dalle norme
vigenti sui Lea. Cure talmente urgenti da non poter
essere rinviate, che vanno assicurate in tempo
reale, oltre alla diagnosi immediata (come per tutti
gli altri malati) occorre individuare subito le
terapie per lenire il dolore e le altre prestazioni
socio sanitarie altrettanto fondamentali per la
sopravvivenza. Non siamo in presenza di “nonni” a
cui fare compagnia o a cui basta cucinare i pasti,
ma di persone che vanno seguite 24 ore su 24 perché
sovente sono doppiamente incontinenti, con catetere,
da mobilizzare o imboccare, da seguire
nell'assunzione delle terapie e che vanno
costantemente monitorati sul piano sanitario.
I 32mila cittadini piemontesi non autosufficienti in
lista d’attesa da anni, non sono stati eliminati con
la sentenza; le difficoltà che incontrano i
familiari, compresi i problemi economici, non sono
stati risolti. Le 13mila famiglie che percepiscono
l’assegno di cura continuano a stare con il fiato
sospeso, perché da novembre almeno 12mila potrebbero
perderlo se la Giunta non modifica la delibera sulle
cure domiciliari.
Lo Stato ha inteso tutelare queste
persone non solo attraverso il diritto a ricevere
cure da parte del Servizio sanitario nazionale in
ospedale o nelle strutture sanitarie convenzionate
di riabilitazione e lungodegenza, ma assicurando
altresì i Livelli essenziali delle prestazioni socio
sanitarie, cure domiciliari, centri diurni, ricoveri
in Rsa, che richiedono una presa in carico
tempestiva dell'anziano malato cronico non
autosufficiente. Già in ospedale si dovrebbe
attivare il percorso di continuità terapeutica per
indirizzare il paziente nei luoghi di cura più
appropriati, con priorità al rientro al suo
domicilio , se ciò è praticabile a seguito della
volontaria disponibilità dei familiari e/o di terze
persone e dell'assenza di controindicazioni sulla
loro idoneità.
Per questo, nel corso della tavola rotonda che sarà
prevista nel corso del pomeriggio con l’aiuto dei
relatori e dei partecipanti, si cercherà di
ristabilire i punti di riferimento per continuare a
difendere il diritto alle cure sanitarie e
socio-sanitarie che, un domani, può riguardare noi
stessi o un nostro familiare. Il convegno serve
anche per essere informati, come cittadini, su che
cosa possiamo/dobbiamo chiedere se siamo ricoverati
in ospedale e diventiamo non autosufficienti e come
fare per ottenere le prestazioni a cui abbiamo
diritto.
Trino, ottobre
2015
Associazione culturale "Gruppo senza Sede"
VENERDI’ 23 OTTOBRE 2015
TORINO (Corso Bramante, 88)
Aula “Molinette incontra”
Ore 8,30-13,30 / 14,30-18,00
Invito al convegno
Programma
ANZIANI MALATI
NON AUTOSUFFICIENTI e/o CON DEMENZA.
il
diritto alle cure e la riorganizzazione delle
prestazioni sanitarie e socio-sanitarie intra ed
extra ospedaliere
Sono 32 mila gli anziani non
autosufficienti piemontesi privi delle cure
indispensabili a cui hanno diritto, spesso in attesa
da anni; si stima che siano 200 mila in tutta
Italia.
Può capitare a ciascuno di noi di trovarsi nella
situazione di Francesco
Francesco ha 48 anni due figli e il
papà di 79 anni che, due mesi fa ,è stato colpito da
un ictus che l’ha reso infermo e non
autosufficiente. Due settimane dopo il ricovero in
ospedale i medici l’hanno trasferito in una casa di
cura e di riabilitazione … Francesco: “Mi hanno
comunicato che a fine settimana lo dimetteranno
dalla struttura e di iniziare a cercargli un
ricovero privato … si tratta di una spesa di 3 mila
euro al mese! Io non posso accudire mio papà, non
sono in grado di occuparmene e non posso permettermi
di pagare un’assistenza privata né a casa, né in
struttura. Che cosa posso fare?”.
Il Convegno affronterà il tema del diritto alle
prestazioni sanitarie e socio sanitarie degli
anziani malati cronici non autosufficienti, con
particolare attenzione ai
percorsi di
continuità terapeutica
che devono
essere assicurati loro in base alle leggi vigenti.
Al riguardo saranno fornite ai partecipanti
informazioni utili in caso di ricovero ospedaliero
di un anziano malato e non autosufficiente per
ottenere cure domiciliari e ricoveri
in Rsa senza entrare in lista d’attesa.
Il tema sarà sviluppato in particolare dai relatori
della tavola rotonda del pomeriggio, che
avanzeranno proposte per lo sviluppo di percorsi
finalizzati all’eliminazione delle attuali liste
d’attesa illegittime e con tempi infiniti.
Vedere l’allegato programma integrale
Confidiamo nella Vostra partecipazione e
nella diffusione dell’iniziativa alle persone
interessate: operatori della sanità e del sociale,
amministratori pubblici, associazioni di
volontariato, organizzazioni sindacali, cittadini e
familiari di anziani malati e non autosufficienti.
LA PARTECIPAZIONE E’ GRATUITA, MA E’ INDISPENSABILE
ISCRIVERSI:
inviare mail a
info@fondazionepromozionesociale.it – tel. 011
812 44 69
***********
Atti
aziendali e rispetto dei diritti.
- Egr.
Assessore alla sanità della Regione Piemonte
- Egr.
Presidente del Consiglio regionale del Piemonte
- Egr.
Presidenti e Consiglieri IV Commissione Consiglio
regionale del Piemonte
- Egr.
Direttori Generale Asl del Piemonte
- Egr.
Federsanità Anci, nazionale e regionale Piemonte
- Egr.
Assessori alle politiche sociali di Torino e Novara
- Egr.
Presidenti Enti gestori delle funzioni
socio-assistenziali
- Egr.
Presidente Ordine provinciale dei Medici chirurghi e
degli odontoiatri di Torino
- Egr.
Presidente Age (Associazione geriatri
extra-ospedalieri) Piemonte – Valle d’Aosta
- Egr.
Presidente Sigg (Società italiana di gerontologia e
geriatria) Piemonte - Valle d'Aosta
- Egr.
Presidente Sigot (Società italiana di geriatria
ospedale e territorio)
- Egr.
Presidente Simeu (Società italiana di medicina di
emergenza urgenza) Piemonte - Valle d'Aosta
- Egr.
Presidente Siommms (Società italiana
dell’osteoporosi, del metabolismo minerale e delle
malattie dello scheletro)
-
Organizzazioni sindacali del Piemonte
-
Associazioni di tutela dei malati anziani e non
autosufficienti del Piemonte
Oggetto: ATTI AZIENDALI, RISPETTO DEL DIRITTO
ALLE CURE SANITARIE DEI MALATI NON AUTOSUFFICIENTI
ANZIANI, MANTENIMENTO DEI SERVIZI E DELLE
PRESTAZIONI SANITARIE E SOCIO-SANITARIE A CUI HANNO
DIRITTO
Con lettera del 22 settembre u.s. la UIL-Fpl
dell’Asl T01 segnalava – tra l’altro – che l’atto
aziendale «priva il distretto di funzioni
strategiche proprie (…). Inoltre, si evidenzia
l’esternalizzazione di parte della produzione
diretta tra le quali le cure palliative che, come è
noto, è un servizio importantissimo per assicurare
il mantenimento al domicilio di un malato non
autosufficiente, molto spesso anziano. Non si
comprende l’esternalizzazione, tenuto conto che
sarebbe indispensabile che il servizio fosse invece
strettamente collegato e integrato con gli altri, in
primo luogo l’ospedale di territorio».
Condividiamo le riserve
avanzate dal Sindacato succitato e, con la presente,
chiediamo all’Assessorato alla sanità della Regione
Piemonte – che ha la titolarità della programmazione
– rassicurazioni circa la garanzia
dell’Amministrazione regionale di voler mantenere (e
se necessario potenziare) in tutte le Asl piemontesi
(oltre che nell’Asl TO1), le strutture geriatriche
ed i servizi preposti per le cure e l’erogazione
delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie
necessarie a soddisfare – in base al reale
fabbisogno – le esigenze della popolazione anziana
malata non autosufficiente e/o con demenza, e cioè:
reparti ospedalieri geriatrici direttamente
collegati con i servizi di de-ospedalizzazione
protetta, i posti Cavs, cure palliative, i servizi
geriatrici territoriali, Nocc e Ndcc, prestazioni
domiciliari, centri diurni, ricoveri in Rsa.
La proposta del Direttore generale
del’Asl TO1 di sopprimere la struttura geriatrica e
l’esternalizzazione delle cure palliative, sono
segnali inquietanti in quanto confermerebbero (se
approvati dalla Giunta regionale) il ritiro della
competenza sanitaria dagli interventi per i malati
anziani non autosufficienti, in linea con il
documento predisposto per “Il Patto per il sociale”,
che assurdamente sposta le cure socio-sanitarie
previste dai Lea solo in capo al settore
assistenziale, materia che, al contrario, deve
essere gestita e programmata in ambito sanitario,
nel rispetto delle norme vigenti.
Nella stessa ottica si pone il ricorso
al Consiglio di Stato, presentato dalla Giunta
Chiamparino, per chiedere l’annullamento della
sentenza 156/2015 del Tar del Piemonte, in relazioni
alle prestazioni domiciliari e al diritto al
contributo del Servizio sanitario nazionale per il
costo delle prestazioni di assistenza tutelare alla
persona e/o di aiuto infermieristico se assicurate
da un familiare o da una persona di sua fiducia per
il mantenimento al domicilio di un malato non
autosufficiente.
Auspichiamo che anche gli enti e le
Organizzazioni in indirizzo si adoperino presso
l’Assessorato alla sanità della Regione Piemonte per
chiedere rassicurazioni in merito agli atti
aziendali e, nel contempo, sollecitare il rispetto
dell’Ordine del giorno 142/2014 approvato
all’unanimità dal Consiglio regionale del Piemonte
che impegna la Giunta a «superare in breve tempo
le delibere n. 14-5999, n. 45-4248, n. 85-6287, n.
25-6992, n. 26-6993, n. 5-7035 ridefinendo le linee
d'indirizzo sull'assistenza residenziale per anziani
non autosufficienti a farsi promotrice presso il
Governo nazionale al fine di riclassificare nel
Patto per la Salute gli interventi domiciliari in
lungoassistenza all’interno degli interventi del
Sistema Sanitario Piemontese (Lea – Livelli
essenziali d’assistenza)».
Cordiali
saluti
p. Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i
movimenti di base)
p. Fondazione promozione sociale onlus
Maria Grazia Breda
*******
Segnalo, in particolare, alla Vostra attenzione
nell’ambito della rassegna “diritti umani”,
promossa dal Consiglio regionale del Piemonte, la
proiezione del film:
“GABRIELLE”
MARTEDI’ 6 OTTOBRE 2015, ore 20,00
CINEMA ROMANO, p.za Castello (galleria Subalpina)
- Torino
Il film racconta una positiva esperienza di adulti
con disabilità intellettiva, problemi di salute e/o
altre minorazioni associate, che vivono in una
comunità alloggio di tipo familiare. Durante il
giorno sono inseriti in attività varie: ricreative
in un centro diurno, sportive in centri aperti a
tutti, lavorative in normali aziende, in base alle
loro autonomie limitate. Con leggerezza il regista
si sofferma anche sulle aspirazioni dei due
protagonisti ad avere una vita di coppia da
“adulti”.
Con preghiera di divulgazione a familiari, operatori
dei servizi socio-sanitari, centri diurni,
associazioni,… Grazie.
Invito
/
Trame /
Locandina
***********
Inoltriamo per opportuna
conoscenza
l’ottimo documento predisposto dal Coordinamento
degli Enti gestori delle funzioni socio-assistenziali
piemontesi
(che comprende il Comune di Torino) in relazione
alla bozza del
“Patto per il sociale della Regione Piemonte
2015-2017”.
Consigliamo la lettura
per comprendere gli aspetti normativi e le gravi
conseguenze che vi sarebbero per gli utenti, già
evidenzia.
Una importante sentenza sulle contribuzioni
economiche!!
Si inoltra una
recente e importante sentenza della Corte di
cassazione relativa alla corretta applicazione
degli scorsi decreti legislativi 109/1998 e 130/2000
(in sostanza il vecchio Isee).
La sentenza conferma che nel caso di prestazioni
socio-sanitarie (centri diurni, strutture
residenziali, …) erogate a favore di soggetti con
handicap grave oppure ultra65enni non
autosufficienti, occorreva prendere in
considerazione la situazione economica del solo
assistito.
NUOVI LEA, LIVELLI ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI
SOCIO-SANITARIE – Osservazioni
Abbiamo inviato
ai destinatari della mail più sotto riportata,
l'allegata
nota di osservazioni in merito alla bozza dei nuovi
Lea, Livelli essenziali delle prestazioni sanitarie
e socio-sanitari. Sarebbe a nostro avviso opportuno
che le Associazioni ed Organizzazioni, che ne
condividono i contenuti, inviino anche loro alle
Autorità indicate i contenuti della nota.
Cordiali saluti.
La segreteria del
Comitato promotore
E-mail
inviata il 4 settembre 2015:
-
Egr.
Ministro della salute, Beatrice Lorenzin,
-
Egr.
Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
Giuliano Poletti
-
Egr. On.
Presidente e Componenti della commissione igiene e
sanità del Senato;
-
Egr. On.
Presidente e Componenti della commissione affari
sociali della Camera dei Deputati,
-
Egr.
Presidente e componenti della Conferenza
Stato-Regioni;
-
Egr.
Assessori alla Sanità delle Regioni e Provincie
autonome di Trento e Bolzano;
-
Egr. Silvia
Arcà, Direzione Generale della Programmazione
Sanitaria - Ministero della Salute
Oggetto:
NOTA SULLA BOZZA DEI NUOVI LEA, LIVELLI
ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI SANITARIE E
SOCIO-SANITARIE
Come Fondazione
promozione sociale onlus e Csa - Coordinamento
sanità e assistenza tra i movimenti di base, che
dagli anni Settanta operano per la promozione e la
tutela dei diritti delle persone non autosufficienti
incapaci di difendersi da sé (persone con disabilità
grave e/o autismo e limitata o nulla autonomia,
anziani malati cronici non autosufficienti e persone
colpite da demenza senile), uniamo al presente
messaggio le nostre osservazioni sulla allegata
bozza dei nuovi Lea, Livelli
essenziali delle prestazioni sanitarie e
socio-sanitarie.
Grati
della Vostra attenzione e di eventuali, graditi,
riscontri porgiamo in nostri più cordiali saluti.
Fondazione promozione sociale
onlus e Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i
movimenti di base)
Lettera/appello a Papa Francesco, sottoscritta anche
dal Gruppo Senza Sede
Il Gruppo senza Sede di Trino è tra i numerosi
firmatari di un appello rivolto al Papa, proposto
dal Coordinamento sanità e assistenza fra i
movimenti di base e dalla Fondazione Promozione
sociale di Torino, per la tutela dei diritti e delle
prestazioni sanitarie per gli anziani malati cronici
non autosufficienti e per chi è colpito da demenza
senile.
