Anno fine 2015: articoli, lettere, volantini, documenti prodotti e divulgati sul tema dell'Assistenza ai malati cronici non autosufficienti.

 

«LA GIUNTA “DI SINISTRA” DELLA REGIONE PIEMONTE HA CHIESTO E OTTENUTO AL CONSIGLIO DI STATO UNA SENTENZA CHE NEGA IL DIRITTO DEGLI ANZIANI MALATI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI ALLE PRESTAZIONI SOCIO-SANITARIE DOMICILIARI.

SUPERATO IL DEFICIT ECONOMICO, LA REGIONE ASSICURERÀ FINALMENTE IL DIRITTO ALLE CURE SOCIO-SANITARIE DOMICILIARI E L’ASSEGNO DI CURA?

    «Ancora una volta il Consiglio di Stato ha pronunciato una sentenza, la n. 5538/2015, che di fatto nega le esigenze vitali degli anziani malati cronici non autosufficienti e quindi anche delle persone colpite dal morbo di Alzheimer o da altre forme di demenza senile: oltre un milione di nostri concittadini.

 

La Regione Piemonte aveva impugnato al Consiglio di Stato l’ottima sentenza 156/2015 del Tar del Piemonte che confermava il diritto esigibile delle prestazioni sociosanitarie domiciliari in modo chiarissimo: «Il dilemma se le prestazioni non professionali debbano essere o meno ricomprese nella generica definizione (prestazioni di «aiuto infermieristico e assistenza tutelare alla persona») del decreto che definisce i Lea non può che essere risolto in senso positivo» e cioè che il decreto stesso si riferisce «alle prestazioni fornite da persone prive di un attestato professionale (e quindi diverse dall’operatore socio-sanitario: ad esempio assistente familiare, badante, familiari medesimi)» il cui costo nella misura del 50% «deve essere posto a carico del Servizio sanitario e non certo accollato al comparto assistenziale». La scelta, politica e non tecnica, della Regione Piemonte, Giunta Chiamparino, è stata quella di fare ricorso contro queste positive affermazioni, cioè di considerarle illegittime. Una posizione inaccettabile e in contrasto con le leggi nazionali!

Il Consiglio di Stato con la sentenza emessa il 7 dicembre 2015 conferma la posizione della Regione Piemonte di considerare fuori dai Lea (Livelli essenziali delle attività socio-sanitarie domiciliari e residenziali) le prestazioni domiciliari di «assistenza tutelare alla persona» prestate da familiari e badanti (e quindi fuori dai diritti esigibili e dall’obbligo di finanziarle con risorse del Servizio sanitario nazionale, tramite il cosiddetto assegno di cura). Rimangono a carico del Servizio sanitario nazionale le prestazioni mediche, infermieristiche e riabilitative (assolutamente insufficienti a livello di presenza domiciliare, come dimostrato qui sotto, a soddisfare le esigenze delle persone anziane malate croniche non autosufficienti e di quelle colpite da demenza senile, autismo o disabilità invalidante grave e limitata o nulla autonomia).

È chiaro che la posizione della Regione è di natura eugenetica, cioè punta ad escludere, e quindi discriminare, dalle cure sanitarie persone che ne hanno bisogno indifferibile, cioè non rinviabile senza che la loro già carente salute venga compromessa, fino alla morte nel giro di brevissimo tempo.

 

Condizione dei malati mistificata. Come aveva già fatto con la sentenza n. 604/2015 il Consiglio di Stato continua a negare la condizione di malati ai soggetti non autosufficienti e quindi impossibilitati a difendersi da sé e assolutamente non in grado di provvedere autonomamente alle loro esigenze vitali.

 

Il Consiglio di Stato non vuole capire che gli anziani malati cronici non autosufficienti sono persone malate, spesso colpite da una pluralità di patologie. In sostanza si tratta di soggetti così gravemente malati da avvertire non solo continuative sofferenze, ma da cadere anche nella condizione di non autosufficienza, e cioè nella totale dipendenza dagli altri per tutte le funzioni vitali. Sono pertanto malati la cui gravità ha raggiunto l'irreversibile stato della non autosufficienza.

Detto altrimenti: gli anziani malati cronici non autosufficienti sono soggetti ultrasessantacinquenni affetti da una compromissione dell’autosufficienza dovuta a malattie e loro esiti (ad esempio vasculopatie, ictus cerebrali con emiplagia, demenza, sovente associata a gravi disturbi comportamentali, grave scompenso cardiaco, esiti di fratture in osteoporosi.). Si tratta di patologie che non possono che essere trattate dalla medicina e non da altri settori. Questi pazienti, sovente, sono affetti da pluripatologie e soggetti a frequenti riacutizzazioni e complicanze. Agli ultrasessantacinquenni non autosufficenti sono assimilabili soggetti di età inferiore colpiti da demenza senile.

In particolare, quindi, sottolineato che la non autosufficienza è la devastante e drammatica conseguenza della gravità della/e patologia/e che colpiscono i malati, è opportuno precisare che questa situazione esige una maggiore e continua attenzione alla condizione di salute di questi infermi sotto il profilo preventivo, diagnostico e terapeutico in quanto gli anziani malati cronici non autosufficienti e i soggetti colpiti da morbo di Alzheimer o da altri tipi di demenza senile sono quasi sempre incapaci di fornire informazioni circa la fenomenologia, l’intensità, la localizzazione e tutte le altre caratteristiche non solo dei dolori di cui soffrono, ma anche relative al soddisfacimento delle loro più elementari esigenze vitali (mangiare, bere, caldo, freddo, ecc.).

La loro condizione di estrema malattia non consente loro di svolgere autonomamente le più elementari funzioni vitali senza l’aiuto determinante di altri, in mancanza dei quali i malati sono destinati ad aggravarsi e morire in brevissimo tempo. Ne consegue che questi infermi sono in una situazione non solo di urgenza, ma di assoluta e continua emergenza.

Per negare la loro condizione di infermi nella sentenza 604/2015 il Consiglio di Stato li definisce ben 38 volte «anziani non autosufficienti» omettendo volutamente l’indiscutibile evidentissima condizione di malati. A sua volta nella sentenza n. 5538/2015 le prestazioni «di assistenza tutelare alla persona» fornite a domicilio dai congiunti o da terze persone agli anziani malati cronici non autosufficienti e alle persone con demenza senile sarebbero «aggiuntive oltre i Lea previsti a livello nazionale, nonché per attività a rilevanza sociale». Assunto che nega l’evidenza dei fatti e cioè che la gran parte di tali prestazioni sono sanitarie a tutti gli effetti, perché dirette alla cura della patologia e alla tutela della salute delle persone.

 

 Insufficienza delle prestazioni domiciliari cosiddette specialistiche. Tenuto conto che a domicilio le presenza di medici e infermieri non supera le 1-2 ore al giorno (casi peraltro rarissimi), nelle restanti 22-23 ore della giornata i parenti della persona non autosufficiente (o persone terze) provvedono alla somministrazione diretta dei farmaci ai malati, alla loro igiene personale, a movimentarli (attività indispensabile per gli allettati al fine di evitare l’anchilosi e le piaghe da decubito), alla individuazione dell’eventuale insorgenza di emergenze sanitarie, alla rilevazione e registrazione dei dati clinici (febbre, pressione, dolori persistenti, difficoltà della respirazione, ecc.) richiesti da medici e infermieri, alle piccole e ripetute medicazioni indicate dai medici e dagli infermieri, alla vigilanza continua delle condizioni di salute dell’infermo anche al fine di accertare le emergenze e di provvedere in merito, alla gestione dei rifiuti sanitari, nonché alle altre attività sanitarie precisate per esempio nella “Raccomandazione per il caso delle cure delle cure domiciliari” elaborate dal collegio Ipasvi (Infermieri professionali, assistenti sanitari e vigilatrici d’infanzia) di Torino. Rientrano anche tra gli interventi la somministrazione di bevande e di cibi, che spesso devono essere forniti mediante imboccamento e/o utilizzando tecniche sanitarie. Com’è ovvio si tratta in tutti i casi citati di attività certamente sanitarie!

 

 Nessun obbligo dei parenti. A fronte di questo, e ricordando che l’articolo 23 della Costituzione stabilisce che «nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge» e che il Parlamento mai ha approvato norme che obblighino i congiunti di un malato a svolgere attività assegnate alla competenza del Servizio sanitario nazionale, osserviamo che la presenza e le prestazioni dei congiunti e dell’eventuale personale assunto a sostegno delle cure domiciliari è la condizione senza la quale questi interventi non possono essere realizzati: dunque le prestazioni svolte da congiunti o terze persone (anche a pagamento) devono rientrare a pieno titolo fra le prestazioni sanitarie, come d’altra parte è sancito dalla legge della Regione Piemonte n. 10/2010 “Servizi domiciliari per persone non autosufficienti”, che riguarda gli anziani malati cronici non autosufficienti, le persone con demenza senile e quelle con disabilità intellettiva o con autismo e limitata o nulla autonomia. Questa legge, pienamente in vigore, comprende l’erogazione di contributi economici «a familiari, finalizzati a rendere economicamente sostenibile l’impegno di cura del proprio congiunto», nonché «ad affidatari e rimborsi spese ai volontari».   Dunque, anche sotto questo aspetto, i parenti di un malato non autosufficiente che volontariamente assumono l’impegnativo compito delle cure domiciliari, hanno il diritto al rimborso delle spese vive sostenute.

 

Risparmi ed utilizzo ottimale delle risorse. D’altra parte, mentre le prestazioni per un anziano malato cronico non autosufficiente ricoverato in Rsa (Residenza sanitaria assistenziale) costano al Servizio sanitario nazionale circa 50 – 60 euro al giorno (150-160 se si tratta di una casa di cura), l’importo del rimborso (forfettario) per le prestazioni domiciliari è inferiore, spesso in misura significativa (anche più di 2 volte e mezza) per le stesse identiche prestazioni. Com’è possibile che il Consiglio di Stato e la Regione Piemonte neghino che si tratta di prestazioni sanitarie? Le stesse prestazioni, solamente prestate in luoghi diversi (a casa, in ospedale, in casa di cura, in Rsa) cambiano natura?      

Carenza delle risorse economiche non dimostrate. Nelle citate sentenze 604 e 5538/2015 il Consiglio di Stato sulla base di dichiarate ma non comprovate carenze economiche, ha aggirato con motivazioni pretestuose le consolidate affermazioni della Corte costituzionale, sentenza 509/2000, secondo cui il diritto alle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie «è garantito ad ogni persona come un diritto costituzionalmente condizionato all’attuazione che il legislatore  ne dà attraverso il bilanciamento dell’interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti (…). Bilanciamento che tra l’altro deve tener conto dei limiti oggettivi che il legislatore incontra in relazione alle risorse organizzative e finanziarie restando salvo, in ogni caso, quel nucleo irriducibile alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana (…), il quale impone di impedire la costituzione di situazioni prive di tutela, che possano appunto pregiudicare l’attuazione di quel diritto».