I punti essenziali riguardano la richiesta del Suo
autorevole intervento per la promozione
dell'inclusione sociale contro la discriminazione e
la negazione dei diritti e della dignità, quando
vengono negate le cure sanitarie e socio-sanitarie
previste dalle leggi vigenti. Si evidenzia in
particolare la mancanza di informazioni edeguate ed
azioni conseguenti da parte delle Istituzioni in
merito ai diritti esigibili sanciti dalle leggi
approvate dal Parlamento italiano nel corso di oltre
mezzo secolo, nonostante le quali è ancora radicata
la convinzione che l'inguaribilità sia sinonimo di
incurabilità, cioè proprio i più gravi tra i malati
siano considerati come scarti, vite non più degne di
ricevere prestazioni ed attenzioni terapeutiche.
Nella lettera viene spiegato come esista la
possibilità di rivendicare il diritto alle cure
inviando alcune semplici lettere raccomandate, con
le quali si richiama il Servizio sanitario nazionale
ai suoi doveri e si evita lo "scaricamento"
illegittimo sulle spalle delle famiglie che devono
pagare costi proibitivi per l'assistenza,
precipitando in condizioni di povertà. Il conflitto
non è tra giovani su cui le famiglie vorrebbero
investire per il futuro ed anziani che "costano",
bensì tra il diritto stabilito dalle leggi e la
negazione di quel diritto, che si abbatte come
un'ulteriore disgrazia sui nuclei familiari che
hanno dei congiunti colpiti da malattie gravissime.
Al Santo Padre si rammentano le parole del Concilio
Vaticano II, Apostolicam Actuositatem (1965)
:"Siano anzitutto adempiuti gli obblighi di
giustizia, perchè non avvenga che offra come dono di
carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia",
perchè il problema interessa in tutto il Paese
circa un milione di persone considerate spesso
inutili alla società dei consumi, ed a Lui si chiede
di mediare affinchè cessi la mancanza di rispetto
delle leggi vigenti, la scarsa o nulla informazione
da parte delle Istituzioni, la discriminazione
rispetto a soggetti deboli con gravi disabilità
fisiche ed intellettive. La Sua voce giunga anche
alla Caritas italiana ed ai Direttori diocesani per
la pastorale della salute, perchè presso le loro
valide ed attive strutture diffondano notizie e
strumenti (come quelli della lettera di rifiuto
delle dimissioni dagli ospedali e richiesta della
continuità terapeutica), per arrivare finalmente ad
un decisivo e profondissimo cambio culturale nella
società italiana.
Il testo integrale della lettera al Papa è
pubblicato sui siti
www.grupposenzasede.it
e, www.fondazionepromozionesociale.it.
Trino, settembre 2015
Articolo del giornale La Gazzetta relativo alla
lettera inviata al Papa.
- AUTISMO: GLI ASPETTI NEGATIVI E
LESIVI DEI DIRITTI VIGENTI DEL TESTO DI LEGGE: QUALI
STRUMENTI PER CONTRASTARLO E ANDARE OLTRE LE
“FREGATURE” DEL PROVVEDIMENTO
Inviamo la seguente
nota sul negativo
testo di legge sull’autismo approvato dal
Senato e inviato al Presidente della Repubblica,
Sergio Mattarella. Invitiamo tutte le organizzazioni
ed associazioni a mobilitarsi affinché tale testo
non venga firmato dal Presidente della Repubblica,
il quale potrebbe opportunamente segnalare alle
Camere i sottoelencati elementi negativi della
legge, che subordinerebbe i Livelli essenziali delle
prestazioni alle risorse economiche stanziate dalle
istituzioni.
In merito al testo definitivo
approvato dal Senato sulle “Disposizioni in materia
di diagnosi, cura, abilitazione delle persone con
disturbi dello spettro autistico e di assistenza
alle famiglie”, questo Csa, Coordinamento sanità e
assistenza fra i movimenti di base, che opera
ininterrottamente dal 1970 a tutela delle esigenze e
dei diritti delle persone colpite da patologie e/o
da disabilità invalidanti con limitata o nulla
autonomia, rileva che il testo in oggetto è una
deplorevole beffa che tradisce le giuste attese
delle persone interessate, dei loro nuclei familiari
e delle relative organizzazioni sociali di tutela
per i seguenti motivi:
1. le leggi
vigenti (n. 833/1978 e articolo 54 della legge
289/2002 sui Lea, Livelli essenziali) assicurano il
pieno e immediato diritto alle prestazioni
domiciliari, semiresidenziali e residenziali a
condizione che il soggetto interessato o colui che
lo rappresenta (tutore o amministratore di sostegno)
abbia presentato al
Direttore generale dell’Asl
, competente in base alla
residenza dello stesso soggetto, una idonea
richiesta scritta. Al riguardo si ricorda che
l’articolo 2 della legge 833/1978 stabilisce che il
Servizio sanitario nazionale deve assicurare «la
diagnosi e la cura degli eventi morbosi quali che ne
siano le cause, la fenomenologia e la durata».
Inoltre ai sensi dell’articolo 1 della stessa legge
833/1978, il Servizio sanitario nazionale deve
operare «senza distinzione di condizioni
individuali o sociali e secondo modalità che
assicurino l'eguaglianza dei cittadini nei confronti
del Servizio».
Si segnala altresì che la Corte
costituzionale ha precisato che «l’attività
sanitaria e socio-sanitaria a favore di anziani non
autosufficienti [identiche sono le norme
concernenti le persone disabili non autosufficienti,
n.d.r.] è elencata tra i livelli essenziali di
assistenza sanitaria dal decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001». Nella
stessa sentenza la Corte costituzionale ha definito
non autosufficienti le «persone anziane o
disabili che non possono provvedere alla cura della
propria persona e mantenere una normale vita di
relazione senza l’aiuto determinante di altri»;
2. a conferma
dell’effettiva esigibilità delle norme delle citate
leggi 833/1978 e 289/2002 si ricorda che, come è
precisato nella sentenza della Corte costituzionale
n. 509/2000, «il diritto a trattamenti sanitari
per la tutela della salute è garantito ad ogni
persona come un diritto costituzionalmente
condizionato all'attuazione che il legislatore ne dà
attraverso il bilanciamento dell'interesse tutelato
da quel diritto con gli altri interessi
costituzionalmente protetti. Bilanciamento che, tra
l'altro, deve tenere conto dei limiti oggettivi che
il legislatore incontra in relazione alle risorse
organizzative e finanziarie di cui dispone,
restando salvo, in ogni caso, quel "nucleo
irriducibile del diritto alla salute protetto dalla
Costituzione come ambito inviolabile della dignità
umana"»
;
3. l’articolo
6 del testo approvato dal Parlamento (incontestabile
fregatura) stabilisce invece quanto segue: «Dall’attuazione
della presente legge non devono derivare nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica. Le
amministrazioni interessate alla relativa attuazione
vi provvedono con le risorse umane, finanziarie e
strumentali disponibili a legislazione vigente».
Quindi nemmeno un nuovo operatore assunto o un euro
in più verranno destinati per contributi ai
familiari delle persone con autismo, affidamenti e
tutte le altre prestazioni;
4. seconda
solenne fregatura è contenuta nell’articolo 3 che fa
riferimento al «Patto per la salute 2014-2016»
le cui norme stabiliscono che le prestazioni
dell’area socio-sanitaria «sono effettuate nei
limiti delle risorse previste» e che «le
Regioni disciplinano i principi e gli strumenti per
l’integrazione dei servizi e delle attività
sanitarie, socio-sanitarie e sociali,
particolarmente per le aree della non
autosufficienza, della disabilità, della salute
mentale adulta e dell’età evolutiva, dell’assistenza
ai minori e delle dipendenze e forniscono
indicazioni alle Asl ed agli altri enti del Sistema
sanitario regionale per l’erogazione congiunta degli
interventi nei limiti delle risorse programmate
per il Servizio sanitario regionale e per il Sistema
dei servizi sociali per le rispettive competenze».
Quindi, nel momento in cui la famiglia chiederà in
base alla nuova legge sull’autismo una prestazione
sanitaria o socio-sanitaria (che potrebbe per
esempio prevedere l’assunzione di un educatore, la
formazione di un neuropsichiatra, la frequenza di un
centro diurno o il ricovero in comunità in base ai
Lea) Asl e Comuni potranno trincerarsi dietro
l’articolo 6 del testo di legge e dichiarare che non
possono aumentare gli oneri della finanza pubblica,
oppure, anche nel caso di richiesta di una
prestazione socio-sanitaria senza maggiori oneri
rispetto a quelli “storici”, le istituzioni
potrebbero motivare il loro rifiuto con il
riferimento al “Patto per la salute 2014-2016” e
sostenere che non hanno abbastanza risorse
disponibili. In sostanza potrebbero sostenere nei
confronti delle associazioni che hanno fatto
pressione per l’ottenimento di un tale testo di
legge “L’avete voluto voi…, adesso lo
contestate?”.
5. Al fine di
evitare, a fronte di fatiche e speranze, dei buchi
nell’acqua, riteniamo necessario che il testo del
Parlamento, se verrà purtroppo firmato dal
Presidente della Repubblica, debba essere messo da
parte da coloro – persone e organizzazioni – che
intendono tutelare effettivamente le esigenze ed i
diritti delle persone con autismo. A nostro
avviso i riferimenti giuridici da assumere sono la
legge 833/1978 e le vigenti norme sui Lea ed occorre
porre – se del caso – la questione del diritto delle
persone con autismo a non essere discriminate dalle
altre persone con disabilità grave, per quanto
concerne le prestazioni domiciliari,
semiresidenziali e residenziali, com’è stabilito
dall’articolo 3 della Costituzione, dal sopracitato
articolo 1 della legge 833/1978, dalla Convenzione
dell’Unione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata
dall’Italia con la legge 848/1955, nonché dalla
Convenzione internazionale sull’eliminazione di
tutte le forme di discriminazione approvata a New
York il 7 marzo 1966, ratificata dal nostro Paese
con la legge n. 654/1975.
Mentre compete alle
associazioni di tutela ricorrere contro i decreti
ministeriali e le delibere delle Regioni e dei
Comuni, le persone interessate possono rivolgersi al
Giudice del lavoro, se del caso sostenendo – altra
ironia del caso – l’anticostituzionalità delle norme
del testo in esame contrastanti con la legge
833/1978 ed i Lea.
“Dopo di noi”, l’altro inganno del Parlamento
Ancora più
ingannevole
di quello relativo all’autismo è il testo
predisposto prima delle ferie estive della
Commissione affari sociali della Camera dei Deputati
(inviato per parere a varie Commissioni
parlamentari) in merito al “dopo di noi”
(testo unificato delle proposte di legge n. 698,
1352, 2205, 2456, 2578 e 2682). Al riguardo
segnaliamo che il testo ignora e di fatto nega il
vigente diritto alle prestazioni socio-sanitarie
domiciliari, semi-residenziali e residenziali non
solo per i soggetti con autismo ma anche a coloro
con disabilità intellettiva e limitata o nulla
autonomia. A causa della devastante gravità del
sopra citato testo il Csa (Coordinamento sanità e
assistenza fra i movimenti di base) e la Fondazione
promozione sociale onlus hanno scritto al Presidente
dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele
Cantone, chiedendo un suo urgente e puntuale
intervento in merito: «L’omissione delle
proposte di legge (assolutamente voluta
e consapevole da
parte dei Parlamentari presentatori e sottoscrittori
delle proposte di legge, ai quali è stata più volte
comunicata con messaggi scritti la gravissima
assenza dei Lea dai testi delle proposte stesse)
genera in noi la fortissima
preoccupazione che tali atti possano generare
iniziative clientelari e di corruzione. Laddove,
infatti, non sono affermate la legalità e la
giustizia, prende il sopravvento in modo
indiscriminato la forza del forte contro il debole.
Che pensare, allora, di proposte
di legge che negano la legge esistente (in
base alla quale centinaia di migliaia di persone con
disabilità e limitata o nulla autonomia, ma anche
anziani malati cronici non autosufficienti, persone
con demenza senile... hanno ottenuto le cure
socio-sanitarie domiciliari, semi-residenziali e
residenziali) e
stanziano a favore di soggetti privati milioni di
euro che dovrebbero essere destinati ad Asl e Comuni
per le prestazioni che sono chiamati a svolgere
dalla legge? Le recenti inchieste nazionali in
materia di corruzione hanno confermato che, quando manca
il riferimento alla legge e ai diritti vigenti, l'ambito
della gestione di servizi diventa terreno fertile
per iniziative illegali a danno degli utenti e della
collettività (…). Siamo seriamente allarmati dalla
concreta possibilità di un illegittimo utilizzo
clientelare delle risorse stanziate dalle proposte
di legge e di un possibile esito tendenzialmente
monopolistico dei privati su tutto il settore della
disabilità intellettiva e dell’autismo».
www.fondazionepromozionesociale.it
Testo del ricorso
presentato dall’Associazione promozione sociale e
dall’Utim, Unione per la tutela delle persone
con disabilità intellettiva, contro la delibera
della Giunta regionale del Piemonte n. 18/2015.
In relazione alla questione dell’
educatore sanitario, pubblichiamo:
-
il Commento di Giovanni Merlo, segnalato da
Marisa Faloppa del Comitato per l’integrazione
scolastica
-
la risposta a Marisa Faloppa.
DUE IMPORTANTI ORDINI DEL GIORNO
Due importanti ordini del giorno sono stati
approvati recentemente dal Comune di Torino e dal
Consiglio dell'Ordine dei Medici di Torino e
Provincia su questioni di rilievo nazionale (cure
socio-sanitarie domiciliari, diritto alle
prestazioni a casa, semi-residenziali e residenziali
per le persone non autosufficienti).
Diamo conto degli importanti contenuti dei documenti
nelle due brevi note successive, allegando i
relativi testi integrali.
A tutte le associazioni ed organizzazioni
interessate, in particolar modo ai promotori ed
aderenti alla "Petizione popolare nazionale per il
riconoscimento del diritto alle cure socio-sanitarie
domiciliari", rivolgiamo l'appello a:
- cercare nuove adesioni e sottoscrizioni al
documento;
- rilanciare le due importanti prese di posizione
riportate qui di seguito;
- predisporre analoghe iniziative di promozione e
tutela dei diritti delle persone colpite da malattia
e/o disabilità grave e non autosufficienza;
- informare la cittadinanza in merito ai diritti
delle persone non autosufficienti, con particolare
riguardo all’opposizione alle dimissioni da
ospedali e da case di cura private convenzionate di
anziani malati cronici non autosufficienti e delle
persone con demenza senile, iniziativa con cui si
ottiene sempre la continuità terapeutica.
1.
IL COMUNE DI TORINO "ADERISCE ALLA PETIZIONE
NAZIONALE SUL DIRITTO ESIGIBILE ALLE CURE
SOCIO-SANITARIE DOMICILIARI".
Lunedì 6 luglio 2015 il Consiglio Comunale di Torino
ha approvato l'ordine del giorno di adesione alla
Petizione sul riconoscimento del diritto prioritario
alle cure socio-sanitarie domiciliari per le persone
non autosufficienti (anziani malati cronici non
autosufficienti, persone colpite da demenza senile,
persone con autismo o disabilità grave e limitata o
nulla autonomia). Nell'ordine del giorno (firmato
dalle Consigliere Onofri, Centillo e Genisio) è
stato accolto un emendamento (presentato dal
Consigliere Marrone) che invita la Giunta regionale
del Piemonte a ritirare il ricorso al Consiglio di
Stato contro la positiva sentenza 156/2015 del Tar
del Piemonte sul pieno riconoscimento del diritto
alle cure socio-sanitarie domiciliari.
Le cure a casa per le persone non autosufficienti
comprendono l'“assegno di cura”, oggetto negli
ultimi anni di ricorsi al Tar ed al Consiglio di
Stato: da un lato le associazioni degli utenti, i
Comuni e gli Enti gestori delle funzioni socio
assistenziali, una ventina in tutto, che sostengono
la piena titolarità della sanità su queste
prestazioni, dall’altro la Giunta regionale (sia
quella già guidata da Roberto Cota, sia quella
attuale di Sergio Chiamparino) che non intende
riconoscere come diritti sanitari gli interventi
prestati da assistenti familiari, badanti e parenti
dei malati, anche se si tratta di interventi
salvavita per persone dipendenti in tutto e per
tutto da terzi. Il Tar ha dato piena ragione ai
primi annullando le delibere della Giunta, ma la
Regione ha presentato ricorso al Consiglio di Stato,
che si è pronunciato il 4 giugno scorso, non
concedendo la sospensiva richiesta dalla Regione
(perciò lasciando valide ed immediatamente
applicabili le decisioni del Tribunale
amministrativo piemontese, in attesa della prossima
udienza a metà ottobre).
In allegato il testo dell'ordine del giorno
approvato.
2. L'ORDINE DEI MEDICI, CHIRURGHI E ODONTOIATRI
DELLA PROVINCIA DI TORINO ALLA REGIONE PIEMONTE:
FARE DI PIÙ PER GLI ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI E
PER I MEDICI CHE LI ASSISTONO.
Il Consiglio dell'Ordine dei Medici della provincia
di Torino ha approvato un significativo documento
che prende posizione contro la delibera 18/2015
della Regione Piemonte (vedi testo), lesiva dei
diritti degli anziani malati cronici non
autosufficienti.
Testo
del documento dell'Ordine dei medici,
disponibile anche a questo
link.
DGR 18 1236 non autosufficienza
ISEE: RICORSO IN APPELLO
-
Alleghiamo il
ricorso presentato dalle associazioni Aps e Utim,
aderenti al Csa - Coordinamento sanità e assistenza
fra i movimenti di base, depositato al Consiglio di
Stato contro la
sentenza 2458 del Tar del Lazio in merito al
nuovo Isee (decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri 159/2013).
Come sapete, la sentenza del Tar del Lazio ha
accolto il motivo di impugnazione sull'illegittimità
di considerare reddito l'indennità di
accompagnamento, ma ha rigettato gli altri punti,
soprattutto quello che secondo noi è il più grave e
cioè il coinvolgimento dei coniuge e dei figli
(in alcuni casi anche di quelli non conviventi)
nella definizione dell'Isee (e quindi della
compartecipazione alla retta) di chi fruisce di
prestazioni socio-sanitarie: persone con
disabilità intellettiva o autismo, anziani malati
cronici, persone con demenza senile, soggetti con
patologie psichiatriche.
- Inviamo a tutti anche la nostra
richiesta di incontro con gli Assessori alla
sanità e alle politiche sociali della Regione
Piemonte in merito alla definizione del regolamento
regionale per la compartecipazione alle prestazioni
socio-sanitarie.
Con
la preghiera di rilanciare le informazioni e le
richieste contenute in questa nota.
Prima bozza delle osservazioni (file Word) in
merito alla bozza di Patto per il sociale
della Regione Piemonte, insieme ai documenti
relativi al Patto stesso inviati dall’Assessore alle
politiche sociali, Augusto Ferrari
-
Bozza osservazioni patto per il sociale
-
Integrazione sociosanitaria -
Inclusione sociale povertà -
Il Patto sociale. Un percorso politico
-
Proposte del CSA per prevenire e combattere la
povertà -
Piattaforma disabilità autismo
-
Mozione definizione competenze ASL
-
Per un welfare reale equo e rispettoso
-
Programma
del Convegno: “Anziani malati non
autosufficienti e/o con demenza - Il diritto alle
cure e la riorganizzazione delle prestazioni
sanitarie e socio-sanitarie intra ed extra
ospedaliere”, che avrà luogo VENERDÌ 23
OTTOBRE 2015 alla Sala convegni “A. M. Dogliotti”
presso l’ospedale Città della Salute e della Scienza
– Molinette di corso Bramante 88 – Torino.
Obiettivi del Convegno.
Richiesta inoltrata da Fondazione promozione sociale
onlus e Csa - Coordinamento sanità e assistenza tra
i movimenti di base, di urgentissimo incontro con
gli Assessori alla Sanità e alle Politiche sociali
in merito alla definizione del nuovo regolamento
regionale per la compartecipazione degli utenti alle
prestazioni. socio-sanitarie.
- Egr. Antonio Saitta, Assessore alla
sanità
- Egr. Augusto Ferrari, Assessore alle
politiche sociali
REGIONE PIEMONTE
Oggetto: URGENTISSIMA
RICHIESTA DI INCONTRO E CONSULTAZIONE IN MERITO
AL NUOVO ISEE
Egregi
Assessori,
Facendo seguito alla Nostra richiesta del 5
febbraio u.s., simile oggetto, le associazioni
aderenti al Csa – Coordinamento sanità e assistenza
fra i movimenti di base e la Fondazione promozione
sociale onlus inoltrano la presente
urgentissima richiesta di incontro e di
consultazione in merito al nuovo Isee e
all’adozione degli atti regionali da predisporre per
regolamentare la materia della compartecipazione
degli utenti alle prestazioni socio-sanitarie
domiciliari, residenziali e semi-residenziali.
Infatti, la Deliberazione della Giunta Regionale 12
gennaio 2015, n. 10-881, “Linee guida per la
gestione transitoria dell’applicazione della
normativa Isee di cui al Dpcm 5 dicembre 2013, n.
159”, ha definito «Linee guida rivolte agli Enti
gestori delle funzioni socio-assistenziali per
l’applicazione dell’indicatore della situazione
economica equivalente (ISEE), per un periodo
transitorio di mesi sei», che sta per
terminare.
Con la presente gli scriventi chiedono che sia
previsto un confronto sui citati temi prima
dell’approvazione di eventuali atti. La richiesta è
motivata anche ai sensi di quanto previsto dallo
Statuto della Regione Piemonte che all’articolo 2,
Autonomia e partecipazione, prevede ai punti 3 e 4
quanto segue: «3. La
Regione valorizza il costituirsi di ogni
associazione che intende concorrere con metodo
democratico alla vita della Regione e in particolare
sostiene le iniziative per la realizzazione dei
diritti e favorisce le forme di solidarietà sociale,
l'associazionismo e il volontariato, assicurandone
la partecipazione e la consultazione nello
svolgimento delle funzioni regionali. 4. La
Regione coinvolge nelle scelte legislative e di
governo il sistema degli enti locali e consulta,
ritenendo il loro apporto elemento fondamentale
della politica regionale, i sindacati dei
lavoratori, le organizzazioni di categoria, le
formazioni sociali, le istituzioni culturali, le
associazioni, le autonomie funzionali e gli
organismi in cui si articola la comunità regionale
e, quando la materia lo richieda, gli elettori della
Regione secondo le forme previste dallo Statuto e
dal Regolamento».
In particolare, vi sono alcuni aspetti critici del
nuovo Isee e della conseguente applicazione di esso
alla definizione della compartecipazione dell’utente
al costo delle prestazioni socio-sanitarie (trattati
più nel dettaglio nell'allegata bozza di ricorso al
Consiglio di Stato in relazione al nuovo Isee) che
non possono essere ignorati dalla futura
regolamentazione e sui quali la Regione può
intervenire a nostro avviso con condizioni
migliorative rispetto a quelle definite nel Decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri n.
159/2013:
-
le sentenze n. 2454,
2458 (riguardante il ricorso presentato da alcune
associazioni aderenti a questo coordinamento) e
2459/2015 del Tar del Lazio hanno in parte
accolto i ricorsi presentati contro il nuovo Isee
(Indicatore della situazione economica equivalente)
definito con il decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri del 5 dicembre del 2013. Il Tar ha
precisato che «non è dato comprendere per
quale ragione nella nozione di “reddito”,
che dovrebbe riferirsi a incrementi di ricchezza
idonei alla partecipazione alla componente fiscale
di ogni ordinamento, sono stati compresi anche
gli emolumenti riconosciuti a titolo meramente
compensativo e/o risarcitorio a favore delle
situazioni di “disabilità”, quali le indennità di
accompagnamento, le pensioni Inps alle persone che
versano in stato di disabilità e bisogno
economico, gli indennizzi da danno biologico
invalidante, di carattere risarcitorio , gli assegni
mensili da indennizzo ex leggi n. 210/92 e 229/05.
Tali somme, e tutte le altre che possono
identificarsi a tale titolo, non possono –
continua la sentenza – costituire “reddito” in
senso lato né possono essere comprensive della
nozione di “reddito disponibile” di cui
all’articolo5 del decreto legge 201/2011, che
proprio ai fini di revisione dell’Isee e della
tutela della disabilità, è stato adottato».
Stante la sentenza attuale, a nostro avviso, la
soluzione preferibile (sostenuta anche nel nostro
riscorso) sarebbe quella di non considerare come
reddito disponibile della persona esclusivamente
l’ammontare dell’indennità di accompagnamento,
poiché la legge di istituzione della stessa non la
configura come reddito, ma appunto come somma
indennitaria;
-
per le prestazioni socio-sanitarie, destinate
a persone non autosufficienti, anziani malati
cronici non autosufficienti, persone colpite da
demenza senile, persone con disabilità gravi e
limitata o nulla autonomia, occorrerebbe che venisse
presa in considerazione la situazione economica
del singolo assistito. Essi hanno necessità
indifferibile, e ricevono quando sono presi in
carico dal Servizio sanitario nazionale,
prestazioni sanitarie cui hanno diritto
soggettivo in quanto persone malate in base alle
leggi vigenti. Tali prestazioni ricevono il nome di
socio-sanitarie solo poiché una parte del costo
totale è a carico dell’utente, non perché siano
effettivamente prestazioni socio-assistenziali;
-
è illogica e a nostro parere incostituzionale
(in base agli articoli 23, 32 e 117 lettera l) della
Costituzione) la considerazione del coniuge e dei
figli appartenenti al nucleo familiare per la
definizione dell’Isee per ricevere prestazioni
socio-sanitarie, e in aggiunta la considerazione dei
figli fuori dal nucleo familiare ai fini della
definizione dell’Isee della persona non
autosufficiente per la quale vengono «erogate
prestazioni in ambiente residenziale a ciclo
continuativo» (articolo 6 punto 3 del Dpcm
159/2013). Non solo ribadiamo che il diritto alle
cure sanitarie e socio-sanitarie è un diritto
soggettivo della persona in relazione alla sua
condizione come singola persona, ma all’interno
della definizione della componente aggiuntiva dei
figli è irragionevole che vengano esentati i
figli per i quali è accertata (operazione che i
Servizi sociali non sono in grado, né hanno le
necessarie disposizioni e competenze per compiere)
l’«estraneità del figlio in termini di
rapporti affettivi ed economici» (articolo 6
punto 3 lettera b del Dpcm 159/2013). A questo
proposito si fa presente che, giustamente, la
considerazione della situazione economica
relativa al singolo soggetto beneficiario della
prestazione (senza il minimo riferimento ai
componenti il suo nucleo familiare), avviene per
altre erogazioni assistenziali o di sostegno al
reddito come l’Assicurazione sociale per l'impiego
(Aspi), ex Indennità di disoccupazione, per la Cassa
integrazione straordinaria e per quella in deroga,
nonché per l’erogazione della pensione sociale.
Peraltro, anche per altre prestazioni assistenziali,
come l’assegnazione di alloggi dell’edilizia
popolare e l’integrazione al minimo delle pensioni,
viene fatto riferimento alla situazione del nucleo
familiare, mai comprendendo i figli non
conviventi;
-
il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
istitutivo del nuovo Isee non prende in alcun modo
in considerazione che la persona con disabilità
grave e limitata o nulla autonomia, l’anziano malato
cronico non autosufficiente e la persona colpita da
demenza senile richiedente le prestazioni
socio-sanitarie può dovere fare fronte, in alcuni
casi, come previsto dal codice civile, all’obbligo
di mantenimento nei confronti del coniuge e dei
figli che siano sprovvisti di redditi propri.
Tale obbligo, com’è ovvio, dovrebbe essere assolto
prima del pagamento della quota di compartecipazione
dell’utente alla prestazioni socio-sanitaria,
pertanto le somme destinate al mantenimento non
devono essere calcolate come reddito disponibile del
soggetto che richiede le prestazioni;
-
l’attuale normativa prevede che al ricoverato in
strutture socio-sanitarie residenziali sia lasciata
una quota personale di circa 150 euro per le
spese personali. Tale prescrizione dovrebbe a nostro
avviso essere mantenuta anche nella nuova
regolamentazione;
-
la valutazione del patrimonio immobiliare
ai fini Imu, può verosimilmente creare situazioni in
cui l’ammontare Isee del richiedente non
corrisponde a liquidità effettivamente disponibile,
se non nell’eventualità, degradante e
discriminatoria, che il soggetto (s)venda la casa,
spesso acquistata con i risparmi di una vita, per
far fronte alla quota di compartecipazione alle
prestazioni. La politica dovrebbe preoccuparsi anche
delle generazioni future: impoverire i nuclei
familiari è una politica miope, che rischia di
ripercuotersi sui giovani e sulle loro opportunità;
Tutto ciò premesso, e riservandoci di affrontare
altri temi inerenti alla compartecipazione nel corso
dell’incontro, rimaniamo in attesa di un cortese
riscontro, rinnovando la richiesta urgentissima di
consultazione.
Cordiali saluti
Vincenzo Bozza, Maria Grazia Breda, Andrea
Ciattaglia
p. Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i
movimenti di base)
p. Fondazione promozione sociale onlus
|
Convocazione audizione 17 giugno
sull'istituzione del caregiver e proposta
della Fondazione Promozione Sociale.
Resoconto incontro Saitta-Ferrati.
Ricorso
contro delibera 18/2015 della Giunta regionale del
Piemonte
Spett.li Associazioni,
dopo
aver sentito l'Avv. Carapelle, per motivi
organizzativi e di costo elevato di una causa con
più ricorrenti siamo giunti alla conclusione di
avviare solo come associazioni del Csa il ricorso
contro la delibera 18/2015 della Giunta regionale
del Piemonte (“Pianificazione economico-finanziaria
e definizione delle regole del Sistema Sanitario
piemontese in materia di assistenza alle persone anziane non
autosufficienti con decorrenza dall'esercizio
2015”).