 

Da un lato il Consiglio di Stato ha preso atto, assolutamente in modo acritico e senza compiere alcuna verifica, delle dichiarazioni della Giunta regionale del Piemonte in merito all’asserita carenza di risorse economiche; d’altro canto il Consiglio ha inserito nella sentenza affermazioni che contrastano nettamente con la carta costituzionale, i cui principi vengono “schiacciati” da pretesti di natura economica.

Come esempi citiamo dalla sentenza 5538 quanto segue:

a) «Il Collegio, pur concordando con le considerazioni espresse dal primo giudice circa il valore del diritto alla salute come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”, ritiene che la questione della natura e delle finalità assistenziali delle prestazioni socio-sanitarie oggetto delle delibere impugnate ha, in definitiva, poco rilievo alla luce dell’attuale quadro normativo che delinea vincoli ineludibili a carico delle Regioni, sottoposte a piani di rientro, in materia di spesa sanitaria».

b) «La sentenza n. 604/2015, di cui si riportano alcuni passaggi decisivi, perviene alla conclusione, alla luce di recentissime pronunce della Corte Costituzionale, che nel bilanciamento di interessi, tutti di pari rango costituzionale, la tutela del diritto alla salute può trovare accoglimento nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, cosicché la limitazione delle risorse impedisce legittimamente di coprire interamente la spesa per prestazioni di carattere socio – sanitario, che pur avendo carattere di essenzialità, siano assicurate ad un livello maggiore rispetto al rimanente territorio nazionale» [non è il caso dell’assegno di cura, poiché nei Lea nazionali le prestazioni di aiuto infermieristico ed assistenza tutelare alla persona sono inserite a pieno titolo. Inoltre non viene precisato se le prestazioni assicurate “a un livello maggiore” sono o meno quelle obbligatorie in base alla legge].           

Le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie per le persone anziane malate croniche non autosufficienti. Nonostante la pessima sentenza 5538/2015 del Consiglio di Stato:   

     
  . è pienamente esigibile, come per tutti i cittadini malati, il diritto degli anziani malati cronici non autosufficienti e delle persone colpite da demenza senile di accedere al Pronto soccorso in qualsiasi momento (data la cronicità delle loro patologie e l’indifferibilità delle prestazioni di cui hanno bisogno). Se si assume questa iniziativa è consigliabile la presenza di un adulto, non parente e non affine, con il compito di testimone;

. è pienamente esigibile il diritto sancito dalla vigente legge 833/1978 alla diagnosi e alla cura di tutte le malattie da parte del Servizio sanitario nazionale «quali che ne siano le cause, la fenomenologia e la durata» (articolo 2 della legge 833/1978). Pertanto è pienamente in vigore il diritto alla continuità terapeutica  e assolutamente efficace (secondo le indicazioni riportate sul sito internet www.fondazionepromozionesociale.it) la lettera di opposizione alle dimissioni e richiesta della continuità terapeutica per tutte le persone anziane malate croniche non autosufficienti e quelle colpite da demenza senile ricoverate in ospedale o casa di cura;

. la sentenza 5538/2015 del Consiglio di Stato nulla ha modificato relativamente alle cure socio-sanitarie domiciliari, nell’ambito dell’Adi e dell’Adp (che non sono indicate da alcuna legge come prestazioni a termine), relativamente alle prestazioni di carattere sanitario prestate da medici, infermieri, operatori socio sanitari (Oss) che continuano ad dover essere assicurate dal Servizio sanitario nazionale;

. per i casi individuali, nel caso le prestazioni assicurate dai congiunti, affidatari, volontari, badanti degli anziani malati cronici non autosufficienti o delle persone con demenza senile, così come delle persone colpite da autismo o da disabilità invalidante grave e non autosufficienza, rimane pienamente legittimo inoltrare istanza all’Asl di residenza per la copertura del 50% di tali prestazioni di «aiuto infermieristico ed assistenza tutelare alla persona» laddove un medico certifichi per iscritto che tali prestazioni sono «indifferibili in relazione al quadro clinico riscontrato e di natura sanitaria e non meramente assistenziale». In caso di mancata risposta o rifiuto della prestazione, come per tutti i diritti esigibili, è possibile rivolgersi al giudice del lavoro e per ottenere l’erogazione della prestazione ed il recupero dei danni patrimoniali subiti.

Occorre tenere anche presente che tutti gli anziani malati cronici non autosufficienti e tutte le persone colpite da demenza senile sono anche soggetti con disabilità. Pertanto nei loro riguardi devono essere rispettate sia le norme della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità delle Nazioni Unite, sia la legge 67/2006 "Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità intellettiva vittima di discriminazioni".

 

La Giunta della Regione Piemonte espliciti al Parlamento e al Governo il vero fabbisogno delle persone non autosufficienti e riconosca il loro stato di malattia/carenza estrema di salute. Alla luce di quanto sopra, osserviamo che la Giunta della Regione Piemonte dovrebbe attivare tutte le iniziative per i seguenti urgentissimi interventi:

. predisporre il regolamento attuativo della legge della Regione Piemonte 10/2010 “Servizi domiciliari per persone non autosufficienti” che riconosca, così come avviene nella suddetta legge, che le prestazioni di «assistenza tutelare» alla persona non autosufficiente prestati da parenti o terze persone sono interventi di natura socio-sanitaria, pienamente rientranti nei Lea;

. richiedere al Parlamento e al Governo, sulla base del reale fabbisogno che tenga in conto le oltre 32 mila persone anziane malate croniche non autosufficienti, colpite da demenza senile,  in illegittima lista d’attesa per le prestazioni socio-sanitarie domiciliari o residenziali, le risorse economiche per assicurare tutti gli interventi socio-sanitari destinati alle persone non autosufficienti;

. riconoscere il concreto diritto alle prestazioni socio-sanitarie, così come stabilito dalla Risoluzione 8-00191 approvata all’unanimità dalla commissione Affari sociali della Camera dei Deputati l’11 luglio 2012 che impegna il Governo ad «assumere le iniziative necessarie per assicurare la corretta attuazione e la concreta esigibilità delle prestazioni sanitarie e delle cure socio-sanitarie, previste dai Lea, alle persone con handicap invaIidanti, agli anziani malati cronici non autosufficienti, ai soggetti colpiti dal morbo di Alzheimer o da altre forme neurodegenerative e di demenza senile e ai pazienti psichiatrici, assicurando loro l’erogazione delle prestazioni domiciliari, semi-residenziali e residenziali ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001, concernente i livelli essenziali di assistenza».

. sollecitare con provvedimenti concreti e comunicazioni scritte gli organi competenti (Ministero della Salute, Ministero delle Politiche sociali, Conferenza Stato Regioni) affinché vengano assunte, anche nell’ambito della stesura dei nuovi Lea, iniziative urgentissime affinché le attività socio-sanitarie domiciliari riguardanti le prestazioni di «aiuto infermieristico ed assistenza tutelare alla persona» siano considerate una parte integrante dei Lea socio-sanitari ed i relativi costi siano a carico del Servizio sanitario nazionale nella misura del 50% dei costi e a carico dei Comuni per la parte eccedente le risorse del malato».

 

Inviamo i seguenti allegati:

e-mail inviata al Presidente della IV Commissione Ravetti (“Gruppo di lavoro - Piattaforma disabilità/autismo”)

         - facsimile aggiornato per la richiesta di prestazioni domiciliari (presente sul sito www.fondazionepromozionesociale.it)

 

Si unisce per opportuna conoscenza:

- la locandina del Convegno diocesano sul tema della disabilità previsto a Torino sabato 5 dicembre p.v.

 - la delibera regionale - di prossima pubblicazione -  finalizzata a regolare gli "inserimenti occupazionali" di tipo assistenziale (non finalizzati ad assunzioni lavorative) e sostenuti con sussidi economici.

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Segnaliamo alla Vostra attenzione che i Comuni di Agliè, Candiolo, Collegno e Grugliasco, Nichelino, None, Settimo Torinese e Vinovo hanno predisposto i volantini informativi di cui alleghiamo copia, sottolineando l’estrema importanza dell’iniziativa che consente ai congiunti delle persone non autosufficienti di conoscere le leggi vigenti e di poter quindi agire per ottenerne l’attuazione.

Alleghiamo anche copia dell’e-mail da  inviata dalla Fondazione Promozione Sociale ai Sindaci dei Comuni del Piemonte con più di 3mila abitanti.

 

Nota “Integrazione rette albergherie per strutture residenziali socio-sanitarie” inviata dall’Utim - Allegato.

INVITO

al seminario informativo/formativo di confronto tra le associazioni di volontariato che operano nel  settore sanitario e socio-sanitario

GIOVEDÌ 26 NOVEMBRE 2015,  DALLE 15,30 ALLE 18,30

c/o Centro Servizi per il Volontariato Vol.To (g.c.)

Via Giolitti 21 – TORINO

 

sul tema

“Anziani malati cronici non autosufficienti, persone colpite da demenza senile

le informazioni utili per i volontari e i familiari”.

Come vedere riconosciuto il loro diritto alle prestazioni socio-sanitarie

Adi, Assegno di cura, Rsa, integrazione retta alberghiera:

cosa sono e come fare per ottenerle

 

 

15,30 Accoglienza partecipanti, introduzione e saluti: Silvio Magliano, presidente Vol.To

15,50 Interventi dei relatori:

Massimo Mao – Geriatra e medico di medicina generale
Mauro Perino – Direttore del Cisap, Consorzio intercomunale dei servizi alla persona dei Comuni di Collegno e Grugliasco;
Coordina i lavori e modera: Andrea Ciattaglia, Associazione promozione sociale.

A seguire sono previste:

-  testimonianze di volontari delle associazioni Alzheimer Piemonte, Avo (Associazione volontari ospedalieri), Asvad Caffè Alzheimer (Associazione solidarietà volontariato a domicilio), Avulss (Associazione per il volontariato nelle unità locali socio-sanitarie), Associazione tutori volontari, Ulces (Unione per la lotta contro l’emarginazione sociale) che si confrontano quotidianamente con utenti che hanno diritto alle prestazioni socio-sanitarie (persone colpite dalla malattia di Alzheimer, anziani malati cronici non autosufficienti...) e ottengono attraverso la richiesta scritta delle prestazioni, le cure sanitarie e socio-sanitarie di cui hanno necessità;

-  domande ai relatori e dibattito.

Importante confermare la propria partecipazione

tel. 011.8124469 – mail a: info@fondazionepromozionesociale.it

 

Temi trattati: 

-          I diritti vigenti alle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie per le persone non autosufficienti, anche alla luce dei provvedimenti negativi inseriti nel Patto per la Salute 2014-2016.

-          Adi, Adp, Assegno di cura, Uvg, Rsa: orientarsi tra sigle e prestazioni a casa o in struttura socio-sanitaria previste per le persone non autosufficienti dalle norme in vigore.

-          I metodi per chiedere ed ottenere dalle Asl e dai Comuni che i diritti delle persone colpite da malattie e/o da disabilità grave e non autosufficienza vengano rispettati e garantiti.

-          Le possibili iniziative comuni per affrontare la situazione di negazione del diritto alle cure che si sta verificando in Piemonte (e in tutta Italia).

 

Non autosufficienti: la situazione oggi  

Le organizzazioni di volontariato che operano nell’area sanitaria e socio-sanitaria si trovano quotidianamente di fronte a situazioni di anziani malati cronici non autosufficienti o persone con demenza senile (malattia di Alzheimer e altri tipi di demenze), malati gravissimi, incapaci di provvedere da soli alle loro minime esigenze vitali e costantemente in pericolo di vita se lasciati senza cure. Molto spesso si tratta proprio di casi che non ricevono le cure sanitarie indifferibili di cui hanno bisogno da parte del Servizio sanitario nazionale.

 

Sono oltre 30mila i cittadini piemontesi inseriti in illegittime “liste di abbandono”, con la conseguenza che tutto il peso della loro cura è scaricato, contro la legge in vigore, sulle famiglie. Questo provoca un impoverimento (anche drastico) di molti nuclei familiari, costretti dalla latitanza delle istituzioni a pagare di tasca propria le cure (spesso non garantendo livelli adeguati di prestazioni ai loro parenti non autosufficienti): a Torino oltre 3mila euro al mese per un ricovero privato, circa 2mila per una badante a casa, con la quale è comunque impossibile coprire le 24 ore giornaliere, 7 giorni su 7, in cui il malato ha necessità indifferibili di interventi. La mancata erogazione di queste prestazioni durante tutto l’arco della malattia della persona è una delle principali cause dell’intasamento ormai endemico dei Pronto soccorso e dei reparti ospedalieri, che sono i punti di accesso al Servizio sanitario nazionale cui le famiglie e i malati si rivolgono quando si vedono sbarrare tutte le altre vie di presa in carico.

 

Diritti e strumenti per ottenere le cure

Questa latitanza delle istituzioni e del Servizio sanitario può essere arginata con semplici strumenti di rivendicazione del diritto alle cure sanitarie e socio-sanitarie. Infatti, il diritto alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari (cure a casa comprensive dell’assegno di cura), residenziali (ricovero in Rsa – Residenza sanitaria assistenziale) o, in alcuni casi, semi-residenziali (frequenza di un centro diurno) è assicurato agli anziani malati cronici non autosufficienti dalle leggi in vigore: l’articolo 32 della Costituzione, la legge 833/1978 istitutiva del Servizio sanitario nazionale, la legge 289/2002 (decreto del presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001 sui Livelli essenziali delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie - Lea), confermate dalla sentenza della Corte costituzionale n. 36/2013.

 

La prova che i diritti esistono e sono riconosciuti in concreto attraverso prestazioni, se chieste in modo corretto, è la lettera di opposizione alle dimissioni e richiesta della continuità terapeutica: tre semplici raccomandate che possono essere inviate dai familiari o congiunti di un anziano malato non autosufficiente ricoverato in ospedale o casa di cura se gli vengono prospettate le dimissioni e che garantiscono sempre la continuità delle cure ed evitano lo “scaricamento” del malato alla famiglia, lasciata sola dall’Asl.

 

Le azioni delle organizzazioni di volontariato

É fondamentale che le associazioni di volontariato che operano nel settore sanitario e socio-sanitario costruiscano una rete solida e competente sui diritti delle persone con l’obiettivo di portare avanti azioni per tutelarli e rivendicarli con efficacia (cioè in modo che chi di dovere assicuri la prestazione). Per fare ciò è indispensabile che le associazioni che operano nel settore socio-sanitario siano informate adeguatamente per poter fornire, alle persone che si rivolgono a loro, indicazioni precise sulle prestazioni a cui hanno diritto, sui modi concreti, a volte semplici, di ottenerle e sui pericoli che gli utenti possono incontrare e che possono essere evitati.

 

         Informiamo che sul sito www.fondazionepromozionesociale.it  sono state pubblicate le relazioni e le presentazioni finora pervenute relative al Convegno del 23 ottobre u.s.

          Con l’occasione si riportano tre contributi in risposta all’intervento del mattino che sollecitava iniziative per chiedere l’aumento della pensione d’invalidità e dell’indennità di accompagnamento, nonché proposte per essere tutelati nel momento in cui non siamo più autosufficienti.- Contrasto Eugenetica - Rischio della non autosufficienza - Lettera aperta incontro 17 marzo -

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            Uniamo il ricorso depositato al Tar del Lazio dalle associazioni Utim e Aps aderenti al Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base) e da altre organizzazioni di volontariato con sede in altre Regioni in merito alle illegittimità del decreto relativo al Fondo per le non autosufficienze (pubblicato in Gazzetta ufficiale del 3 agosto 2015). 

            Tale decreto prevede infatti di utilizzare risorse destinate ai Comuni per prestazioni che sono di competenza e a carico della Sanità secondo la legge (vedi Sla), e introduce discriminazioni (si veda ad esempio la definizione illegittima di "disabilità gravissime").

            SAREBBE MOLTO UTILE E URGENTE CHE LE VOSTRE ORGANIZZAZIONI ED ASSOCIAZIONI PRENDESSERO POSIZIONE CON UN DOCUMENTO A SOSTEGNO DI TALE AZIONE DEL QUALE VI CHIEDIAMO CORTESEMENTE DI INVIARCI COPIA.

            Ricordiamo che ristabilire le giuste competenze tra Sanità ed Enti gestori consente un utilizzo migliore delle risorse economiche e assicura il rispetto dei Lea sanitari e socio-sanitari per le persone colpite da patologie e/o da disabilità invalidanti gravi e non autosufficienza.

 Csa - Coordinamento sanità e assistenza tra i movimenti di base

Ricorso - Allegato

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Comunicato Stampa del Gruppo Senza Sede sul Convegno del 23 ottobre.

Venerdì 23 ottobre 2015, a Torino in Corso Bramante 88, al Centro Congressi “Molinette Incontra”, dalle 9.00 alle 18.00 avrà luogo un convegno rivolto ai rappresentanti delle Istituzioni, agli Amministratori pubblici, ai direttori delle Asl ed enti gestori dei servizi socio assistenziali, ai medici di medicina generale e specialisti, agli infermieri, agli assistenti sociali, agli operatori socio sanitari delle strutture pubbliche e private, ai gestori privati delle strutture diurne e residenziali, alle organizzazioni sindacali, alle associazioni di tutela dei malati, di promozione sociale e di volontariato, ai familiari dei malati non autosufficienti ed alle persone interessate a vario titolo.

Il convegno si propone di evidenziare le esigenze indifferibili di cure sanitarie e socio sanitarie degli anziani non autosufficienti, e che al di là delle sentenze contraddittorie, rimangono un problema che l'Amministrazione regionale deve affrontare senza eludere le norme. La sentenza 604/2015 non ha infatti annullato i diritti esigibili sanciti dalla legge833/1978 e dalle norme vigenti sui Lea.  Cure talmente urgenti da non poter essere rinviate, che vanno  assicurate in tempo reale, oltre alla diagnosi immediata (come per tutti gli altri malati) occorre individuare subito le terapie per lenire il dolore e le altre prestazioni socio sanitarie altrettanto fondamentali per la sopravvivenza. Non siamo in presenza di “nonni” a cui fare compagnia o a cui basta cucinare i pasti, ma di persone che vanno seguite 24 ore su 24 perché sovente sono doppiamente incontinenti, con catetere, da mobilizzare o imboccare, da seguire nell'assunzione delle terapie e che vanno costantemente monitorati sul piano sanitario. I 32mila cittadini piemontesi non autosufficienti in lista d’attesa da anni, non sono stati eliminati con la sentenza; le difficoltà che incontrano i familiari, compresi i problemi economici, non sono stati risolti. Le 13mila famiglie che percepiscono l’assegno di cura continuano a stare con il fiato sospeso, perché da novembre almeno 12mila potrebbero perderlo se la Giunta non modifica la delibera sulle cure domiciliari. Lo Stato ha inteso tutelare queste persone non solo attraverso il diritto a ricevere cure da parte del Servizio sanitario nazionale in ospedale o nelle strutture sanitarie convenzionate di riabilitazione e lungodegenza, ma assicurando altresì i Livelli essenziali delle prestazioni socio sanitarie, cure domiciliari, centri diurni, ricoveri in Rsa, che richiedono una presa in carico tempestiva dell'anziano malato cronico non autosufficiente. Già  in ospedale si dovrebbe attivare il percorso di continuità terapeutica per indirizzare il paziente nei luoghi di cura più appropriati, con priorità al rientro al suo domicilio , se ciò è praticabile a seguito della volontaria disponibilità dei familiari e/o di terze persone e dell'assenza di controindicazioni sulla loro idoneità. Per questo, nel corso della tavola rotonda  che sarà prevista nel corso del pomeriggio con l’aiuto dei relatori e dei partecipanti, si cercherà  di ristabilire i punti di riferimento per continuare a difendere il diritto alle cure sanitarie e socio-sanitarie che, un domani, può riguardare noi stessi o un nostro familiare. Il convegno serve anche per essere informati, come cittadini, su che cosa possiamo/dobbiamo chiedere se siamo ricoverati in ospedale e diventiamo non autosufficienti e come fare per ottenere le prestazioni a cui abbiamo diritto.

 

 

Trino, ottobre 2015                                          Associazione culturale  "Gruppo senza Sede"

 

 

VENERDI’ 23 OTTOBRE 2015

TORINO (Corso Bramante, 88)

Aula “Molinette incontra”

Ore 8,30-13,30 / 14,30-18,00

Invito al convegno

Programma

 

ANZIANI MALATI NON AUTOSUFFICIENTI e/o CON DEMENZA.

il diritto alle cure e la riorganizzazione delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie intra ed extra ospedaliere

 

Sono 32 mila gli anziani non autosufficienti piemontesi privi delle cure indispensabili a cui hanno diritto, spesso in attesa da anni; si stima che siano 200 mila in tutta Italia.

Può capitare a ciascuno di noi di trovarsi nella situazione di Francesco
Francesco ha 48 anni due figli e il papà di 79 anni che, due mesi fa ,è stato colpito da un ictus che l’ha reso infermo e non autosufficiente. Due settimane dopo il ricovero in ospedale i medici l’hanno trasferito in una casa di cura e di riabilitazione … Francesco: “Mi hanno comunicato che a fine settimana lo dimetteranno dalla struttura e di iniziare a cercargli un ricovero privato … si tratta di una spesa di 3 mila euro al mese! Io non posso accudire mio papà, non sono in grado di occuparmene e non posso permettermi di pagare un’assistenza privata  né a casa, né in struttura. Che cosa posso fare?”.

Il Convegno affronterà il tema del diritto alle prestazioni sanitarie e socio sanitarie degli anziani malati cronici non autosufficienti, con particolare attenzione ai percorsi di continuità terapeutica che devono essere assicurati loro in base alle leggi vigenti.