Ringraziandovi moltissimo per la disponibilità e la
sensibilità dimostrata, vi chiediamo comunque un
grande aiuto. Sarebbe importante che le Vostre
associazioni inviassero pubblicamente lettere per il
ritiro della delibera 18/2015 (documenti che
potranno trovare richiamo nel testo stesso del
ricorso).
Le
comunicazioni andrebbero inviate al Presidente del
Consiglio regionale, al Presidente della Regione,
all'Assessore alla Sanità e ai Livelli essenziali di
assistenza, al Presidente e ai Componenti della IV
Commissione del Consiglio regionale.
Se
ritenete opportuno, potete prendere spunto
dall'allegato
appello per il ritiro della delibera che abbiamo
distribuito davanti al Consiglio regionale e
dall'allegato con la
richiesta di eliminare le spese inutili.
Nulla
impedisce, ovviamente, la presentazione di Vostre
cause parallele al Tar del Piemonte contro la
delibera 18/2015.
Grazie
della disponibilità, non mancheremo di aggiornarvi
sugli sviluppi sul nostro sito
www.fondazionepromozionesociale.it.
Appena pronta manderemo la nostra nota/memoria
relativa al ricorso stesso.
Cordiali
saluti
*****
La Giunta Chiamparino, giunta di sinistra, continua
ad ignorare il problema delle persone non
autosufficienti, negando di fatto il diritto alle
cure socio-sanitarie
Torino,
13 maggio 2015
APPELLO
PER IL RICORSO CONTRO LA DELIBERA N. 18/2015 DELLA
GIUNTA REGIONALE DEL PIEMONTE
Gentili
Associazioni, Organizzazioni, Enti locali,
Con la
allegata delibera di Giunta regionale n. 18-1326 del
20 aprile 2015 (“Pianificazione economico
finanziaria e definizione delle regole del Sistema
sanitario piemontese in materia di assistenza alle
persone anziane non autosufficienti con decorrenza
dall’esercizio 2015”) la Giunta Chiamparino ha
approvato – mai discutendolo con le associazioni e
le organizzazioni di rappresentanza dei malati e
disabili non autosufficienti – un nuovo
provvedimento che nega i diritti degli
anziani malati cronici o dei disabili gravi
non autosufficienti e che ignora totalmente
il tema drammatico delle 32mila persone malate o con
rilevanti carenze di salute in lista di attesa in
Piemonte per le cure socio-sanitarie domiciliari o
residenziali. Si tratta di persone che per patologia
o disabilità sono completamente dipendenti da terzi
per il soddisfacimento delle loro più elementari
esigenze vitali e sono quindi destinati a morire nel
giro di brevissimo tempo se lasciati senza
interventi di cura che sono in ogni caso di tipo
sanitario (al riguardo si vedano le allegate note
dei proff. Giancarlo Isaia (Siommms, Società
italiana dell’osteoporosi, del metabolismo minerale
e delle malattie dello scheletro e S.C. Geriatria e
malattie geriatriche metaboliche dell’osso Aou Città
della salute e della scienza di Torino – ospedale
Molinette), Mario Bo e Fabio Di Stefano (Sigg,
Società italiana di gerontologia e geriatria).
La delibera si
fonda sui seguenti inaccettabili principi:
-
omissione totale di
ogni riferimento alla legge regionale 10 del 2010
che già oggi norma “Servizi
domiciliari per persone non autosufficienti”
in Piemonte, nel rispetto delle norme nazionali in
materia e all’articolo 54 della legge 289/2002,
istituzione dei livelli essenziali delle prestazioni
sanitarie e socio-sanitarie;
-
riferimento alla
sentenza n. 604/2015 del Consiglio di Stato che
non ha considerato le persone anziane malate
croniche non autosufficienti come malati gravissimi,
necessitanti, per la loro immediata sopravvivenza di
interventi di tipo sanitario e socio-sanitario senza
i quali sono destinati a morire in breve tempo. La
sentenza non nega comunque che le esigenze di
prestazioni indifferibili (cioè l’esigenza che hanno
tutti, nessuno escluso, gli anziani malati cronici
non autosufficienti e le persone con demenza senile)
debbano essere soddisfatte con la presa in carico da
parte del Servizio sanitario nazionale, prescrizione
totalmente ignorata dalla Giunta regionale nella
delibera 18/2015;
-
istituzione delle
liste di attesa come un fenomeno positivo,
confondendo le liste di attesa per le prestazioni
diagnostiche con quelle di presa in carico di
persone malate e/o disabili non autosufficienti in
costante e immediato pericolo di vita dovuto alla
loro situazione. Oggi tali persone sono 32mila in
tutto il Piemonte per i ricoveri in Rsa e le
prestazioni domiciliari, lasciate senza cure
dal Servizio sanitario nazionale;
-
definizione del
ruolo delle Unità valutative geriatriche non solo
come organismi di valutazione della situazione
sanitaria della persona e conseguenti indicazioni
per la predisposizione del Pai, Piano di assistenza
individualizzata, ma organismo che
illegittimamente decide dell’accesso delle persone
non autosufficienti alle cure, in contrasto con la
legge 833/1978 in base alla quale il diritto
all’accesso alle cure del Servizio sanitario
nazionale è determinato esclusivamente dallo stato
di malattia della persona.
In base a questi
principi e allo stanziamento previsto dalla delibera
sul Fondo sanitario regionale (280 milioni di euro
per il 2015) gli utenti presi in carico, secondo i
dati forniti nello stesso provvedimento, saranno
17.764, solo 951 in più rispetto all’anno scorso,
una cifra assolutamente irrilevante a fronte degli
oltre 32mila in lista di attesa.
In questo contesto allarmano le parole del Direttore
generale della sanità piemontese, Fulvio Moirano,
che durante il
Giornale radio Gr1 delle ore 8,00
del 23 aprile 2015
ha risposto a precisa domanda sull’erogazione delle
cure domiciliari dopo le sentenze del Tar del
Piemonte che le riconoscevano come diritti
esigibili: «E io a questa domanda non le
rispondo. Non è la sentenza definitiva. Io credo che
si possa, che si debba, aumentare l’offerta sulla
residenzialità o in alternativa con gli assegni di
cura. Se però le persone che hanno bisogno sono il
triplo dei soldi, evidentemente c’è qualche
problema».
Il problema
gravissimo della Regione Piemonte, mai finora
tradotto in provvedimenti concreti da parte della
Giunta della Regione Piemonte, è la mancata
attuazione degli impegni contenuti negli ordini del
Giorno approvati all’unanimità dal Consiglio
regionale del Piemonte n. 1090/2013 e 142/2014 che
impegnavano la Giunta a presentare al Parlamento ed
al Governo il reale fabbisogno di prestazioni dei
malati/disabili non autosufficienti residenti in
Piemonte, richiedendo agli stessi Parlamento e
Governo le risorse per fornire loro le cure
sanitarie e socio-sanitarie come prevede la legge.
Facciamo appello attraverso questa nota a tutte le
organizzazioni, associazioni,
enti locali affinché presentino ricorso entro, il
termine per la presentazione il 22 giugno 2015,
(insieme alle associazioni del Csa – Coordinamento
sanità e assistenza tra i movimenti di base o per
via autonoma) contro la nuova pessima delibera della
Giunta regionale del Piemonte.
Si tratta di un’esigenza necessaria per fermare un
provvedimento, già attuativo in quanto deliberato,
che lede il diritto delle persone non
autosufficienti alle cure sanitarie e socio
sanitarie, sposando una logica eugenetica
che nega le cure salvavita a persone malatissime o
con disabilità grave e non autosufficienza con
pretesti infondati di scarsità di risorse economiche
(in merito alleghiamo la nota “I
soldi ci sono. Rassegna degli sprechi e proposte
operative per il recupero di rilevanti risorse
economiche”
nella quale sono elencati provvedimenti sia
regionali che nazionali che immediatamente
assicurerebbero minori uscite e maggiori entrate per
le casse degli Enti pubblici).
N.B.
Le organizzazioni ed associazioni che volessero
presentare ricorso sono pregate di comunicarlo al
Csa – Coordinamento sanità e assistenza tra i
movimenti di base entro e non oltre mercoledì 20
maggio 2015, in modo da poter predisporre con i
legali la necessaria documentazione. Csa, via
Artisti 36, 10124 Torino, tel. 011.8124469, e-mail:
info@fondazionepromozionesociale.it.
p. Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i
movimenti di base), La segreteria
Comunicato
stampa del Gruppo Senza Sede sul ricorso della
Regione Piemonte contro la sentenza del TAR sulle
prestazioni socio sanitarie ai malati cronici non
autosufficienti.
Il Gruppo senza Sede di Trino, che dal 2007 si batte
per il rispetto dei diritti degli anziani malati
cronici non autosufficienti e dei portatori di
handicap, condivide l’appello del Coordinamento
Sanità e Assistenza fra i Movimenti di Base e della
Fondazione Promozione Sociale di Torino, rivolto con
lettera aperta alla Regione Piemonte, perchè ritiri
il ricorso al Consiglio di Stato contro le sentenze
del Tar Piemonte n. 154, 156 e 157/2015. Ricorso
che pone la Regione a schierarsi contro le persone
non autosufficienti, disabili, autistiche, malate di
Alzheimer o di demenza senile, contro i 32mila
piemontesi in lista d’attesa per le cure
socio-sanitarie. Esseri umani incapaci di esprimere
autonomamente l’intensità del loro dolore e della
frustrazione di non poter più soddisfare le più
elementari esigenze vitali, che se lasciati soli
muoiono in breve tempo. Persone che hanno pieno
diritto alle prestazioni socio-sanitarie
domiciliari, in base ai Livelli essenziali di
assistenza definiti dal Decreto del Presidente del
Consiglio 29 novembre 2001 e dall’articolo 54 della
Legge 289/2002, ripresi dalla Legge della Regione
Piemonte 10/2010, “aiuto infermieristico ed
assistenza tutelare alla persona” per cui la
Sanità deve corrispondere il 50% del costo e non
possono essere negate con pretesti di tagli
economici. In favore di ciò il Tar del Piemonte si
era pronunciato e la Regione Piemonte ha il “fegato”
di dichiararsi contraria presentando ricorso al
Consiglio di Stato. Si vuole continuare a scaricare
tutta la responsabilità delle cure sui parenti delle
persone non autosufficienti, che non hanno obblighi
di sostituirsi alla Sanità nelle funzioni di cura,
infatti in base all’articolo 23 della Costituzione
“ nessuna prestazione personale o patrimoniale
può essere imposta se non in base alla Legge”.
Le presunte pressioni provenienti dal Ministero
dell’Economia indirizzate alla Regione per la
presentazione del ricorso, non possono legittimare
la negazione delle cure per migliaia di malati, come
non possono intaccare la responsabilità e la libertà
di scelte politiche della Regione stessa, governata
da una maggioranza che aveva criticato in modo netto
i provvedimenti della Giunta Cota e che ora ricorre
al Consiglio di Stato per salvare quegli stessi
provvedimenti. Con questa decisione la Regione
dimostra di non seguire la via tracciata dalla
Costituzione, dalla Legge e dal Consiglio regionale,
della cura ai più deboli, ma quella dell’eugenetica
sociale, cioè dell’abbandono spesso fino alla morte,
di persone con gravissime patologie, adducendo
motivazioni di origine economica. Nel contempo eroga
finanziamenti di 3,5 milioni, più il pagamento degli
interessi sul mutuo, per lo stadio Filadelfia del
Torino, per il mantenimento dei vitalizi agli ex
Consiglieri (anche 6mila euro al mese con minime
ridicole riduzioni dal 6% al 15% limitate al
2017), per la costruzione del grattacielo della
Regione Piemonte (22 milioni solo per il progetto e
costi presunti di mezzo milione a piano), per
l’illegittimo utilizzo da parte delle ASL, per
pagare le prestazioni sanitarie, delle risorse del
Fondo per la non autosufficienza, destinato invece
per Legge ai Comuni.
La
scrivente Associazione si fa portavoce,
nell’interesse dei singoli cittadini, nel richiedere
pubblicamente al Presidente ed alla Giunta della
Regione Piemonte l’immediato ritiro del ricorso
presentato contro le sentenze del Tar citate in
apertura.
Trino, 27 aprile
2015
Associazione culturale
Gruppo senza Sede
****
lettera inviata all’Amministrazione regionale del
Piemonte avente per oggetto: “I
PRINCIPI DELL’EUGENETICA SOCIALE DELLA SENTENZA N.
604/2015 DEL CONSIGLIO DI STATO NON DEVONO
NEGARE O RITARDARE LE INDIFFERIBILI PRESTAZIONI
SOCIO-SANITARIE DOMICILIARI E RESIDENZIALI
OCCORRENTI PER LA TUTELA DELLA SALUTE DEGLI ANZIANI
MALATI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI, DELLE PERSONE
CON DEMENZA SENILE E DEI SOGGETTI CON GRAVI
DISABILITÀ INVALIDANTI O AUTISMO E LIMITATA O NULLA
AUTONOMIA”
facsimile aggiornato della lettera di opposizione
alle dimissioni
Tre importanti informazioni: sull'inganno del dopo
di noi, sul disegno di legge sull'autismo approvato
in Senato ed ora al vaglio della Camera che non cita
i diritti vigenti, sulla presa di posizione dell'Anci
Piemonte per la conferma delle prestazioni
socio-sanitarie domiciliari.
Vi invitiamo a diffonderle il più possibile
1)
L'inganno del dopo di noi. La bozza di testo
unico sul cosiddetto "dopo di noi" all'esame della
Commissione affari sociali della Camera dei Deputati
omette le leggi in vigore che garantiscono le cure
socio-sanitarie alle persone con disabilità grave e
apre alle clientele. Per questo abbiamo scritto il
messaggio che riportiamo qui integralmente, anche al
Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione,
Raffaele Cantone. Occorre che Voi tutti diate
diffusione all'appello e interveniate in tutte le
sedi possibili per chiedere il ritiro dei negativi
provvedimenti sul cosiddetto "dopo di noi" e il
rispetto dei Livelli essenziali di assistenza.
�
Testo della lettera sul “Dopo di noi”
2)
Disegno di legge sull'autismo: nessun riferimento
ai Lea vigenti.
Nel testo del disegno di legge sull'autismo
approvato dalla Commissione igiene e sanità del
Senato non soltanto sono stati volutamente ignorati
i vigenti diritti esigibili, ma viene precisato che
i servizi per le persone con disabilità e gli altri
soggetti sopra indicati saranno forniti
esclusivamente nell’ambito delle risorse
disponibili. E' la stessa logica eugenetica
dell'articolo 6 del Patto per la Salute 2014-2016,
al quale il disegno di legge esplicitamente fa
riferimento!
Come viene indicato nelle comunicazioni inviate dal
Csa anche al Presidente della Repubblica, Sergio
Mattarella, e riportata qui di seguito, per le
Istituzioni sarà sufficiente ridurre i finanziamenti
per avere il pretesto di non intervenire o di
provvedere in misura insufficiente rispetto alle
esigenze.
�
Testo della lettera sull’autismo
�
Lettera al Presidente Mattarella
3)
Superare le pessime delibere sulle prestazioni
socio-sanitarie in Piemonte.