Al riguardo saranno fornite ai partecipanti informazioni utili in caso di ricovero ospedaliero di un anziano malato e non autosufficiente per ottenere cure domiciliari e imagesCANXN39Aricoveri in Rsa senza entrare in lista d’attesa.

Il tema sarà sviluppato in particolare dai relatori della tavola rotonda del pomeriggio, che avanzeranno proposte per  lo sviluppo di percorsi finalizzati all’eliminazione delle attuali liste d’attesa illegittime e con tempi infiniti.

Vedere l’allegato programma integrale

   Confidiamo nella Vostra partecipazione e nella diffusione dell’iniziativa alle persone interessate: operatori della sanità e del sociale, amministratori pubblici, associazioni di volontariato, organizzazioni sindacali, cittadini e familiari di anziani malati e non autosufficienti.

LA PARTECIPAZIONE E’ GRATUITA, MA E’ INDISPENSABILE ISCRIVERSI:
inviare mail a info@fondazionepromozionesociale.it – tel. 011 812 44 69

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Atti aziendali e rispetto dei diritti.

- Egr. Assessore alla sanità della Regione Piemonte

- Egr. Presidente del Consiglio regionale del Piemonte

- Egr. Presidenti e Consiglieri IV Commissione Consiglio regionale del Piemonte

- Egr. Direttori Generale Asl del Piemonte

- Egr. Federsanità Anci, nazionale e regionale Piemonte

- Egr. Assessori alle politiche sociali di Torino e Novara

- Egr. Presidenti Enti gestori delle funzioni socio-assistenziali

- Egr. Presidente Ordine provinciale dei Medici chirurghi e degli odontoiatri di Torino

- Egr. Presidente Age (Associazione geriatri extra-ospedalieri) Piemonte – Valle d’Aosta

- Egr. Presidente Sigg (Società italiana di gerontologia e geriatria) Piemonte - Valle d'Aosta

- Egr. Presidente Sigot (Società italiana di geriatria ospedale e territorio)

- Egr. Presidente Simeu (Società italiana di medicina di emergenza urgenza) Piemonte - Valle d'Aosta

- Egr. Presidente Siommms (Società italiana dell’osteoporosi, del metabolismo minerale e delle malattie dello scheletro)

- Organizzazioni sindacali del Piemonte

- Associazioni di tutela dei malati anziani e non autosufficienti del Piemonte

 Oggetto: ATTI AZIENDALI, RISPETTO DEL DIRITTO ALLE CURE SANITARIE DEI MALATI NON AUTOSUFFICIENTI ANZIANI, MANTENIMENTO DEI SERVIZI E DELLE PRESTAZIONI SANITARIE E SOCIO-SANITARIE A CUI HANNO DIRITTO

             Con lettera del 22 settembre u.s. la UIL-Fpl dell’Asl T01 segnalava – tra l’altro – che l’atto aziendale «priva il distretto di funzioni strategiche proprie (…). Inoltre, si evidenzia l’esternalizzazione di parte della produzione diretta tra le quali le cure palliative che, come è noto, è un servizio importantissimo per assicurare il mantenimento al domicilio di un malato non autosufficiente, molto spesso anziano. Non si comprende l’esternalizzazione, tenuto conto che sarebbe indispensabile che il servizio fosse invece strettamente collegato e integrato con gli altri, in primo luogo l’ospedale di territorio».

            Condividiamo le riserve avanzate dal Sindacato succitato e, con la presente, chiediamo all’Assessorato alla sanità della Regione Piemonte – che ha la titolarità della programmazione – rassicurazioni circa la garanzia dell’Amministrazione regionale di voler mantenere (e se necessario potenziare) in tutte le Asl piemontesi (oltre che nell’Asl TO1), le strutture geriatriche ed i servizi preposti per le cure e l’erogazione delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie necessarie a soddisfare – in base al reale fabbisogno – le esigenze della popolazione anziana malata non autosufficiente e/o con demenza, e cioè: reparti ospedalieri geriatrici direttamente collegati con i servizi di de-ospedalizzazione protetta, i posti Cavs, cure palliative, i servizi geriatrici territoriali, Nocc e Ndcc, prestazioni domiciliari, centri diurni, ricoveri in Rsa.

            La proposta del Direttore generale del’Asl TO1 di sopprimere la struttura geriatrica e l’esternalizzazione delle cure palliative, sono segnali inquietanti in quanto confermerebbero (se approvati dalla Giunta regionale) il ritiro della competenza sanitaria dagli interventi per i malati anziani non autosufficienti, in linea con il documento predisposto per “Il Patto per il sociale”, che assurdamente sposta le cure socio-sanitarie previste dai Lea solo in capo al settore assistenziale, materia che, al contrario, deve essere gestita e programmata in ambito sanitario, nel rispetto delle norme vigenti.

            Nella stessa ottica si pone il ricorso al Consiglio di Stato, presentato dalla Giunta Chiamparino, per chiedere l’annullamento della sentenza 156/2015 del Tar del Piemonte, in relazioni alle prestazioni domiciliari e al diritto al contributo del Servizio sanitario nazionale per il  costo delle prestazioni di assistenza tutelare alla persona e/o di aiuto infermieristico se assicurate da un familiare o da una persona di sua fiducia per il mantenimento al domicilio di un malato non autosufficiente.

            Auspichiamo che anche gli enti e le Organizzazioni in indirizzo si adoperino presso l’Assessorato alla sanità della Regione Piemonte per chiedere rassicurazioni in merito agli atti aziendali e, nel contempo, sollecitare il  rispetto dell’Ordine del giorno 142/2014 approvato all’unanimità dal Consiglio regionale del Piemonte che impegna la Giunta a «superare in breve tempo le delibere n. 14-5999, n. 45-4248, n. 85-6287, n. 25-6992, n. 26-6993, n. 5-7035 ridefinendo le linee d'indirizzo sull'assistenza residenziale per anziani non autosufficienti a farsi promotrice presso il Governo nazionale al fine di riclassificare nel Patto per la Salute gli interventi domiciliari in lungoassistenza all’interno degli interventi del Sistema Sanitario Piemontese (Lea – Livelli essenziali d’assistenza)».

 Cordiali saluti

p. Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base)

p. Fondazione promozione sociale onlus

Maria Grazia Breda

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Segnalo, in particolare, alla Vostra attenzione nell’ambito della rassegna “diritti umani”, promossa dal Consiglio regionale del Piemonte, la proiezione del film:  
“GABRIELLE”

MARTEDI’ 6 OTTOBRE 2015, ore 20,00

CINEMA ROMANO, p.za Castello (galleria Subalpina) - Torino

          Il film racconta una positiva esperienza di adulti con disabilità intellettiva, problemi di salute e/o altre minorazioni associate, che vivono in una comunità alloggio di tipo familiare.  Durante il giorno sono inseriti in attività varie:  ricreative in un centro diurno, sportive in centri aperti a tutti, lavorative in normali aziende, in base alle loro autonomie limitate. Con leggerezza il regista si sofferma anche sulle  aspirazioni dei due protagonisti ad avere una vita di coppia da “adulti”. 

            Con preghiera di divulgazione a familiari, operatori dei servizi socio-sanitari, centri diurni, associazioni,… Grazie.            Invito / Trame / Locandina

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Inoltriamo per opportuna conoscenza l’ottimo documento predisposto dal Coordinamento degli Enti gestori delle funzioni socio-assistenziali piemontesi (che comprende il Comune di Torino) in relazione alla bozza del “Patto per il sociale della Regione Piemonte 2015-2017”.

Consigliamo la lettura per comprendere gli aspetti normativi e le gravi conseguenze che vi sarebbero per gli utenti, già evidenzia.

Una importante sentenza sulle contribuzioni economiche!!

Si inoltra una recente e importante sentenza della Corte di cassazione relativa alla corretta applicazione degli scorsi decreti legislativi 109/1998 e 130/2000 (in sostanza il vecchio Isee).

La sentenza conferma che nel caso di prestazioni socio-sanitarie (centri diurni, strutture residenziali, …)  erogate a favore di soggetti con handicap grave oppure ultra65enni non autosufficienti, occorreva prendere in considerazione la situazione economica del solo assistito.

 

NUOVI LEA, LIVELLI ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI SOCIO-SANITARIE – Osservazioni

Abbiamo inviato ai destinatari della mail più sotto riportata, l'allegata nota di osservazioni in merito alla bozza dei nuovi Lea, Livelli essenziali delle prestazioni  sanitarie e socio-sanitari. Sarebbe a nostro avviso opportuno che le Associazioni ed Organizzazioni, che ne condividono i contenuti,  inviino anche loro alle Autorità indicate i contenuti della nota.

Cordiali saluti.

 La segreteria del Comitato promotore

 E-mail inviata il  4 settembre 2015:

- Egr. Ministro della salute, Beatrice Lorenzin,

- Egr. Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti

- Egr. On. Presidente e Componenti della commissione igiene e sanità del Senato;

- Egr. On. Presidente e Componenti della commissione affari sociali della Camera dei Deputati,

- Egr. Presidente e componenti della Conferenza Stato-Regioni;

- Egr. Assessori alla Sanità delle Regioni e Provincie autonome di Trento e Bolzano;

- Egr. Silvia Arcà, Direzione Generale della Programmazione Sanitaria - Ministero della Salute

 Oggetto: NOTA SULLA BOZZA DEI NUOVI LEA, LIVELLI ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI SANITARIE E SOCIO-SANITARIE

 Come Fondazione promozione sociale onlus e Csa - Coordinamento sanità e assistenza tra i movimenti di base, che dagli anni Settanta operano per la promozione e la tutela dei diritti delle persone non autosufficienti incapaci di difendersi da sé (persone con disabilità grave e/o autismo e limitata o nulla autonomia, anziani malati cronici non autosufficienti e persone colpite da demenza senile), uniamo al presente messaggio le nostre osservazioni sulla allegata bozza dei nuovi Lea, Livelli essenziali delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie.

 Grati della Vostra attenzione e di eventuali, graditi, riscontri porgiamo in nostri più cordiali saluti.

 Fondazione promozione sociale onlus e Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base)

Lettera/appello a Papa Francesco, sottoscritta anche dal Gruppo Senza Sede

Il Gruppo senza Sede  di Trino è tra i numerosi firmatari di un appello rivolto al Papa, proposto dal Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base e dalla Fondazione Promozione sociale di Torino, per la tutela dei diritti e delle prestazioni sanitarie per gli anziani malati cronici non autosufficienti e per chi è colpito da demenza senile.

I punti essenziali riguardano la richiesta del Suo autorevole intervento per la promozione dell'inclusione sociale contro la discriminazione e la negazione dei diritti e della dignità, quando vengono negate le cure sanitarie e socio-sanitarie previste dalle leggi vigenti. Si evidenzia in particolare la mancanza di informazioni edeguate ed azioni conseguenti da parte delle Istituzioni in merito ai diritti esigibili sanciti dalle leggi approvate dal Parlamento italiano nel corso di oltre mezzo secolo, nonostante le quali è ancora radicata la convinzione che l'inguaribilità sia sinonimo di incurabilità, cioè proprio i più gravi tra i malati siano considerati come scarti, vite non più degne di ricevere prestazioni ed attenzioni terapeutiche. Nella lettera viene spiegato come esista la possibilità di rivendicare il diritto alle cure inviando alcune semplici lettere raccomandate, con le quali si richiama il Servizio sanitario nazionale ai suoi doveri e si evita lo "scaricamento" illegittimo sulle spalle delle famiglie che devono pagare costi proibitivi per l'assistenza, precipitando in condizioni di povertà. Il conflitto non è tra giovani su cui le famiglie vorrebbero investire per il futuro ed anziani che "costano", bensì tra il diritto stabilito dalle leggi e la negazione di quel diritto, che si abbatte come un'ulteriore disgrazia sui nuclei familiari che hanno dei congiunti colpiti da malattie gravissime. Al Santo Padre si rammentano le parole del Concilio Vaticano II, Apostolicam Actuositatem (1965) :"Siano anzitutto adempiuti gli obblighi di giustizia, perchè non avvenga che offra come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia", perchè il problema interessa in tutto il Paese circa un milione di persone considerate spesso inutili alla società dei consumi, ed a Lui si chiede di mediare affinchè cessi la mancanza di rispetto delle leggi vigenti, la scarsa o nulla informazione da parte delle Istituzioni, la discriminazione rispetto a soggetti deboli con gravi disabilità fisiche ed intellettive.  La Sua voce giunga anche alla Caritas italiana ed ai Direttori diocesani per la pastorale della salute, perchè presso le loro valide ed attive strutture diffondano notizie e strumenti (come quelli della lettera di rifiuto delle dimissioni dagli ospedali e richiesta della continuità terapeutica), per arrivare finalmente ad un decisivo e profondissimo cambio culturale nella società italiana.

Il testo integrale della lettera al Papa è pubblicato sui siti www.grupposenzasede.it e, www.fondazionepromozionesociale.it.

Trino, settembre 2015

Articolo del giornale La Gazzetta relativo alla lettera inviata al Papa.

 

-  AUTISMO: GLI ASPETTI NEGATIVI E LESIVI DEI DIRITTI VIGENTI DEL TESTO DI LEGGE: QUALI STRUMENTI PER CONTRASTARLO E ANDARE OLTRE LE “FREGATURE” DEL PROVVEDIMENTO


Inviamo la seguente nota sul negativo testo di legge sull’autismo approvato dal Senato e inviato al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Invitiamo tutte le organizzazioni ed associazioni a mobilitarsi affinché tale testo non venga firmato dal Presidente della Repubblica, il quale potrebbe opportunamente segnalare alle Camere i sottoelencati elementi negativi della legge, che subordinerebbe i Livelli essenziali delle prestazioni alle risorse economiche stanziate dalle istituzioni.

 

In merito al testo definitivo approvato dal Senato sulle “Disposizioni in materia di diagnosi, cura, abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie”, questo Csa, Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, che opera ininterrottamente dal 1970 a tutela delle esigenze e dei diritti delle persone colpite da patologie e/o  da disabilità invalidanti con limitata o nulla autonomia, rileva che il testo in oggetto è una deplorevole beffa che tradisce le giuste attese delle persone interessate, dei loro nuclei familiari e delle relative organizzazioni sociali di tutela per i seguenti motivi:

1. le leggi vigenti (n. 833/1978 e articolo 54 della legge 289/2002 sui Lea, Livelli essenziali) assicurano il pieno e immediato diritto alle prestazioni  domiciliari, semiresidenziali e residenziali a condizione che il soggetto interessato o colui che lo rappresenta (tutore o amministratore di sostegno) [1] abbia presentato al Direttore generale dell’Asl [2], competente in base alla residenza dello stesso soggetto, una idonea richiesta scritta. Al riguardo si ricorda che l’articolo 2 della legge 833/1978 stabilisce che il Servizio sanitario nazionale deve assicurare «la diagnosi e la cura degli eventi morbosi quali che ne siano le cause, la fenomenologia e la durata». Inoltre ai sensi dell’articolo 1 della stessa legge 833/1978, il Servizio sanitario nazionale deve operare  «senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l'eguaglianza dei cittadini nei confronti del Servizio».

Si segnala altresì che la Corte costituzionale ha precisato che «l’attività sanitaria e socio-sanitaria a favore di anziani non autosufficienti [identiche sono le norme concernenti le persone disabili non autosufficienti, n.d.r.] è elencata tra i livelli essenziali di assistenza sanitaria dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001». Nella stessa sentenza la Corte costituzionale ha definito non autosufficienti le «persone anziane o disabili che non possono provvedere alla cura della propria persona e mantenere una normale vita di relazione senza l’aiuto determinante di altri»;

2. a conferma dell’effettiva esigibilità delle norme delle citate leggi 833/1978 e 289/2002 si ricorda che, come è precisato nella sentenza della Corte costituzionale n. 509/2000, «il diritto a trattamenti sanitari per la tutela della salute è garantito ad ogni persona come un diritto costituzionalmente condizionato all'attuazione che il legislatore ne dà attraverso il bilanciamento dell'interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti. Bilanciamento che, tra l'altro, deve tenere conto dei limiti oggettivi che il legislatore incontra in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone, restando salvo, in ogni caso, quel "nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana"» [3];

3. l’articolo 6 del testo approvato dal Parlamento (incontestabile fregatura) stabilisce invece quanto segue: «Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate alla relativa attuazione vi provvedono con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente». Quindi nemmeno un nuovo operatore assunto o un euro in più verranno destinati per contributi ai familiari delle persone con autismo, affidamenti e tutte le altre prestazioni;

4. seconda solenne fregatura è contenuta nell’articolo 3 che fa riferimento al «Patto per la salute 2014-2016» le cui norme stabiliscono che le prestazioni dell’area socio-sanitaria «sono effettuate nei limiti delle risorse previste» e che «le Regioni disciplinano i principi e gli strumenti per l’integrazione dei servizi e delle attività sanitarie, socio-sanitarie e sociali, particolarmente per le aree della non autosufficienza, della disabilità, della salute mentale adulta e dell’età evolutiva, dell’assistenza ai minori e delle dipendenze e forniscono indicazioni alle Asl ed agli altri enti del Sistema sanitario regionale per l’erogazione congiunta degli interventi nei limiti delle risorse programmate per il Servizio sanitario regionale e per il Sistema dei servizi sociali per le rispettive competenze». Quindi, nel momento in cui la famiglia chiederà in base alla nuova legge sull’autismo una prestazione sanitaria o socio-sanitaria (che potrebbe per esempio prevedere l’assunzione di un educatore, la formazione di un neuropsichiatra, la frequenza di un centro diurno o il ricovero in comunità in base ai Lea) Asl e Comuni potranno trincerarsi dietro l’articolo 6 del testo di legge e dichiarare che non possono aumentare gli oneri della finanza pubblica, oppure, anche nel caso di richiesta di una prestazione socio-sanitaria senza maggiori oneri rispetto a quelli “storici”, le istituzioni potrebbero motivare il loro rifiuto con il riferimento al “Patto per la salute 2014-2016” e sostenere che non hanno abbastanza risorse disponibili. In sostanza potrebbero sostenere nei confronti delle associazioni che hanno fatto pressione per l’ottenimento di un tale testo di legge  “L’avete voluto voi…, adesso lo contestate?”.

5. Al fine di evitare, a fronte di fatiche e speranze, dei buchi nell’acqua, riteniamo necessario che il testo del Parlamento, se verrà purtroppo firmato dal Presidente della Repubblica, debba essere messo da parte da coloro – persone e organizzazioni – che intendono tutelare effettivamente le esigenze ed i diritti delle persone con autismo. A nostro avviso i riferimenti giuridici da assumere sono la legge 833/1978 e le vigenti norme sui Lea ed occorre porre – se del caso – la questione del diritto delle persone con autismo a non essere discriminate dalle altre persone con disabilità grave, per quanto concerne le prestazioni domiciliari, semiresidenziali e residenziali, com’è stabilito dall’articolo 3 della Costituzione, dal sopracitato articolo 1 della legge 833/1978, dalla Convenzione dell’Unione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata dall’Italia con la legge 848/1955, nonché dalla Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione approvata a New York il 7 marzo 1966, ratificata dal nostro Paese con  la legge n. 654/1975.

Mentre compete alle associazioni di tutela ricorrere contro i decreti ministeriali e le delibere delle Regioni e dei Comuni, le persone interessate possono rivolgersi al Giudice del lavoro, se del caso sostenendo – altra ironia del caso – l’anticostituzionalità delle norme del testo in esame contrastanti con la legge 833/1978 ed i Lea.

 

“Dopo di noi”, l’altro inganno del Parlamento

Ancora più ingannevole di quello relativo all’autismo è il testo predisposto prima delle ferie estive della Commissione affari sociali della Camera dei Deputati (inviato per parere a varie Commissioni parlamentari) in merito al “dopo di noi” (testo unificato delle proposte di legge n. 698, 1352, 2205, 2456, 2578 e 2682). Al riguardo segnaliamo che il testo ignora e di fatto nega il vigente diritto alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari, semi-residenziali e residenziali non solo per i soggetti con autismo ma anche a coloro con disabilità intellettiva e limitata o nulla autonomia. A causa della devastante gravità del sopra citato testo il Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base) e la Fondazione promozione sociale onlus hanno scritto al Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, chiedendo un suo urgente e puntuale intervento in merito: «L’omissione delle proposte di legge (assolutamente voluta e consapevole da parte dei Parlamentari presentatori e sottoscrittori delle proposte di legge, ai quali è stata più volte comunicata con messaggi scritti la gravissima assenza dei Lea dai testi delle proposte stesse) genera in noi la fortissima preoccupazione che tali atti possano generare iniziative clientelari e di corruzione. Laddove, infatti, non sono affermate la legalità e la giustizia, prende il sopravvento in modo indiscriminato la forza del forte contro il debole. Che pensare, allora, di proposte di legge che negano la legge esistente (in base alla quale centinaia di migliaia di persone con disabilità e limitata o nulla autonomia, ma anche anziani malati cronici non autosufficienti, persone con demenza senile... hanno ottenuto le cure socio-sanitarie domiciliari, semi-residenziali e residenziali) e stanziano a favore di soggetti privati milioni di euro che dovrebbero essere destinati ad Asl e Comuni per le prestazioni che sono chiamati a svolgere dalla legge? Le recenti inchieste nazionali in materia di corruzione hanno confermato che, quando manca il riferimento alla legge e ai diritti vigenti, l'ambito della gestione di servizi diventa terreno fertile per iniziative illegali a danno degli utenti e della collettività (…). Siamo seriamente allarmati dalla concreta possibilità di un illegittimo utilizzo clientelare delle risorse stanziate dalle proposte di legge e di un possibile esito tendenzialmente monopolistico dei privati su tutto il settore della disabilità intellettiva e dell’autismo».

 www.fondazionepromozionesociale.it

 

[1] In base alle leggi vigenti tutte le persone maggiorenni impossibilitate a provvedere ai loro interessi, non sono giuridicamente rappresentate dai loro genitori, dai figli, dal coniuge e da qualsiasi altro parente, ma esclusivamente da tutori o da amministratori di sostegno, previo intervento dell’Autorità giudiziaria. Cfr. il sito www.tutori.it.