Uniamo nota dell'Anci del 18 marzo 2015 indirizzata
agli Assessori alla sanità e all'assistenza nella
quale viene ribadita la necessità di «confermare
l’offerta di prestazioni domiciliari
socio-sanitarie, secondo l’innovativo modello
piemontese, a fianco di quelle semiresidenziali e
residenziali, concependole in un unico sistema che
sia effettivamente in grado di utilizzare di volta
in volta la risorsa più appropriata, come prevedono
non solo le recenti sentenze del Tar Piemonte in
materia di domiciliarità, che questa Regione non
vorrà impugnare, ma anche le sentenze definitive del
Consiglio di Stato in materia di residenzialità dal
momento che “ l’inserimento in strutture
residenziali di soggetti non autosufficienti in
grado di essere efficacemente assistiti in strutture
semiresidenziali o a domicilio risulterebbe una
misura del tutto inappropriata, oltre che
eccessivamente costosa”».
�
Testo della lettera Anci
www.fondazionepromozionesociale.it
Documenti e facsimili relativi
alle prestazioni sanitarie, socio sanitarie, al
modello Isee, alle figure professionali necessarie
per le attività di assistenza.
1) facsimili e istruzioni delle lettere per la
richiesta di:
1A)
prestazioni solo sanitarie;
1B) prestazioni socio-sanitarie (Lea):
-
prestazioni domiciliari per minori
-
prestazioni domiciliari per adulti
-
centri diurni
-
comunità alloggio.
2)
copia della lettera di precisazioni dell’Assessorato
alle politiche sociali della Regione Piemonte in
merito all’ISEE.
3)
l'informazione sulla sentenza del Tar della
Lombardia che precisa in merito alla figura
dell’educatore dei centri diurni.
4)
il pieghevole predisposto dal Comune di Nichelino
(To), al fine di sollecitare i Vostri Comuni a
fare lo stesso (compreso quello di Torino).
Ddl 344
Senato - Calpestati i diritti esigibili delle
persone con AUTISMO
- Egr. Presidenti del Senato, della Camera dei
Deputati e del Consiglio dei Ministri
- Egr.
Presidenti e Componenti delle Commissioni sanità del
Senato e affari sociali della Camera
- Egr.
Presidenti delle Regioni e dell’Anci
- Egr.
Assessori alla sanità delle Regioni e delle Province
autonome
- Egr.
Organizzazioni di tutela della persone con
disabilità
Oggetto:
DISEGNO DI LEGGE N. 344 SULL’AUTISMO
APPROVATO DALLA COMMISSIONE SANITÀ DEL SENATO IN
SEDE LEGISLATIVA: CALPESTATI I VIGENTI DIRITTI
ESIGIBILI DELLE PERSONE CON AUTISMO, SOSTITUTI DA
DICHIARAZIONI TEORICHE
In base alle leggi vigenti (decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001, le
cui norme sono esigibili in base all’articolo 54
della legge 289/2002) le persone con disabilità,
comprese quelle con autismo, hanno il pieno diritto
alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari,
semiresidenziali e residenziali.
Al riguardo ricordiamo che nella sentenza
n. 36/2013 la Corte costituzionale ha precisato che
«l’attività sanitaria e socio-sanitaria a favore
di anziani non autosufficienti [identiche sono
le norme concernenti le persone disabili non
autosufficienti, n.d.r.] è elencata tra i livelli
essenziali di assistenza sanitaria dal decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre
2001». Nella stessa sentenza la Corte
costituzionale ha definito non autosufficienti le «persone
anziane o disabili che non possono provvedere alla
cura della propria persona e mantenere una normale
vita di relazione senza l’aiuto determinante di
altri».
A conferma dell’esigibilità del
diritto alle prestazioni socio-sanitarie citiamo le
seguenti sentenze del Tar del Piemonte:
- n. 326/2013 in cui è precisato che sono
illegittime «le liste di attesa per la fruizione
dei servizi (…) di “assistenza domiciliare” per i
disabili» poiché si tratta «di
servizi che rientrano, a tutta evidenza nelle
definizioni di cui all’allegato 1.C, punti 8 e 9
(dedicati nel quadro dei servizi socio-sanitari,
all’assistenza territoriale semiresidenziale e
residenziale del disabile, la quale deve comprendere
anche prestazioni di riabilitazione)»;
- n. 156/2015 in cui viene
precisato che il diritto alle prestazioni
socio-sanitarie domiciliari non può essere negato
nemmeno con il pretesto delle ristrettezze di
bilancio. Inoltre è stato evidenziato che sono un
diritto esigibile anche le «prestazioni di aiuto
infermieristico e di assistenza tutelare alla
persona» fornite da familiari o da badanti e che
il Servizio sanitario nazionale deve corrispondere
il 50% del costo di queste prestazioni
;
- n. 189/2014 in cui viene puntualizzato
che le prestazioni socio sanitarie semiresidenziali
«rientrano pacificamente nei Livelli essenziali
di assistenza», che gli Enti coinvolti sono «immediatamente
tenuti a far fronte ai risultanti oneri (…) essendo
stati vincolati ad applicare una disposizione
immediatamente precettiva introdotta a tutela di una
fascia di popolazione particolarmente debole» e
che detti Enti «sono tenuti a garantire i
relativi servizi, utilizzando tutti gli strumenti a
loro disposizione per reperire i necessari fondi,
senza che su tale obbligo possano incidere i sempre
più pesanti tagli economici».
Ciò premesso è allarmante che nel testo
in esame i vigenti diritti esigibili siano stati
completamente ignorati.
In particolare nel testo approvato dal
Senato viene precisato che devono essere rispettati
gli «equilibri programmati di finanza pubblica»
e deve essere «tenuto conto del nuovo “Patto per
la salute 2014-2016”», patto che prevede
all’articolo 6 che le prestazioni «per le aree
della non autosufficienza, delle disabilità, della
salute mentale adulta e dell’età evolutiva,
dell’assistenza ai minori e delle dipendenze»
sono fornite «nei limiti delle risorse
programmate per il Servizio sanitario regionale e
per il Sistema dei servizi sociali».
Pertanto, nel testo approvato dal
Senato non soltanto sono stati volutamente ignorati
i vigenti diritti esigibili, ma viene precisato che
i servizi per le persone con disabilità e gli altri
soggetti sopra indicati saranno forniti
esclusivamente nell’ambito delle risorse
disponibili. Quindi per le Istituzioni è sufficiente
ridurre i finanziamenti per avere il pretesto di non
intervenire o di provvedere in misura insufficiente
rispetto alle esigenze.
Come abbiamo precisato nel n. 188/2014
della nostra rivista Prospettive assistenziali,
il Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i
movimenti di base) e la Fondazione promozione
sociale onlus sulla base delle loro ultratrentennali
esperienze concernenti anche la difesa dei diritti
delle persone singole che si rivolgono a noi,
sfidano i Parlamentari che hanno presentato le
proposte di legge in oggetto (ed anche i Deputati
che hanno avanzato iniziative analoghe riguardanti
gli anziani malati cronici non autosufficienti, le
persone colpite dal morbo di Alzheimer o da altre
forme di demenza senile) a presentare anche un solo
caso in cui siano state rifiutate le prestazioni
previste dalle leggi vigenti, a favore dei soggetti
con disabilità intellettiva in situazione di gravità
o con autismo e limitata o nulla autonomia.
A tale proposito vorremmo avere copia
come prova del rifiuto della richiesta,
dell’eventuale domanda – che deve essere stata
presentata dalla persona che esercita i poteri di
rappresentanza mediante raccomandata A/R al
Direttore generale dell’Asl, al Sindaco competente
in base alla residenza del soggetto – in cui:
a) precisare le prestazioni necessarie
per la persona con disabilità o con autismo,
comprovate da apposita certificazione;
b) fare esplicito riferimento al decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29
novembre 2001 e all’articolo 54 della legge
289/2002;
c) richiedere una risposta scritta ai
sensi della legge 241/1990, risposta che, com’è
noto, deve essere fornita dalle sopra citate
autorità al massimo entro il 90° giorno successivo a
quello di ricezione dell’istanza.
Ciò premesso, chiediamo che la Camera dei
Deputati non approvi il testo varato dal
Senato o lo modifichi sostanzialmente (lasciando
inalterata la parte riguardante le linee guida che
poteva e può diventare esecutiva mediante la
semplice emanazione di una circolare), sottoponendo
il testo stesso all’esame della Commissione
parlamentare Affari costituzionali per verificare se
è costituzionalmente corretta l’approvazione di una
legge che non modifica i diritti sanciti dai Lea e
nello stesso tempo li ignora.
Restiamo a disposizione e porgiamo
cordiali saluti.
p. Csa, Maria
Grazia Breda, Andrea Ciattaglia e Giuseppe
D'Angelo
Testo
unificato "Dopo di Noi" - Aspetti gravemente
ingannevoli
- Egr.
Laura Boldrini, Presidente della Camera dei Deputati
- Egr.
Presidente e Componenti della Commissione Affari
sociali
- Egr.
Raffaele
Cantone, Presidente dell'Autorità
nazionale anticorruzione
- Egr.
Assessori regionali alla sanità
- Egr.
Organizzazioni di tutela della persone con
disabilità
Oggetto:
Aspetti
gravemente ingannevoli del Testo unificato elaborato
dal Comitato ristretto della Commissione affari
sociali della Camera dei Deputati in merito al “Dopo
di noi”. In reale pericolo i vigenti diritti
esigibili delle persone con disabilità e limitata o
nulla autonomia e ampia discrezionalità per la
destinazione clientelare dei notevoli finanziamenti
previsti: euro 83milioni nel 2016, 36,8 nel 2017 e
140 a decorrere dal 2018.
Come è
stato precisato dal Csa (Coordinamento sanità e
assistenza fra i movimenti di base) e dalla
Fondazione promozione sociale onlus nelle precedenti
lettere inviate alle S.V. e nelle audizioni dell’Utim,
Unione per la tutela delle persone con disabilità
intellettiva, e della succitata Fondazione del 30
settembre 2014 presso la Commissione affari sociali
della Camera dei Deputati, le proposte di legge n.
698, 1352, 2205, 2456, 2578 e 2682 riguardanti il “Dopo
di noi” sono fondate sull’omissione – fatto
gravemente ingannevole – dei diritti sanciti dal
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
del 29 novembre 2001 istitutivo dei Lea, Livelli
essenziali delle prestazioni socio-sanitarie
domiciliari, semiresidenziali e residenziali, le
cui norme sono esigibili in base all’articolo 54
della legge 289/2002.
Di fronte
a questa omissione, che ha ingannato e inganna
decine di migliaia di persone con disabilità e
limitata o nulla autonomia ed i relativi congiunti,
il Comitato ristretto della Commissione affari
sociali della Camera dei Deputati ha tentato di
tamponare la devastante situazione inserendo
nell’articolo 1 la frase «Restano comunque salvi
i livelli essenziali di assistenza» senza
nemmeno citare la relativa fonte giuridica e non
tenendone assolutamente conto in tutte le norme del
testo unificato.
In
particolare l’articolo 2 (“Definizione delle
prestazioni assistenziali da garantire in tutto il
territorio”) prevede la «determinazione di
livelli essenziali delle prestazioni (Lep)» di
cui non c’è assolutamente alcun bisogno per quanto
riguarda le prestazioni per le persone colpite da
disabilità intellettiva grave essendo – lo ripetiamo
– già in vigore i Lea.
D’altra
parte, mentre i Lea sono in vigore fin dal 2002
[sono trascorsi 13 anni ed i presentatori delle sei
sopra citate proposte di legge (volutamente?) non lo
sapevano], il testo in esame prevede il rinvio
sine die della definizione dei Lep.
Iniziativa clientelare e mistificatoria per le
persone con disabilità e le loro famiglie
Particolarmente pericolose sono anche le norme degli
articoli 3 e 4 in base alle quali i rilevanti
finanziamenti (euro 83 milioni per il 2016, 36,8 per
il 2017 e ben 140 annui a decorrere dal 2018)
possono essere assegnati non solo alle Regioni e
agli Enti locali ma anche «agli organi del Terzo
settore, nonché altri soggetti di diritto privato,
ivi comprese le famiglie che si associano per le
finalità di cui all’articolo 1».
Questa
destinazione consente dunque la gestione clientelare
delle attività rivolte alle persone con disabilità,
in netto contrasto con i vigenti Lea.
Infatti in
base alle succitate norme vigenti le prestazioni
domiciliari, semi-residenziali e residenziali:
- sono un
diritto esigibile;
- compete
al Servizio sanitario nazionale garantirne
l’attuazione previo accertamento delle effettive
esigenze degli aventi diritto;
- nei casi
di inadempienza i cittadini interessati hanno la
possibilità di ricorrere al Giudice competente, se
del caso utilizzando le norme sul patrocinio a
carico dello Stato;
- contro
le delibere delle Asl possono ricorrere le
organizzazioni di tutela dei soggetti deboli,
anch’esse utilizzando se del caso le norme sul
patrocinio a carico dello Stato.
Tutte
queste reali garanzie non sono attuabili se la
competenza degli interventi è affidata a soggetti
privati.
A nostro
avviso la gestione dei servizi può essere concessa
a organizzazioni private mediante il rispetto delle
norme vigenti in materia, ma la competenza per
l’attuazione dei diritti deve restare al settore
pubblico, come ad esempio è da decenni previsto per
tutti i servizi sanitari privati, nessuno escluso.
È altresì
assai singolare che il testo predisposto dal
Comitato ristretto non riconosca i vigenti diritti
delle persone disabili, le cui norme sono fondate
sulla carenza di salute di dette persone, e promuova
il trasferimento delle competenze primarie dalla
sanità all’assistenza, considerando quindi i
disabili come soggetti «inabili al lavoro e
sprovvisti dei mezzi necessari per vivere» come
stabilisce il 1° comma dell’articolo 38 della
Costituzione riguardante l’assistenza.
Ciò
premesso, è logico chiedersi perché i Parlamentari
si accaniscono in tale spreco di tempo ed energie,
che finisce tra l’altro per disinformare e creare
illusioni ed inquietudini nei cittadini che si
trovano nella situazione di avere un parente con
disabilità.
A fronte
di provvedimenti così smaccatamente omissivi dei
diritti vigenti, allarma che essi contengano ampie
sezioni dedicate all’assegnazione delle ingenti
risorse sopra precisate a soggetti privati, che
avrebbero la facoltà di scegliersi gli utenti in
base alla loro convenienza. Si tratta di procedure
che, in un quadro in cui quelle risorse dovrebbero
essere assegnate alle Asl – che in base ai Lea hanno
competenze primarie, ed ai Comuni (ai quali le leggi
vigenti hanno assegnato compiti integrativi) tenuti
dalle leggi ad assicurare le necessarie prestazioni
alle persone con disabilità grave – possono essere
tacciate di clientelismo, a maggior ragione oggi che
assistiamo a quotidiane cronache di malagestione e
truffe ai danni dello Stato, che spesso riguardano
proprio il nesso fra enti pubblici e soggetti
privati convenzionati per la gestione dei servizi.
Tenuto
conto degli aspetti clientelari del testo unificato
e delle ingenti risorse economiche assegnate, la
presente comunicazione viene inviata anche a
Raffaele Cantone,
Responsabile dell'Autorità
nazionale anticorruzione.
Mentre è
auspicabile che la Commissione affari sociali della
Camera dei Deputati provveda a rivedere radicalmente
il testo unificato predisposto dal Comitato
ristretto assumendo come riferimento fondamentale le
vigenti norme sopra citate e la Risoluzione n.
8-00191, approvata all’unanimità dalla Commissione
affari sociali della Camera dei Deputati l’11 luglio
2012, le organizzazioni scriventi ritengono che,
prima della prosecuzione dell’esame da parte della
Commissione affari sociali, l’attuale testo dovrebbe
essere trasmesso alla Commissione affari
costituzionali della Camera dei Deputati per
l’opportuna valutazione sul rispetto o meno delle
norme costituzionali stante l’omesso riferimento
alle leggi vigenti.
Restiamo a
disposizione e porgiamo cordiali saluti.
Vincenzo Bozza, Andrea Ciattaglia e Francesco
Santanera
p. Csa
(Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti
di base)
e
Fondazione promozione sociale onlus
Acli e Ministero
della Salute
A) Le Acli
(Associazioni cristiane dei lavoratori italiani)
della Regione Piemonte hanno approvato un
importante ordine del giorno nella riunione del
28 febbraio 2015 contro l’ipotesi di ricorso della
Regione Piemonte al Consiglio di Stato sulla
sentenza 156/2015 che ha confermato come diritti
esigibili (e quindi di competenza della sanità che
ne deve coprire il 50% del costo) le prestazioni
socio-sanitarie domiciliari Lea di «aiuto
infermieristico e assistenza tutelare alla persona»
per anziani malati cronici e/o disabili non
autosufficienti, anche se queste prestazioni sono
svolte da familiari, badanti o assistenti familiari.
B)
Il 29 gennaio 2015 il Capo dell’Ufficio legislativo
del Ministero della salute, Avv. Maurizio
Borgo, ha precisato con la nota n. 705 che
«l’assistenza domiciliare integrata è un servizio
compreso nei Livelli essenziali di assistenza (Lea)
e, dunque, gestito e coordinato direttamente dal
Distretto socio-sanitario delle Aziende sanitarie
locali in collaborazione con i Comuni».
La nota destituisce di
ogni fondamento la posizione del Direttore generale
dell’Assessorato alla sanità della Regione Piemonte,
Fulvio Moirano (nota del 20 febbraio 2015), nella
quale si afferma che le prestazioni socio-sanitarie
domiciliari sono prestazioni extra-Lea, in totale
contraddizione con le sentenze 326/2013 e 154,
156 e 157/2015 del Tar del Piemonte che riconoscono
tali interventi come diritti e prestazioni che
vanno finanziate, come specificato qui di
seguito, dal servizio sanitario nazionale.
Di seguito e in allegato riportiamo l’Ordine del
giorno delle Acli (1) e il Comunicato stampa
relativo alla presa di posizione dell’Ufficio
legislativo del Ministero della salute (2).
(1) Acli Piemonte: Ordine del giorno
«Dalla stampa apprendiamo, con sconcerto, che la
Regione Piemonte intende presentare ricorso contro
le sentenze del Tar del Piemonte n. 154, 156 e
157/2015 che hanno ribadito come le prestazioni
socio-sanitarie domiciliari fornite da
assistenti famigliari e volontariamente da
famigliari e congiunti delle persone colpite
da malattie e/o disabilità invalidante e da
non autosufficienza (prestazioni di aiuto
infermieristico e assistenza tutelare alla
persona), non sono attività assistenziali, di
semplice “badanza” come sostenuto dalla
Regione, ma prestazioni sanitarie che
rientrano nei Livelli essenziali di assistenza
(Lea).
«Le Acli Piemontesi si rendono ben conto delle
ristrettezze di bilancio della Regione e del
necessario risanamento del debito sanitario.
Questo obiettivo non può, però essere raggiunto
a discapito di diritti individuali sanciti dalle
norme e dai quali dipende la salute di migliaia di
piemontesi e delle loro famiglie, che vivono in
condizioni critiche e in molti casi, drammatiche.
Ricordiamo infatti che gli anziani malati
cronici non autosufficienti sono persone spesso
colpite da una pluralità di patologie. Si
tratta di soggetti così gravemente malati da
avvertire non solo continuative sofferenze, ma
da cadere anche nella condizione di non
autosufficienza, e cioè nella totale
dipendenza dagli altri per tutte le funzioni
vitali. Tali malati, la cui gravità ha raggiunto
l'irreversibile stato della non autosufficienza,
necessitano in maniera indifferibile di prestazioni
socio-sanitarie.
«Le soluzioni economiche per garantire i
cittadini e le famiglie si possono, si devono
trovare. Ogni altra via è una fuga dalla propria
responsabilità politica e siamo certi che il
Presidente Chiamparino, gli Assessori Ferrari e
Saitta non potranno accettare un simile epilogo
della vicenda. Pertanto ai Presidenti del
Consiglio e della Giunta della Regione
Piemonte, agli Assessori alla sanità, al bilancio e
alle politiche sociali della stessa Giunta
regionale, le Acli del Piemonte lanciano
l’appello a seguire l’unica ragionevole e
accettabile soluzione della vicenda: la
rinuncia alla presentazione del ricorso,
l’applicazione delle sentenze del Tar del
Piemonte relative alle prestazioni
socio-sanitarie domiciliari ed il superamento, come
disposto dal Consiglio regionale del Piemonte,
delle delibere negative dei diritti delle
persone non autosufficienti riguardanti le
prestazioni socio-sanitarie residenziali».
(2) Comunicato stampa
«IL CAPO DELL’UFFICIO LEGISLATIVO DEL MINISTERO
DELLA SALUTE PRECISA CHE L’ASSISTENZA DOMICILIARE
PER LE PERSONE NON AUTOSUFFICIENTI È UN SERVIZIO
COMPRESO NEI LEA, LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA
SANITARIA E SOCIO-SANITARIA E QUINDI È UN DIRITTO
ESIGIBILE - SMENTITA L’ILLEGITTIMA POSIZIONE DEL
DIRETTORE DELL’ASSESSORATO ALLA SANITÀ DELLA REGIONE
PIEMONTE
«Con riferimento alla comunicazione del 20
febbraio 2015 Prot. n. 3592/A14000 avente per
oggetto “Modalità di gestione delle prestazioni
domiciliari in lungoassistenza a favore di persone
non autosufficienti – anno 2015. Sentenza Tar
Piemonte n. 154/2015 del 14 gennaio 2015” a firma
del Direttore generale dell’Assessorato alla sanità
della Regione Piemonte, Fulvio Moirano, nella quale
afferma che le prestazioni socio-sanitarie
domiciliari sono prestazioni extra-Lea ed esprime
parere favorevole all’impugnazione da parte della
Regione Piemonte della sopra citata sentenza,
alleghiamo
la nota n. 705 del 29 gennaio 2015 del Capo
dell’Ufficio legislativo del Ministero della salute,
Avv. Maurizio Borgo.
«In questa nota viene precisato quanto segue: «Si
rammenta che l’assistenza domiciliare integrata è un
servizio compreso nei Livelli essenziali di
assistenza (Lea) e, dunque, gestito e coordinato
direttamente dal Distretto socio-sanitario delle
Aziende sanitarie locali in collaborazione con i
Comuni». Pertanto risultano destituite di ogni
fondamento le sopra riportate affermazioni del
Direttore generale dell’Assessorato alla sanità
della Regione Piemonte. Le prestazioni Lea di
assistenza domiciliare integrata (v.
allegato) comprendono quelle di «aiuto
infermieristico e assistenza tutelare alla persona»
anche prestate volontariamente da familiari della
persona colpita da malattia e/o disabilità
invalidante e non autosufficienza, o dalla
cosiddetta “badante”, per le quali è previsto dai
Lea che l’Asl con fondi del Servizio sanitario copra
il 50% del costo (e non del 100% come erroneamente
riportato nella succitata comunicazione del
Direttore generale dell’Assessorato alla sanità
della Regione Piemonte)».
Segnalazione (Dgr 10-881/2015 sulle linee guida per
la gestione transitoria del nuovo Isee)
- Egr. Assessori alla Sanità e alle Politiche
sociali
Regione Piemonte
E
p.c.
- Difensore
civico della Regione Piemonte
- Anci Piemonte
- Enti gestori
dei servizi socio-assistenziali del Piemonte
- Organizzazioni
Sindacali del Piemonte
- Associazioni
autismo
- Associazioni di
tutela anziani
- Cpd
- Fish Piemonte
Scriviamo in merito ad
alcune segnalazioni ricevute da parte di cittadini
piemontesi.
Risulterebbe che gli
operatori delle Commissioni Uvg/Uvh abbiano riferito
che, in base alla delibera 10-881/2015, non hanno
diritto alla valutazione le persone non
autosufficienti e/o con disabilità con Isee
superiore a 38mila euro.
Quanto sopra è emerso
altresì nell’incontro del 9 febbraio 2015 con la IV
Commissione del Consiglio regionale del Piemonte,
nonché nell’incontro del 3 marzo u.s. organizzato
dalla Città di Torino.
Trattasi evidentemente
di interpretazioni fuorvianti, poiché la Dgr
10-881/2015 è espressamente indirizzata agli Enti
Gestori dei servizi socio-assistenziali, ed è
finalizzata a stabilire il diritto di accesso alle
prestazioni sociali agevolate all’interno delle
prestazioni socio-sanitarie (Lea), ovvero
all’integrazione alla quota alberghiera.
Si chiede agli Assessori
competenti di invitare i Direttori delle Asl e degli
Enti Gestori del Piemonte a fornire informazioni
corrette, precisando che non si può negare il
diritto all’accesso alle prestazioni Lea e alla
necessaria valutazione Uvg/Uvh.
Infatti, come è noto,
l’utente può avere diritto alla prestazione
socio-sanitaria (cure domiciliari, centro diurno,
Rsa) con quota sanitaria a carico dell’Asl e non
avere diritto invece all’integrazione
socio-assistenziale. Tuttavia, il mancato diritto a
quest’ultima, in base all’Isee, non può escludere il
diritto soggettivo alla prestazione Lea.
Al riguardo si richiama
anche la nota inviata dal Difensore civico della
Regione Piemonte il 20 febbraio 2015 laddove si
afferma che «occorre in ogni caso impedire che la
persona, in quanto tale, venga comunque privata o
menomata nella sua aspettativa legittima del diritto
alle cure, incombendo sugli Enti in indirizzo ogni
responsabilità conseguente».
Con l’occasione si
rinnova al richiesta di prevedere un rappresentante
degli utenti nel gruppo di lavoro, come da nostra
e-mail del 2 febbraio u.s.
Si resta in attesa di un
riscontro.
Cordiali saluti.
Maria Grazia Breda
p. Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i
movimenti di base)
******
IL CAPO DELL’UFFICIO
LEGISLATIVO DEL MINISTERO DELLA SALUTE PRECISA CHE
L’ASSISTENZA DOMICILIARE PER LE PERSONE NON
AUTOSUFFICIENTI È UN SERVIZIO COMPRESO NEI LEA,
LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA SANITARIA E
SOCIO-SANITARIA E QUINDI È UN DIRITTO ESIGIBILE -
SMENTITA L’ILLEGITTIMA POSIZIONE DEL DIRETTORE
DELL’ASSESSORATO ALLA SANITÀ DELLA REGIONE PIEMONTE
C on
riferimento alla comunicazione del 20 febbraio 2015
Prot. n. 3592/A14000 avente per oggetto “Modalità di
gestione delle prestazioni domiciliari in
lungoassistenza a favore di persone non
autosufficienti – anno 2015. Sentenza Tar Piemonte
n. 154/2015 del 14 gennaio 2015” a firma del
Direttore generale dell’Assessorato alla sanità
della Regione Piemonte, Fulvio Moirano, nella quale
afferma che le prestazioni socio-sanitarie
domiciliari sono prestazioni extra-Lea ed esprime
parere favorevole all’impugnazione da parte della
Regione Piemonte della sopra citata sentenza,
alleghiamo
la nota n. 705 del 29 gennaio 2015 del Capo
dell’Ufficio legislativo del Ministero della salute,
Avv. Maurizio Borgo.
In questa nota viene precisato quanto segue: «Si
rammenta che l’assistenza domiciliare integrata è un
servizio compreso nei Livelli essenziali di
assistenza (Lea) e, dunque, gestito e coordinato
direttamente dal Distretto socio-sanitario delle
Aziende sanitarie locali in collaborazione con i
Comuni».
Pertanto risultano destituite di ogni fondamento le
sopra riportate affermazioni del Direttore generale
dell’Assessorato alla sanità della Regione Piemonte.
Le prestazioni Lea di assistenza domiciliare
integrata (v.
allegato)
comprendono quelle di «aiuto infermieristico e
assistenza tutelare alla persona» anche prestate
volontariamente da familiari della persona colpita
da malattia e/o disabilità invalidante e non
autosufficienza, o dalla cosiddetta “badante”, per
le quali è previsto dai Lea che l’Asl con fondi del
Servizio sanitario copra il 50% del costo (e non del
100% come erroneamente riportato nella succitata
comunicazione del Direttore generale
dell’Assessorato alla sanità della Regione
Piemonte).
COMUNICATO STAMPA
GRAVISSIMA INTENZIONE DI RICORSO DELLA REGIONE
PIEMONTE CONTRO
LE SENTENZE DEL TAR CHE CONFERMANO
LE PRESTAZIONI SOCIO-SANITARIE DOMICILIARI
COME DIRITTI
CSA
E FONDAZIONE PROMOZIONE SOCIALE ONLUS: «É
UN’EVENTUALITÀ INACCETTABILE CHE NEGA IL DIRITTO
ALLE PRESTAZIONI SANITARIE E SOCIO-SANITARIE DELLE
PERSONE COLPITE DA MALATTIE E/O DA DISABILITÀ
INVALIDANTE E NON AUTOSUFFICIENZA». POSSIBILI
INVECE CONSISTENTI RISPARMI ECONOMICI NEL SETTORE
SANITARIO
Dalle notizie di stampa di oggi, mercoledì 25
febbraio 2015, veniamo a sapere con sconcerto che la
Regione Piemonte intende presentare ricorso contro
le sentenze del Tar del Piemonte n. 154, 156 e
157/2015 che hanno annullato le illegittime delibere
regionali 25 e 26/2013 e 5/2014, confermando quindi
che le prestazioni socio-sanitarie domiciliari
fornite da badanti e volontariamente da familiari e
congiunti delle persone colpite da malattie e/o
disabilità invalidante e da non autosufficienza
(prestazioni di aiuto infermieristico e assistenza
tutelare alla persona), non sono attività
assistenziali, di semplice “badanza” come sostenuto
dalla Regione, ma sono prestazioni sanitarie che
rientrano nei Livelli essenziali di assistenza
(Lea). Si tratta di diritti che non possono essere
negati, nemmeno col pretesto delle ristrettezze di
bilancio o del risanamento del debito sanitario: per
tali prestazioni le Aziende sanitarie sono tenute
obbligatoriamente a coprire il 50% dei costi.