[2] La legge 833/1978 non assegna alcun compito operativo ai Comuni; le funzioni affidate dai Lea ai Comuni sono assolutamente marginali e riguardano soprattutto le integrazioni economiche.

[3] Si vedano anche le sentenze della stessa Corte costituzionale citate in quella sopracitata: n. 247/1992, 267/1988, 218 e 304/1994 e 309/1999.

Testo del ricorso presentato dall’Associazione promozione sociale  e dall’Utim, Unione per la tutela delle persone con disabilità intellettiva, contro la delibera della Giunta regionale del Piemonte n. 18/2015.

 

In relazione alla questione dell’ educatore sanitario, pubblichiamo:

- il Commento di Giovanni Merlo, segnalato da Marisa Faloppa del Comitato per l’integrazione scolastica

- la risposta a Marisa Faloppa.

DUE IMPORTANTI ORDINI DEL GIORNO

Due importanti ordini del giorno sono stati approvati recentemente dal Comune di Torino e dal Consiglio dell'Ordine dei Medici di Torino e Provincia su questioni di rilievo nazionale (cure socio-sanitarie domiciliari, diritto alle prestazioni a casa, semi-residenziali e residenziali per le persone non autosufficienti).

Diamo conto degli importanti contenuti dei documenti nelle due brevi note successive, allegando i relativi testi integrali.

A tutte le associazioni ed organizzazioni interessate, in particolar modo ai promotori ed aderenti alla "Petizione popolare nazionale per il riconoscimento del diritto alle cure socio-sanitarie domiciliari", rivolgiamo l'appello a:

- cercare nuove adesioni e sottoscrizioni al documento;

- rilanciare le due importanti prese di posizione riportate qui di seguito;

- predisporre analoghe iniziative di promozione e tutela dei diritti delle persone colpite da malattia e/o disabilità grave e non autosufficienza;

- informare la cittadinanza in merito ai diritti delle persone non autosufficienti, con particolare riguardo all’opposizione alle dimissioni  da ospedali e da case di cura private convenzionate di anziani malati cronici non autosufficienti  e delle persone con demenza senile, iniziativa con cui si ottiene sempre la continuità terapeutica.

1. IL COMUNE DI TORINO "ADERISCE ALLA PETIZIONE NAZIONALE SUL DIRITTO ESIGIBILE ALLE CURE SOCIO-SANITARIE DOMICILIARI".

 

Lunedì 6 luglio 2015 il Consiglio Comunale di Torino ha approvato l'ordine del giorno di adesione alla Petizione sul riconoscimento del diritto prioritario alle cure socio-sanitarie domiciliari per le persone non autosufficienti (anziani malati cronici non autosufficienti, persone colpite da demenza senile, persone con autismo o disabilità grave e limitata o nulla autonomia). Nell'ordine del giorno (firmato dalle Consigliere Onofri, Centillo e Genisio) è stato accolto un emendamento (presentato dal Consigliere Marrone) che invita la Giunta regionale del Piemonte a ritirare il ricorso al Consiglio di Stato contro la positiva sentenza 156/2015 del Tar del Piemonte sul pieno riconoscimento del diritto alle cure socio-sanitarie domiciliari.

Le cure a casa per le persone non autosufficienti comprendono l'“assegno di cura”, oggetto negli ultimi anni di ricorsi al Tar ed al Consiglio di Stato: da un lato le associazioni degli utenti, i Comuni e gli Enti gestori delle funzioni socio assistenziali, una ventina in tutto, che sostengono la piena titolarità della sanità su queste prestazioni, dall’altro la Giunta regionale (sia quella già guidata da Roberto Cota, sia quella attuale di Sergio Chiamparino) che non intende riconoscere come diritti sanitari gli interventi prestati da assistenti familiari, badanti e parenti dei malati, anche se si tratta di interventi salvavita per persone dipendenti in tutto e per tutto da terzi. Il Tar ha dato piena ragione ai primi annullando le delibere della Giunta, ma la Regione ha presentato ricorso al Consiglio di Stato, che si è pronunciato il 4 giugno scorso, non concedendo la sospensiva richiesta dalla Regione (perciò lasciando valide ed immediatamente applicabili le decisioni del Tribunale amministrativo piemontese, in attesa della prossima udienza a metà ottobre).

In allegato il testo dell'ordine del giorno approvato.

2.  L'ORDINE DEI MEDICI, CHIRURGHI E ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA DI TORINO ALLA REGIONE PIEMONTE: FARE DI PIÙ PER GLI ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI E PER I MEDICI CHE LI ASSISTONO.

 

Il Consiglio dell'Ordine dei Medici della provincia di Torino ha approvato un significativo documento che prende posizione contro la delibera 18/2015 della Regione Piemonte (vedi testo), lesiva dei diritti degli anziani malati cronici non autosufficienti.

 Testo del documento dell'Ordine dei medici, disponibile anche a questo link.

DGR 18 1236 non autosufficienza

ISEE: RICORSO IN APPELLO

 - Alleghiamo il ricorso presentato dalle associazioni Aps e Utim, aderenti al Csa - Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, depositato al Consiglio di Stato contro la sentenza 2458 del Tar del Lazio in merito al nuovo Isee (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 159/2013).

Come sapete, la sentenza del Tar del Lazio ha accolto il motivo di impugnazione sull'illegittimità di considerare reddito l'indennità di accompagnamento, ma ha rigettato gli altri punti, soprattutto quello che secondo noi è il più grave e cioè il coinvolgimento dei coniuge e dei figli (in alcuni casi anche di quelli non conviventi) nella definizione dell'Isee (e quindi della compartecipazione alla retta) di chi fruisce di prestazioni socio-sanitarie: persone con disabilità intellettiva o autismo, anziani malati cronici, persone con demenza senile, soggetti con patologie psichiatriche.

 

- Inviamo a tutti anche la nostra richiesta di incontro con gli Assessori alla sanità e alle politiche sociali della Regione Piemonte in merito alla definizione del regolamento regionale per la compartecipazione alle prestazioni socio-sanitarie.

 Con la preghiera di rilanciare le informazioni e le richieste contenute in questa nota.

Prima bozza delle osservazioni (file Word) in merito alla bozza di Patto per il sociale della Regione Piemonte, insieme ai documenti relativi al Patto stesso inviati dall’Assessore alle politiche sociali, Augusto Ferrari

 

- Bozza osservazioni patto per il sociale

- Integrazione sociosanitaria

- Inclusione sociale povertà

- Il Patto sociale. Un percorso politico

- Proposte del CSA per prevenire e combattere la povertà

- Piattaforma disabilità autismo

- Mozione definizione competenze ASL

- Per un welfare reale equo e rispettoso

-

 

Programma del Convegno: “Anziani malati non autosufficienti e/o con demenza - Il diritto alle cure e la  riorganizzazione delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie intra ed extra ospedaliere”,  che avrà luogo VENERDÌ 23 OTTOBRE 2015 alla Sala convegni “A. M. Dogliotti” presso l’ospedale Città della Salute e della Scienza – Molinette di corso Bramante 88 – Torino. Obiettivi del Convegno.

Richiesta inoltrata da Fondazione promozione sociale onlus e Csa - Coordinamento sanità e assistenza tra i movimenti di base, di urgentissimo incontro con gli Assessori alla Sanità e alle Politiche sociali in merito alla definizione del nuovo regolamento regionale per la compartecipazione degli utenti alle prestazioni. socio-sanitarie.

- Egr. Antonio Saitta, Assessore alla sanità

- Egr.  Augusto Ferrari, Assessore alle politiche sociali

REGIONE PIEMONTE

 Oggetto: URGENTISSIMA RICHIESTA DI INCONTRO E CONSULTAZIONE IN MERITO AL NUOVO ISEE

  Egregi Assessori,

 Facendo seguito alla Nostra richiesta del 5 febbraio u.s., simile oggetto, le associazioni aderenti al Csa – Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base e la Fondazione promozione sociale onlus inoltrano la presente urgentissima richiesta di incontro e di consultazione in merito al nuovo Isee  e all’adozione degli atti regionali da predisporre per regolamentare la materia della compartecipazione degli utenti alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari, residenziali e semi-residenziali.

 Infatti, la Deliberazione della Giunta Regionale 12 gennaio 2015, n. 10-881, “Linee guida per la gestione transitoria dell’applicazione della normativa Isee di cui al Dpcm 5 dicembre 2013, n. 159”, ha definito «Linee guida rivolte agli Enti gestori delle funzioni socio-assistenziali per l’applicazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), per un periodo transitorio di mesi sei», che sta per terminare.

 Con la presente gli scriventi chiedono che sia previsto  un confronto sui citati temi prima dell’approvazione di eventuali atti. La richiesta è motivata anche ai sensi di quanto previsto dallo Statuto della Regione Piemonte che all’articolo 2, Autonomia e partecipazione, prevede ai punti 3 e 4 quanto segue: «3La Regione valorizza il costituirsi di ogni associazione che intende concorrere con metodo democratico alla vita della Regione e in particolare sostiene le iniziative per la realizzazione dei diritti e favorisce le forme di solidarietà sociale, l'associazionismo e il volontariato, assicurandone la partecipazione e la consultazione nello svolgimento delle funzioni regionali.  4. La Regione coinvolge nelle scelte legislative e di governo il sistema degli enti locali e consulta, ritenendo il loro apporto elemento fondamentale della politica regionale, i sindacati dei lavoratori, le organizzazioni di categoria, le formazioni sociali, le istituzioni culturali, le associazioni, le autonomie funzionali e gli organismi in cui si articola la comunità regionale e, quando la materia lo richieda, gli elettori della Regione secondo le forme previste dallo Statuto e dal Regolamento».

 In particolare, vi sono alcuni aspetti critici del nuovo Isee e della conseguente applicazione di esso alla definizione della compartecipazione dell’utente al costo delle prestazioni socio-sanitarie (trattati più nel dettaglio nell'allegata bozza di ricorso al Consiglio di Stato in relazione al nuovo Isee) che non possono essere ignorati dalla futura regolamentazione e sui quali la Regione può intervenire a nostro avviso con condizioni migliorative rispetto a quelle definite nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 159/2013:

 

-       le sentenze n. 2454, 2458 (riguardante il ricorso presentato da alcune associazioni aderenti a questo coordinamento) e 2459/2015 del Tar del Lazio hanno in parte accolto i ricorsi presentati contro il nuovo Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) definito con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 5 dicembre del 2013. Il Tar ha precisato che «non è dato comprendere per quale ragione nella nozione di “reddito”, che dovrebbe riferirsi a incrementi di ricchezza idonei alla partecipazione alla componente fiscale di ogni ordinamento, sono stati compresi anche gli emolumenti riconosciuti a titolo meramente compensativo e/o risarcitorio a favore delle situazioni di “disabilità”, quali le indennità di accompagnamento, le pensioni Inps alle persone che versano in stato di disabilità e bisogno economico, gli indennizzi da danno biologico invalidante, di carattere risarcitorio , gli assegni mensili da indennizzo ex leggi n. 210/92 e 229/05. Tali somme, e tutte le altre che possono identificarsi a tale titolo, non possono – continua la sentenza – costituire “reddito” in senso lato né possono essere comprensive della nozione di “reddito disponibile” di cui all’articolo5 del decreto legge  201/2011, che proprio ai fini di revisione dell’Isee e della tutela della disabilità, è stato adottato». Stante la sentenza attuale, a nostro avviso, la soluzione preferibile (sostenuta anche nel nostro riscorso) sarebbe quella di non considerare come reddito disponibile della persona esclusivamente l’ammontare dell’indennità di accompagnamento, poiché la legge di istituzione della stessa non la configura come reddito, ma appunto come somma indennitaria;

 -       per le prestazioni socio-sanitarie, destinate a persone non autosufficienti, anziani malati cronici non autosufficienti, persone colpite da demenza senile, persone con disabilità gravi e limitata o nulla autonomia, occorrerebbe che venisse presa in considerazione la situazione economica del singolo assistito. Essi hanno necessità indifferibile, e ricevono quando sono presi in carico dal Servizio sanitario nazionale, prestazioni sanitarie cui hanno diritto soggettivo in quanto persone malate in base alle leggi vigenti. Tali prestazioni ricevono il nome di socio-sanitarie solo poiché una parte del costo totale è a carico dell’utente, non perché siano effettivamente prestazioni socio-assistenziali;

 -       è illogica e a nostro parere incostituzionale (in base agli articoli 23, 32 e 117 lettera l) della Costituzione) la considerazione del coniuge e dei figli appartenenti al nucleo familiare per la definizione dell’Isee per ricevere prestazioni socio-sanitarie, e in aggiunta la considerazione dei figli fuori dal nucleo familiare ai fini della definizione dell’Isee della persona non autosufficiente per la quale vengono «erogate prestazioni in ambiente residenziale a ciclo continuativo» (articolo 6 punto 3 del Dpcm 159/2013). Non solo ribadiamo che il diritto alle cure sanitarie e socio-sanitarie è un diritto soggettivo della persona in relazione alla sua condizione come singola persona, ma all’interno della definizione della componente aggiuntiva dei figli è irragionevole che vengano esentati i figli per i quali è accertata (operazione che i Servizi sociali non sono in grado, né hanno le necessarie disposizioni e competenze per compiere) l’«estraneità del figlio in termini di rapporti affettivi ed economici» (articolo 6 punto 3 lettera b del Dpcm 159/2013). A questo proposito si fa presente che, giustamente, la considerazione della situazione economica relativa al singolo soggetto beneficiario della prestazione (senza il minimo riferimento ai componenti il suo nucleo familiare), avviene per altre erogazioni assistenziali o di sostegno al reddito come l’Assicurazione sociale per l'impiego (Aspi), ex Indennità di disoccupazione, per la Cassa integrazione straordinaria e per quella in deroga, nonché per l’erogazione della pensione sociale. Peraltro, anche per altre prestazioni assistenziali, come l’assegnazione di alloggi dell’edilizia popolare e l’integrazione al minimo delle pensioni, viene fatto riferimento alla situazione del nucleo familiare, mai comprendendo i figli non conviventi;

-       il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri istitutivo del nuovo Isee non prende in alcun modo in considerazione che la persona con disabilità grave e limitata o nulla autonomia, l’anziano malato cronico non autosufficiente e la persona colpita da demenza senile richiedente le prestazioni socio-sanitarie può dovere fare fronte, in alcuni casi, come previsto dal codice civile, all’obbligo di mantenimento nei confronti del coniuge e dei figli che siano sprovvisti di redditi propri. Tale obbligo, com’è ovvio, dovrebbe essere assolto prima del pagamento della quota di compartecipazione dell’utente alla prestazioni socio-sanitaria, pertanto le somme destinate al mantenimento non devono essere calcolate come reddito disponibile del soggetto che richiede le prestazioni;

-       l’attuale normativa prevede che al ricoverato in strutture socio-sanitarie residenziali sia lasciata una quota personale di circa 150 euro per le spese personali. Tale prescrizione dovrebbe a nostro avviso essere mantenuta anche nella nuova regolamentazione;

-       la valutazione del patrimonio immobiliare ai fini Imu, può verosimilmente creare situazioni in cui l’ammontare Isee del richiedente non corrisponde a liquidità effettivamente disponibile, se non nell’eventualità, degradante e discriminatoria, che il soggetto (s)venda la casa, spesso acquistata con i risparmi di una vita, per far fronte alla quota di compartecipazione alle prestazioni. La politica dovrebbe preoccuparsi anche delle generazioni future: impoverire i nuclei familiari è una politica miope, che rischia di ripercuotersi sui giovani e sulle loro opportunità;

 

Tutto ciò premesso, e riservandoci di affrontare altri temi inerenti alla compartecipazione nel corso dell’incontro, rimaniamo in attesa di un cortese riscontro, rinnovando la richiesta urgentissima di consultazione.

Cordiali saluti

Vincenzo Bozza, Maria Grazia Breda, Andrea Ciattaglia

p. Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base)

p. Fondazione promozione sociale onlus

 

 

 

 

S

  

Convocazione audizione 17 giugno sull'istituzione del caregiver e proposta della Fondazione Promozione Sociale.

Resoconto incontro Saitta-Ferrati.

Ricorso contro delibera 18/2015 della Giunta regionale del Piemonte

Spett.li Associazioni,

 dopo aver sentito l'Avv. Carapelle, per motivi organizzativi e di costo elevato di una causa con più ricorrenti siamo giunti alla conclusione di avviare solo come associazioni del Csa il ricorso contro la delibera 18/2015 della Giunta regionale del Piemonte (“Pianificazione economico-finanziaria e definizione delle regole del Sistema Sanitario piemontese in materia di assistenza alle persone anziane non autosufficienti con decorrenza dall'esercizio 2015”). 

Ringraziandovi moltissimo per la disponibilità e la sensibilità dimostrata, vi chiediamo comunque un grande aiuto. Sarebbe importante che le Vostre associazioni inviassero pubblicamente lettere per il ritiro della delibera 18/2015 (documenti che potranno trovare richiamo nel testo stesso del ricorso). 

Le comunicazioni andrebbero inviate al Presidente del Consiglio regionale, al Presidente della Regione, all'Assessore alla Sanità e ai Livelli essenziali di assistenza, al Presidente e ai Componenti della IV Commissione del Consiglio regionale.

 Se ritenete opportuno, potete prendere spunto dall'allegato appello per il ritiro della delibera che abbiamo distribuito davanti al Consiglio regionale e dall'allegato con la richiesta di eliminare le spese inutili.

 Nulla impedisce, ovviamente, la presentazione di Vostre cause parallele al Tar del Piemonte contro la delibera 18/2015.

 Grazie della disponibilità, non mancheremo di aggiornarvi sugli sviluppi sul nostro sito www.fondazionepromozionesociale.it. Appena pronta manderemo la nostra nota/memoria relativa al ricorso stesso.

 Cordiali saluti

 *****

La Giunta Chiamparino, giunta di sinistra, continua ad ignorare il problema delle persone non autosufficienti, negando di fatto il diritto alle cure socio-sanitarie

Torino, 13 maggio 2015

 APPELLO PER IL RICORSO CONTRO LA DELIBERA N. 18/2015 DELLA GIUNTA REGIONALE DEL PIEMONTE

 Gentili Associazioni, Organizzazioni, Enti locali,

Con la allegata delibera di Giunta regionale n. 18-1326 del 20 aprile 2015 (“Pianificazione economico finanziaria e definizione delle regole del Sistema sanitario piemontese in materia di assistenza alle persone anziane non autosufficienti con decorrenza dall’esercizio 2015”) la Giunta Chiamparino ha approvato – mai discutendolo con le associazioni e le organizzazioni di rappresentanza dei malati e disabili non autosufficienti – un nuovo provvedimento che nega i diritti degli anziani malati cronici o dei disabili gravi non autosufficienti e che ignora totalmente il tema drammatico delle 32mila persone malate o con rilevanti carenze di salute in lista di attesa in Piemonte per le cure socio-sanitarie domiciliari o residenziali. Si tratta di persone che per patologia o disabilità sono completamente dipendenti da terzi per il soddisfacimento delle loro più elementari esigenze vitali e sono quindi destinati a morire nel giro di brevissimo tempo se lasciati senza interventi di cura che sono in ogni caso di tipo sanitario (al riguardo si vedano le allegate note dei proff. Giancarlo Isaia (Siommms, Società italiana dell’osteoporosi, del metabolismo minerale e delle malattie dello scheletro e S.C. Geriatria e malattie geriatriche metaboliche dell’osso Aou Città della salute e della scienza di Torino – ospedale Molinette), Mario Bo e Fabio Di Stefano (Sigg, Società italiana di gerontologia e geriatria).

La delibera si fonda sui seguenti inaccettabili principi:

omissione totale di ogni riferimento alla legge regionale 10 del 2010 che già oggi norma “Servizi domiciliari per persone non autosufficienti” in Piemonte, nel rispetto delle norme nazionali in materia e all’articolo 54 della legge 289/2002, istituzione dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie;

riferimento alla sentenza n. 604/2015 del Consiglio di Stato che non ha considerato le persone anziane malate croniche non autosufficienti come malati gravissimi, necessitanti, per la loro immediata sopravvivenza di interventi di tipo sanitario e socio-sanitario senza i quali sono destinati a morire in breve tempo. La sentenza non nega comunque che le esigenze di prestazioni indifferibili (cioè l’esigenza che hanno tutti, nessuno escluso, gli anziani malati cronici non autosufficienti e le persone con demenza senile) debbano essere soddisfatte con la presa in carico da parte del Servizio sanitario nazionale, prescrizione totalmente ignorata dalla Giunta regionale nella delibera 18/2015;

istituzione delle liste di attesa come un fenomeno positivo, confondendo le liste di attesa per le prestazioni diagnostiche con quelle di presa in carico di persone malate e/o disabili non autosufficienti in costante e immediato pericolo di vita dovuto alla loro situazione. Oggi tali persone sono 32mila in tutto il Piemonte per i ricoveri in Rsa e le prestazioni domiciliari, lasciate senza cure dal Servizio sanitario nazionale;

definizione del ruolo delle Unità valutative geriatriche non solo come organismi di valutazione della situazione sanitaria della persona e conseguenti indicazioni per la predisposizione del Pai, Piano di assistenza individualizzata, ma organismo che illegittimamente decide dell’accesso delle persone non autosufficienti alle cure, in contrasto con la legge 833/1978 in base alla quale il diritto all’accesso alle cure del Servizio sanitario nazionale è determinato esclusivamente dallo stato di malattia della persona.