Qualora la Regione Piemonte presenti ricorso contro
le sentenze del Tar assumerebbe una decisione che
rappresenta un passo inaccettabile di eugenetica
sociale («sotto il profilo etico,
l’eugenetica moderna presuppone un’eliminazione
sistematica, programmata di esseri umani, nella
maggior parte dei casi motivata da ragioni e
pressioni di origine economica (etica
utilitarista)», spiega l’Enciclopedia Treccani),
cioè di negazione delle cure previste dalla leggi
vigenti di persone malatissime, che senza tali
prestazioni sono destinate a morire nel giro di
brevissimo tempo. Sulle stesse basi
teoriche-programmatiche (che i malati non
autosufficienti fossero consumatori non produttivi
di risorse e quindi persone da eliminare) – facciamo
notare – nel secolo scorso il nazismo eliminò
centinaia di migliaia di persone malate (a partire
dai bambini), con handicap gravemente invalidante o
colpite da rilevanti disturbi psichiatrici. Un
orrore da non ripetere.
Ricordiamo infatti che gli anziani malati cronici
non autosufficienti sono persone MALATE spesso
colpite da una pluralità di patologie. Si tratta di
soggetti così gravemente malati da avvertire
non solo continuative sofferenze, ma da cadere anche
nella condizione di non autosufficienza, e cioè
nella totale dipendenza dagli altri per tutte le
funzioni vitali. Tali malati, la cui gravità ha
raggiunto l'irreversibile stato della non
autosufficienza, necessitano in maniera
indifferibile di prestazioni sanitarie.
Per comprendere meglio la situazione di malattia
di un anziano malato cronico non autosufficiente
è forse qui opportuno riportare l’elenco delle
patologie elencate nel certificato medico di uno di
questi malati, preso ad esempio: «Decadimento
cognitivo da morbo di Alzheimer, cardiopatia
ischemica post infartuale, broncopneumopatia cronica
ostruttiva, insufficienza renale cronica,
osteoporosi, anemia da mielodisplasia, ipoacusia
bilaterale, doppia incontinenza, mobilizzato in
carrozzina, non autonomo in scala Adl». È
indubitabile che ci troviamo di fronte ad un
soggetto malato, come lo sono tutti gli anziani
malati cronici non autosufficienti, e non ad un
soggetto genericamente “fragile”.
Detto altrimenti: gli anziani malati cronici non
autosufficienti sono soggetti ultrasessantacinquenni
affetti da una compromissione dell’autosufficienza
dovuta a malattie e loro esiti (ad esempio
vasculopatie, ictus cerebrali con emiplagia,
demenza, sovente associata a gravi disturbi
comportamentali, grave scompenso cardiaco, esiti di
fratture in osteoporosi, ecc...). Si tratta di
patologie che non possono che essere trattate dalla
medicina e non da altri settori. Questa loro
situazione esige una maggiore e continua attenzione
alla condizione di salute di questi infermi sotto il
profilo preventivo, diagnostico e terapeutico in
quanto gli anziani malati cronici non
autosufficienti e i soggetti colpiti da morbo di
Alzheimer o da altri tipi di demenza senile sono
quasi sempre incapaci di fornire informazioni circa
la fenomenologia, l’intensità, la localizzazione e
tutte le altre caratteristiche non solo dei dolori
di cui soffrono, ma anche relative al
soddisfacimento delle loro più elementari esigenze
vitali. Non sono in grado di
provvedere
all’assunzione di medicinali e/o delle necessarie
terapie, alla alimentazione/idratazione, all’igiene,
alla mobilizzazione, ecc... e necessitano perciò
dell’aiuto determinante di altri, in mancanza dei
quali sono destinati ad aggravarsi e morire in
brevissimo tempo. Perciò questi malati sono in
una situazione non solo di urgenza, ma di
assoluta e continua emergenza.
Alle loro condizioni
sono equiparabili le persone non autosufficienti
perché colpite da autismo o disabilità intellettiva
invalidante. Anche loro hanno, in base alle
leggi nazionali vigenti sopra citate, pieno ed
immediato diritto alle prestazioni socio-sanitarie
domiciliari, semi-residenziali e residenziali. Quel
diritto che la Regione Piemonte aveva negato con le
delibere positivamente annullate dal Tar e che oggi
si preparerebbe nuovamente a negare con il ricorso
al Consiglio di Stato.
La sconcertante
intenzione del ricorso va contro lo stesso
Consiglio regionale che il
18 dicembre 2014 con
l’ordine del giorno n.
142
approvato all’unanimità aveva impegnato la Giunta a
«superare in breve tempo le delibere n. 14-5999,
n. 45-4248, n. 85-6287, n. 25-6992, n. 26-6993, n.
5-7035» relative alle prestazioni
socio-sanitarie residenziali e domiciliari ed a «riclassificare
(...) gli interventi domiciliari in lungoassistenza
all’interno degli interventi del Sistema sanitario
piemontese (Lea – Livelli essenziali d’assistenza)».
Tutt’altra strada, come è ovvio, rispetto al
ricorso contro le decisioni del Tar del Piemonte.
Sempre il Consiglio regionale del Piemonte, con
l’ordine
del giorno 1090
approvato all’unanimità il 24 settembre 2013
impegnava la Giunta regionale «ad intervenire
presso il Parlamento e il Governo per chiedere uno
stanziamento aggiuntivo, a favore del Fondo
sanitario nazionale per le prestazioni da fornire
alle persone non autosufficienti e per
l'abbattimento delle liste d'attesa e uno
stanziamento annuale continuativo, per il "Fondo per
le non autosufficienze" (articolo 1, comma 1264
della legge n. 296/2006) da destinare esclusivamente
ai Comuni».
Impegni mai finora onorati dalle Amministrazioni
regionali piemontesi (presente e passata).
Ribadendo che in
nome di nessuna motivazione di carattere economico,
né di rientro dal deficit sanitario, può essere
negato il diritto esigibile alle prestazioni
sanitarie e socio-sanitarie per persone malatissime,
segnaliamo che amplissimi margini di recupero di
risorse economiche sono presenti nel settore
sanitario stesso della Regione Piemonte (come
risulta dalla nota: “ I
soldi ci sono. Rassegna degli sprechi e proposte
operative per il recupero di rilevanti risorse
economiche”,
Prospettive assistenziali n. 188, 2014).
Una situazione
estremamente preoccupante in questo senso è oggi
quella dell’appropriatezza dei percorsi di
deospedalizzazione protetta per gli anziani
malati cronici e le persone colpite da morbo di
Alzheimer o altre forme di demenza senile per le
quali la Regione prevede, in modo assurdo, il
ricorso alle case di cura private con rette a carico
della sanità di 160 euro al giorno. La soluzione
capace di assicurare migliori prestazioni
terapeutiche ai malati ed un consistente risparmio
per la Regione è invece, a nostro avviso, la
riconversione dei posti di letto delle case di cura
in posti di letto Rsa e il ricorso, per la delicata
gestione della deospedalizzazione protetta (un ponte
tra ospedale e territorio per la continuità
terapeutica dei pazienti con dimissioni complicate
sotto il profilo sanitario e socio-sanitario), a
strutture negli stessi ospedali o a poca distanza da
essi gestiti direttamente dall’Asl.
Ai Presidenti del
Consiglio e della Giunta della Regione Piemonte,
agli Assessori alla sanità, al bilancio e alle
politiche sociali della stessa Giunta regionale,
lanciamo l’appello a seguire l’unica ragionevole e
accettabile soluzione della vicenda: la rinuncia
alla presentazione del ricorso, l’applicazione delle
sentenze del Tar del Piemonte relative alle
prestazioni socio-sanitarie domiciliari ed il
superamento, come disposto dal Consiglio regionale
del Piemonte, delle delibere negative dei diritti
delle persone non autosufficienti riguardanti le
prestazioni socio-sanitarie residenziali.
Fondazione Promozione
Sociale
********
Dalla legge regionale 1/2004.
gli Enti gestori
socio-assistenziali devono stanziare
prioritariamente le risorse disponibili per
soddisfare i bisogni delle persone che sono inabili
al lavoro e sprovviste dei mezzi necessari per
vivere e garantire le prestazioni socio-sanitarie e
socio-assistenziali previste dalla legge regionale
1/2004 (articoli 18 e 22) che prevedono:
Art. 18.
(Le prestazioni essenziali)
1. Il sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali
fornisce risposte omogenee sul territorio
finalizzate al raggiungimento dei seguenti
obiettivi:
a) superamento delle carenze del reddito familiare e
contrasto della poverta';
b) mantenimento a domicilio delle persone e sviluppo
della loro autonomia;
c) soddisfacimento delle esigenze di tutela
residenziale e semiresidenziale delle persone non
autonome e non autosufficienti;
d) sostegno e promozione dell'infanzia, della
adolescenza e delle responsabilita' familiari;
e) tutela dei diritti del minore e della donna in
difficolta';
f) piena integrazione dei soggetti disabili;
g) superamento, per quanto di competenza, degli
stati di disagio sociale derivanti da forme di
dipendenza;
h) informazione e consulenza corrette e complete
alle persone e alle famiglie per favorire la
fruizione dei servizi;
i) garanzia di ogni altro intervento qualificato
quale prestazione sociale a rilevanza sanitaria ed
inserito tra i livelli di assistenza, secondo la
legislazione vigente.
2. Le prestazioni e i servizi essenziali per
assicurare risposte adeguate alle finalita' di cui
al comma 1 sono identificabili, tenendo conto anche
delle diverse esigenze delle aree urbane e rurali,
nelle seguenti tipologie:
a) servizio sociale professionale e segretariato
sociale;
b) servizio di assistenza domiciliare territoriale e
di inserimento sociale;
c) servizio di assistenza economica;
d) servizi residenziali e semiresidenziali;
e) servizi per l'affidamento e le adozioni;
f) pronto intervento sociale per le situazioni di
emergenza personali e familiari.
Art. 22.
(Destinatari degli interventi)
1. La Regione identifica nel bisogno il criterio di accesso al
sistema integrato di interventi e servizi sociali e
riconosce a ciascun cittadino il diritto di esigere,
secondo le modalita' previste dall'ente gestore
istituzionale, le prestazioni sociali di livello
essenziale di cui all'articolo 18, previa
valutazione dell'ente medesimo e secondo i criteri
di priorita' di cui al comma 3. Contro l'eventuale
motivato diniego e' esperibile il ricorso per
opposizione allo stesso ente competente per
l'erogazione della prestazione negata.
2. Hanno diritto di fruire delle prestazioni e dei
servizi del sistema integrato regionale di
interventi e servizi sociali i cittadini residenti
nel territorio della Regione Piemonte, i cittadini
di Stati appartenenti all'Unione europea ed i loro
familiari, gli stranieri individuati ai sensi
dell'articolo 41 del decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme
sulla condizione dello straniero), i minori
stranieri non accompagnati, gli stranieri con
permesso di soggiorno per motivi di protezione
sociale, i rifugiati e richiedenti asilo e gli
apolidi.
3. I soggetti in condizioni di povertà o con
limitato reddito o con incapacità totale o parziale
di provvedere alle proprie esigenze per inabilità di
ordine fisico e psichico, con difficolta' di
inserimento nella vita sociale attiva e nel mercato
del lavoro, nonché' i soggetti sottoposti a
provvedimenti dell’autorità giudiziaria che rendono
necessari interventi assistenziali, i minori, specie
se in condizioni di disagio familiare, accedono
prioritariamente ai servizi e alle prestazioni
erogati dal sistema integrato di interventi e
servizi sociali.
Infine
ricordo che per quanto riguarda le risorse
l’articolo 35 della legge 1/2004 prevede quanto
segue:
Art. 35.
(Le risorse finanziarie di parte corrente)
1. Fatti salvi i finanziamenti provenienti dallo Stato vincolati a
specifiche finalita', il sistema integrato degli
interventi e servizi sociali e' finanziato dai
comuni, con il concorso della Regione e degli
utenti, nonche' dal fondo sanitario regionale per le
attivita' integrate socio-sanitarie.
2. I comuni, quali titolari delle funzioni
amministrative relative alla realizzazione delle
attivita' e degli interventi sociali, garantiscono
risorse finanziarie che, affiancandosi alle risorse
messe a disposizione dallo Stato, dalla Regione e
dagli utenti, assicurino il raggiungimento di
livelli di assistenza adeguati ai bisogni espressi
dal proprio territorio. La Giunta regionale, di
concerto con i comuni singoli o associati, individua
una quota capitaria sociale necessaria per
assicurare i livelli essenziali e omogenei delle
prestazioni di cui all'articolo 19.
3. I comuni che partecipano alla gestione associata
dei servizi sono tenuti ad iscrivere nel proprio
bilancio le quote di finanziamento stabilite
dall'organo associativo competente e ad operare i
relativi trasferimenti in termini di cassa alle
scadenze previste dagli enti gestori istituzionali.
4. La Regione concorre al finanziamento del sistema
integrato di interventi e servizi sociali attraverso
proprie specifiche risorse.
5. L'intervento finanziario regionale, con carattere
contributivo rispetto all'intervento primario
comunale, e' finalizzato a sostenere lo sviluppo ed
il consolidamento su tutto il territorio regionale
di una rete di servizi sociali qualitativamente
omogenei e rispondenti alle effettive esigenze delle
comunita' locali.
6. Le risorse annuali regionali di cui al comma 4
sono almeno pari a quelle dell'anno precedente,
incrementate del tasso di inflazione programmato.
7. E' istituito il fondo regionale per la gestione
del sistema integrato degli interventi e servizi
sociali nel quale confluiscono le risorse proprie
della Regione di cui al comma 4, le risorse
indistinte trasferite dallo Stato, le risorse
trasferite dalle province di cui all'articolo 5,
comma 4, nonche' le risorse provenienti da soggetti
pubblici e privati.
8. Il fondo regionale di cui al comma 7 e'
annualmente ripartito tra i comuni singoli o
associati secondo criteri individuati dalla Giunta
regionale, informata la commissione consiliare
competente, sulla base delle indicazioni contenute
nel piano regionale di cui all'articolo 16; parte
dello stesso fondo puo' essere ripartito tra le
province per lo svolgimento delle funzioni e dei
compiti svolti dalle stesse a supporto degli enti
locali interessati e per il funzionamento
dell'ufficio provinciale di pubblica tutela, ai
sensi di quanto previsto dall'articolo 5.
9. In coerenza con la funzione programmatoria ed
organizzativa attribuita alla Regione, le risorse
del fondo di cui al comma 7 sono prioritariamente
destinate alla contribuzione finanziaria delle
gestioni locali conformi, sul piano progettuale,
organizzativo ed operativo, alle indicazioni e agli
obiettivi fissati dalla Regione.
10. I criteri per il riparto del fondo regionale
sono finalizzati a privilegiare gli enti gestori
istituiti entro gli ambiti territoriali ottimali
individuati dalla Regione, ai sensi dell'articolo 8,
prevedendo anche eventuali disincentivi per la
gestione in ambiti territoriali diversi, nonche' i
seguenti enti gestori:
a) enti che assumono la gestione complessiva degli
interventi e servizi sociali di livello essenziale;
b) enti che assicurano i livelli essenziali e
uniformi delle prestazioni spostando l'attenzione
dalla domanda espressa ai bisogni rilevati;
c) enti che favoriscono la diversificazione e la
personalizzazione degli interventi;
d) enti che promuovono la partecipazione effettiva
di tutti i soggetti pubblici e privati e delle
famiglie nella progettazione e nella realizzazione
del sistema;
e) enti che assicurano, in via prioritaria, la
risposta alle esigenze di persone portatrici di
bisogni gravi;
f) enti che realizzano la massima integrazione tra
sanita' e assistenza, nonche' il coordinamento delle
politiche dei servizi sociali con le politiche della
casa, dell'istruzione, della formazione
professionale e del lavoro;
g) enti che garantiscono, attraverso l'attuazione di
forme di controllo direzionale e di analisi costante
delle attivita' in corso di gestione, la
corrispondenza dei risultati effettivamente
conseguiti con gli obiettivi prefissati nella fase
programmatoria, in termini di efficacia ed
efficienza dei servizi e delle prestazioni ed
assicurano un impegno finanziario dei comuni
adeguato a sostenere le spese necessarie per fornire
idonee risposte ai bisogni del territorio.
Per quanto sopra è
indispensabile verificare con cadenza regolare (ogni
15/20 giorni) le delibere approvate dai Consorzi per
evidenziare le spese non obbligatorie che sono fatte
a discapito poi delle risorse necessarie per
rispettare le priorità della legge 1/2004.
A titolo di
esempio uniamo la
segnalazione dell’Associazioni Buoni Amici a
seguito di una prima ricognizione (Allegato).
Le informazioni
assunte sono utili in sede di trattativa anche con i
Comuni. Vanno pertanto raccolte e scritte. Si veda a
titolo di esempio l’articolo “Inchiesta: il falso
alibi delle risorse -
I soldi ci sono. Rassegna degli sprechi e
proposte operative per il recupero di rilevanti
risorse economiche” pubblicato sul n. 188, 2014 di
Prospettive assistenziali.
Spero di avere
altre segnalazioni.
Sentenza del Tar del Lazio sui livelli essenziali
di assistenza.
Anche il Difensore civico della Regione Lazio
interviene, con la nota allegata, a conferma del
“Diritto
ai livelli essenziali di assistenza (prestazioni
residenziali, semiresidenziali e domiciliari) delle
persone con disabilità intellettiva non
autosufficienti”, Ricordiamo che le leggi
vigenti che assicurano come diritto esigibile le
prestazioni socio-sanitarie alle persone con autismo
e limitata o nulla autonomia, con disabilità
intellettiva grave e non autosufficienza sono le
medesime per gli anziani malati cronici non
autosufficienti e per le persone con demenza senile.
La
nota del Difensore civico della Regione Lazio,
inviata al Presidente e
Commissario ad acta per la sanità di tale Regione,
è pertanto estremamente positiva
(e sarebbe a nostro avviso
opportuno che essa possa essere citata e diffusa
nelle Vostre comunicazioni). La nota è stata redatta
in seguito all’allegata nostra comunicazione sul
tema del “dopo di noi” e contro la disinformazione
sui diritti pienamente vigenti delle persone con
disabilità.
Nell’articolo “Soggetti con grave disabilità
intellettiva: esigibilità del diritto alle
prestazioni socio-sanitarie domiciliari,
semiresidenziali e residenziali” (allegato),
pubblicato sul n. 185/2014 della rivista
Prospettive assistenziali sono contenute
anche le indicazioni per ottenere le prestazioni
previste dalle istituzioni competenti.
Ricordiamo nuovamente che la recente
sentenza 156/2015 del Tar del Piemonte (allegato
comunicato stampa) conferma il diritto alle
prestazioni socio-sanitarie domiciliari anche per le
persone con autismo e limitata o nulla autonomia e
con disabilità intellettiva grave e non
autosufficienti (oltre che per gli anziani malati
cronici non autosufficienti e le persone colpite da
demenza senile): la sanità è tenuta
obbligatoriamente a pagare il 50% delle cure
socio-sanitarie a casa («prestazioni di aiuto
infermieristico e assistenza tutelare alla persona»),
anche prestate da familiari o “badanti” o assistenti
familiari.
p. Il Comitato promotore,
La Segreteria
Lazio: progetto Dopo di noi.
Comunicato Stampa del Gruppo Senza Sede sulla
sentenza del TAR relativa alle cure domicialiari.
Il Gruppo senza Sede, accoglie con soddisfazione la
sentenza n. 156/2015 con la quale il Tar Piemonte
ha accolto il ricorso di tante Associazioni di
volontariato aderenti al Csa di Torino
(Coordinamento sanità e assistenza tra i movimenti
di base), contro le delibere della Giunta regionale
Piemonte n. 25 e 26/2013 e 5/2014 . Le delibere
erano state impugnate perché lesive del diritto
esigibile alle prestazioni socio-sanitarie
domiciliari di “aiuto infermieristico ed
assistenza tutelare alla persona” per gli
anziani malati cronici non autosufficienti, per le
persone colpite da morbo di Alzheimer o altre forme
di demenza senile e da disabilità invalidante e non
autosufficienza. Le sopraccitate delibere erano
state approvate dalla giunta Cota con il preciso
scopo di negare alle persone colpite da tali
patologie il diritto esigibile alle cure
domiciliari, sancito dalle disposizioni vigenti :
legge 833/1978 e decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001 “Lea”,
le cui norme sono cogenti in base all’art. 54 della
legge 289/2002 e, confermati dalla sentenza della
Corte costituzionale n. 36/2013. In sostanza,
classificando illegittimamente come “extra Lea” tali
prestazioni domiciliari, garantite attraverso gli
assegni di cura, la Regione Piemonte le aveva negate
come diritti, spostando il loro finanziamento sul
comparto assistenziale, quindi regolato da criteri
di discrezionalità e beneficenza, legato alla
disponibilità di risorse stanziate.
Il Tar invece, ha confermato che “ le
prestazioni fornite da persone prive di un attestato
professionale (e quindi diverse dall’operatore
sanitario: ad esempio, assistente familiare,
badante, familiari medesimi ecc. ), finalizzate ad
assistere il paziente non autosufficiente nei vari
momenti della sua vita domiciliare, sono da
ricondurre ai Livelli essenziali di assistenza
(Lea), con conseguente mantenimento del 50% del loro
costo a carico del Servizio sanitario nazionale”.
La sentenza dice anche che non è lecito negare i
Lea, e quindi anche le prestazioni di aiuto
infermieristico ed assistenza tutelare alla persona,
nemmeno col pretesto delle ristrettezze di bilancio
o del risanamento del debito sanitario.
Sulla scorta della sentenza n. 156/2015 e
dell’ordine del giorno approvato anch’esso
all’unanimità dal Consiglio regionale del Piemonte
n. 142 del 18 dicembre 2014 che chiedeva il
superamento delle delibere annullate, occorre con la
massima urgenza che la Regione chieda le necessarie
risorse al Governo e applichi, per le prestazioni
socio-sanitarie la legge regionale 10/2010. Come
Gruppo senza Sede, crediamo che le motivazioni della
sentenza n. 156/2015 dovrebbero costituire per la
Giunta della Regione Piemonte la base per
l’effettiva promozione delle prestazioni domiciliari
per le persone non autosufficienti, consentendo loro
condizioni di vita migliori e più dignitose
.
Trino gennaio
2015
Associazione culturale Gruppo senza Sede
CURE DOMICILIARI:
IL TAR DEL PIEMONTE DÀ RAGIONE ALLE ASSOCIAZIONI DEL
CSA
E ANNULLA LE NEGATIVE DELIBERE DELLA GIUNTA
REGIONALE N. 25 E 26/2013 E 5/2014
CONFERMATO CHE LE
PRESTAZIONI SOCIO-SANITARIE DOMICILIARI FORNITE DA
BADANTI E VOLONTARIAMENTE DA FAMILIARI DELLE
PERSONE NON AUTOSUFFICIENTI
SONO LIVELLI
ESSENZIALI DI ASSISTENZA (LEA). SI TRATTA DI
DIRITTI CHE NON POSSONO ESSERE NEGATI, NEMMENO COL
PRETESTO DELLE RISTRETTEZZE DI BILANCIO O DEL
RISANAMENTO DEL DEBITO SANITARIO.
Diritto alle cure socio-sanitarie domiciliari per le
persone malate e/o colpite da disabilità invalidante
e non autosufficienza, ottime notizie arrivano dal
Tar del Piemonte. Con la sentenza 156/2015 (allegata),
depositata il 29 gennaio 2015, il Tribunale
amministrativo del Piemonte ha accolto il ricorso
delle associazioni Aps (Associazione promozione
sociale), Ulces (Unione per la lotta contro
l’emarginazione sociale) e Utim (Unione per la
tutela dei disabili intellettivi), aderenti al Csa –
Coordinamento sanità e assistenza tra i movimenti di
base, dell’Angsa Torino (Associazione nazionale
genitori soggetti autistici) e del Gva Acqui (Gruppo
volontariato assistenza handicappati ed emarginati)
contro le delibere della Giunta regionale del
Piemonte n. 25 e 26/2013 e 5/2014, provvedimenti che
sono stati annullati dalla sentenza nelle parti
sostanziali.
Le delibere erano
state impugnate perché lesive del diritto esigibile
alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari di «aiuto
infermieristico ed assistenza tutelare alla persona»
per gli anziani malati cronici non autosufficienti,
per le persone colpite da morbo di Alzheimer o altre
forme di demenza senile e da disabilità invalidante
e non autosufficienza. «Secondo la Regione
resistente – ha osservato il Tar nella sentenza
– le parole “assistenza tutelare alla persona” si
riferirebbero unicamente all’assistenza fornita da
operatori in possesso di una specifica formazione
professionale, quindi da infermieri o da operatori
socio-sanitari: pertanto, la quota a carico del
Servizio sanitario non coprirebbe le prestazioni che
siano rese da operatori non professionali, con
conseguente loro riconduzione negli “extra Lea” e
soppressione delle provvidenze economiche fin qui
garantite (e loro integrale accollo al comparto
assistenziale: utenti e/o Comuni)».
In sostanza,
classificando illegittimamente come “extra lea” tali
prestazioni domiciliari, garantite attraverso gli
assegni di cura, la Regione Piemonte le aveva negate
come diritti, spostando il loro
finanziamento sul comparto assistenziale, quindi
regolato da criteri di discrezionalità e
beneficienza, legato alla disponibilità di risorse
stanziate.
Invece, il Tar ha
confermato che le «prestazioni fornite da persone
prive di un attestato professionale (e quindi
diverse dall’operatore sanitario: ad es., assistente
familiare, badante, familiari medesimi, ecc.),
finalizzate ad assistere il paziente non
autosufficiente nei vari momenti della sua vita
domiciliare» sono «da ricondurre ai Livelli
essenziali di assistenza (Lea), con conseguente
mantenimento del 50% del loro costo a carico del
Servizio sanitario nazionale».
Questa posizione,
da sempre sostenuta dalle associazioni ricorrenti e
riconosciuta pienamente legittima con la sentenza
156/2015, era già stata espressa nella sentenza
326/2013 del Tar del Piemonte (pur assolutamente
negativa sul tema delle contribuzioni economiche
richieste ai parenti) che aveva
confermato il diritto
pienamente e immediatamente esigibile delle persone
con disabilità – e poiché le norme sui Lea sono
identiche, anche per gli anziani malati cronici non
autosufficienti e le persone con demenza senile –
alle prestazioni di «assistenza domiciliare».
La sentenza
156/2015 affronta anche il tema della salvaguardia
dei diritti esigibili, in contrasto con
«le esigenze della finanza pubblica» che non
possono portare a «comprimere il nucleo
irriducibile del diritto alla salute protetto dalla
Costituzione come ambito inviolabile della dignità
umana» e diritto primario e fondamentale ai
sensi dell’articolo 32 della Costituzione.
Osserva il Tar: «Se
davvero l’esecuzione del programma di solidarietà
sancito in Costituzione (e ormai avviato anche dalla
legge che ha previsto i Lea) incontra ostacoli di
natura economico-finanziaria per l’obiettiva carenza
di risorse stanziabili (vieppiù nello scenario di
una Regione sottoposta a piano di rientro dai
disavanzi della spesa sanitaria, come il Piemonte),
il rimedio più immediato non è la violazione dei Lea
ma una diversa allocazione delle risorse
disponibili, che spetta alle singole amministrazioni
(nel caso, alla Regione) predisporre in modo tale da
contemperare i vari interessi costituzionalmente
protetti che demandano realizzazione».
Non è insomma
lecito, né invocando l’indisponibilità di risorse,
né accordi di rientro dal deficit, negare i Lea e
quindi anche «le prestazioni di aiuto
infermieristico ed assistenza tutelare alla persona».
Già con l’ordine
del giorno 1090 approvato all’unanimità dal
Consiglio regionale della Regione Piemonte il 24
settembre 2013 e richiamato costantemente dai
ricorrenti nei loro appelli alla Regione affinché
ritirasse le delibere oggi annullate, s’impegnava
la Giunta regionale a chiedere al Governo uno
stanziamento aggiuntivo a favore del Fondo sanitario
nazionale per le prestazioni da fornire alle
persone non autosufficienti e per
l'abbattimento delle liste d'attesa, e uno
stanziamento annuale continuativo per il Fondo delle
non autosufficienze, da destinare esclusivamente
ai Comuni per la loro funzione integrativa.
Tali richieste – ci risulta – non sono mai
state portate al Governo.
Oggi, sulla scorta
della sentenza n. 156/2015 e dell’ordine del giorno
approvato anch’esso all’unanimità dal Consiglio
regionale del Piemonte n. 142 del 18 dicembre 2014
che chiedeva il superamento delle delibere annullate
(come di quelle sulle prestazioni socio-sanitarie
residenziali, ancora in giudizio al Consiglio di
Stato), occorre con la massima urgenza che la
Regione chieda le necessarie risorse al Governo e
applichi, per le prestazioni socio-sanitarie
domiciliari, la legge regionale 10/2010.
Le motivazioni della sentenza n. 156/2015 dovrebbero
costituire per la Giunta della Regione Piemonte la
base per l’effettiva promozione delle prestazioni
domiciliari per le persone non autosufficienti,
consentendo da un lato a questi nostri concittadini,
colpiti da malattie o disabilità o autismo e da non
autosufficienza, condizioni di vita migliori e più
dignitose e nello stesso tempo realizzando
consistenti riduzioni delle spese regionali (come
previsto anche dalla Petizione popolare nazionale
per il diritto prioritario alle prestazioni
socio-sanitarie domiciliari per le persone non
autosufficienti previste dai Lea, lanciata da un
nutrito Comitato promotore di associazioni guidato
dalla Fondazione promozione sociale onlus, petizione
di cui è in corso la raccolta di adesioni e firme
fino al 31 dicembre 2015 –
per informazioni:
www.fondazionepromozionesociale.it).
Sentenza del Tar.
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