In base a questi principi e allo stanziamento previsto dalla delibera sul Fondo sanitario regionale (280 milioni di euro per il 2015) gli utenti presi in carico, secondo i dati forniti nello stesso provvedimento, saranno 17.764, solo 951 in più rispetto all’anno scorso, una cifra assolutamente irrilevante a fronte degli oltre 32mila in lista di attesa.

In questo contesto allarmano le parole del Direttore generale della sanità piemontese, Fulvio Moirano, che durante il Giornale radio Gr1 delle ore 8,00 del 23 aprile 2015 ha risposto a precisa domanda sull’erogazione delle cure domiciliari dopo le sentenze del Tar del Piemonte che le riconoscevano come diritti esigibili: «E io a questa domanda non le rispondo. Non è la sentenza definitiva. Io credo che si possa, che si debba, aumentare l’offerta sulla residenzialità o in alternativa con gli assegni di cura. Se però le persone che hanno bisogno sono il triplo dei soldi, evidentemente c’è qualche problema».

Il problema gravissimo della Regione Piemonte, mai finora tradotto in provvedimenti concreti da parte della Giunta della Regione Piemonte, è la mancata attuazione degli impegni contenuti negli ordini del Giorno approvati all’unanimità dal Consiglio regionale del Piemonte n. 1090/2013 e 142/2014 che impegnavano la Giunta a presentare al Parlamento ed al Governo il reale fabbisogno di prestazioni dei malati/disabili non autosufficienti residenti in Piemonte, richiedendo agli stessi Parlamento e Governo le risorse per fornire loro le cure sanitarie e socio-sanitarie come prevede la legge.

Facciamo appello attraverso questa nota a tutte le organizzazioni, associazioni, enti locali affinché presentino ricorso entro, il termine per la presentazione il 22 giugno 2015, (insieme alle associazioni del Csa – Coordinamento sanità e assistenza tra i movimenti di base o per via autonoma) contro la nuova pessima delibera della Giunta regionale del Piemonte.

Si tratta di un’esigenza necessaria per fermare un provvedimento, già attuativo in quanto deliberato, che lede il diritto delle persone non autosufficienti alle cure sanitarie e socio sanitarie, sposando una logica eugenetica[1] che nega le cure salvavita a persone malatissime o con disabilità grave e non autosufficienza con pretesti infondati di scarsità di risorse economiche (in merito alleghiamo la nota “I soldi ci sono. Rassegna degli sprechi e proposte operative per il recupero di rilevanti risorse economiche” nella quale sono elencati provvedimenti sia regionali che nazionali che immediatamente assicurerebbero minori uscite e maggiori entrate per le casse degli Enti pubblici).

 

N.B. Le organizzazioni ed associazioni che volessero presentare ricorso sono pregate di comunicarlo al Csa – Coordinamento sanità e assistenza tra i movimenti di base entro e non oltre mercoledì 20 maggio 2015, in modo da poter predisporre con i legali la necessaria documentazione. Csa, via Artisti 36, 10124 Torino, tel. 011.8124469, e-mail: info@fondazionepromozionesociale.it.

p. Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base), La segreteria

 

[1] Utilizziamo il termine eugenetica riferendoci alla definizione contenuta nella Enciclopedia Treccani:
«Sotto il profilo etico, l’e. moderna presuppone un’eliminazione sistematica, programmata di esseri umani, nella maggior parte dei casi motivata da ragioni e pressioni di origine economica».

 

Comunicato stampa del Gruppo Senza Sede sul ricorso della Regione Piemonte contro la sentenza del TAR sulle prestazioni socio sanitarie ai malati cronici non autosufficienti.

Il Gruppo senza Sede di Trino, che dal 2007 si batte per il rispetto dei diritti degli anziani malati cronici non autosufficienti e dei portatori di handicap, condivide l’appello del Coordinamento Sanità e Assistenza fra i Movimenti di Base e della Fondazione Promozione Sociale di Torino, rivolto con lettera aperta alla  Regione Piemonte, perchè ritiri il ricorso al Consiglio di Stato contro le sentenze del Tar Piemonte n. 154, 156  e 157/2015. Ricorso che pone la Regione a schierarsi contro le persone non autosufficienti, disabili, autistiche, malate di Alzheimer o di demenza senile, contro i 32mila piemontesi in lista d’attesa per le cure socio-sanitarie.  Esseri umani incapaci di esprimere autonomamente l’intensità del loro dolore e della frustrazione di non poter più soddisfare le più elementari esigenze vitali, che se lasciati soli muoiono in breve tempo. Persone che hanno pieno diritto alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari, in base ai Livelli essenziali di assistenza definiti dal Decreto del Presidente del Consiglio 29 novembre 2001 e dall’articolo 54 della Legge 289/2002, ripresi dalla Legge della Regione Piemonte 10/2010, “aiuto infermieristico ed assistenza tutelare alla persona”  per cui la Sanità deve corrispondere il 50% del costo e non possono essere negate con pretesti di tagli economici. In favore di ciò il Tar del Piemonte si era pronunciato e la Regione Piemonte ha il “fegato” di  dichiararsi contraria presentando ricorso al Consiglio di Stato. Si vuole continuare a scaricare tutta la responsabilità delle cure sui parenti delle persone non autosufficienti, che non hanno obblighi di sostituirsi alla Sanità nelle funzioni di cura, infatti in base all’articolo 23 della Costituzione “ nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla Legge”. Le presunte pressioni provenienti dal Ministero dell’Economia indirizzate alla Regione per la presentazione del ricorso, non possono legittimare la negazione delle cure per migliaia di malati, come non possono intaccare la responsabilità e la libertà di scelte politiche della Regione stessa, governata da una maggioranza che aveva criticato in modo netto i provvedimenti della Giunta Cota e che ora ricorre al Consiglio di Stato per salvare quegli stessi provvedimenti. Con questa decisione la Regione dimostra di non seguire la via tracciata dalla Costituzione, dalla Legge e dal Consiglio regionale, della cura ai più deboli, ma quella dell’eugenetica sociale, cioè dell’abbandono spesso fino alla morte, di persone con gravissime patologie, adducendo motivazioni di origine economica. Nel contempo eroga finanziamenti di 3,5 milioni, più il pagamento degli interessi sul mutuo, per lo stadio Filadelfia del Torino, per il mantenimento dei vitalizi agli ex Consiglieri (anche 6mila euro al mese con minime ridicole riduzioni  dal 6% al 15%  limitate al 2017), per la costruzione del grattacielo della Regione Piemonte (22 milioni solo per il progetto e costi presunti di mezzo milione a piano), per l’illegittimo utilizzo da parte delle ASL, per  pagare le prestazioni sanitarie, delle risorse del Fondo per la non autosufficienza, destinato invece per Legge ai Comuni.

La scrivente Associazione si fa portavoce, nell’interesse dei singoli cittadini, nel richiedere pubblicamente al Presidente  ed alla Giunta della Regione Piemonte l’immediato ritiro del ricorso presentato contro le sentenze del Tar citate in apertura.

Trino, 27 aprile 2015                                                                Associazione culturale

                                                                                                        Gruppo senza Sede

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lettera inviata all’Amministrazione regionale del Piemonte avente per oggetto: “I PRINCIPI DELL’EUGENETICA SOCIALE DELLA SENTENZA N. 604/2015 DEL CONSIGLIO DI STATO NON DEVONO NEGARE O RITARDARE LE INDIFFERIBILI PRESTAZIONI SOCIO-SANITARIE DOMICILIARI E RESIDENZIALI OCCORRENTI PER LA TUTELA DELLA SALUTE DEGLI ANZIANI MALATI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI, DELLE PERSONE CON DEMENZA SENILE E DEI SOGGETTI CON GRAVI DISABILITÀ INVALIDANTI O AUTISMO E LIMITATA O NULLA AUTONOMIA”

facsimile aggiornato della lettera di opposizione alle dimissioni

Tre importanti informazioni: sull'inganno del dopo di noi, sul disegno di legge sull'autismo approvato in Senato ed ora al vaglio della Camera che non cita i diritti vigenti, sulla presa di posizione dell'Anci Piemonte per la conferma delle prestazioni socio-sanitarie domiciliari.

Vi invitiamo a diffonderle il più possibile

1) L'inganno del dopo di noi. La bozza di testo unico sul cosiddetto "dopo di noi" all'esame della Commissione affari sociali della Camera dei Deputati omette le leggi in vigore che garantiscono le cure socio-sanitarie alle persone con disabilità grave e apre alle clientele. Per questo abbiamo scritto il messaggio che riportiamo qui integralmente, anche al Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone. Occorre che Voi tutti diate diffusione all'appello e interveniate in tutte le sedi possibili per chiedere il ritiro dei negativi provvedimenti sul cosiddetto "dopo di noi" e il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza.

Testo della lettera sul “Dopo di noi”

 2) Disegno di legge sull'autismo: nessun riferimento ai Lea vigenti.

Nel testo del disegno di legge sull'autismo approvato dalla Commissione igiene e sanità del Senato non soltanto sono stati volutamente ignorati i vigenti diritti esigibili, ma viene precisato che i servizi per le persone con disabilità e gli altri soggetti sopra indicati saranno forniti esclusivamente nell’ambito delle risorse disponibili. E' la stessa logica eugenetica dell'articolo 6 del Patto per la Salute 2014-2016, al quale il disegno di legge esplicitamente fa riferimento!

Come viene indicato nelle comunicazioni inviate dal Csa anche al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e riportata qui di seguito, per le Istituzioni sarà sufficiente ridurre i finanziamenti per avere il pretesto di non intervenire o di provvedere in misura insufficiente rispetto alle esigenze.

Testo della lettera sull’autismo

Lettera al Presidente Mattarella

 3) Superare le pessime delibere sulle prestazioni socio-sanitarie in Piemonte.

Uniamo nota dell'Anci del 18 marzo 2015 indirizzata agli Assessori alla sanità e all'assistenza nella quale viene ribadita la necessità di «confermare l’offerta di prestazioni domiciliari socio-sanitarie, secondo l’innovativo modello piemontese, a fianco di quelle semiresidenziali e residenziali, concependole in un unico sistema che sia effettivamente in grado di utilizzare di volta in volta la risorsa più appropriata, come prevedono non solo le recenti sentenze del Tar Piemonte in materia di domiciliarità, che questa Regione non vorrà impugnare, ma anche le sentenze definitive del Consiglio di Stato in materia di residenzialità dal momento che “ l’inserimento in strutture residenziali di soggetti non autosufficienti in grado di essere efficacemente assistiti in strutture semiresidenziali o a domicilio risulterebbe una misura del tutto inappropriata, oltre che eccessivamente costosa”».

Testo della lettera Anci

 www.fondazionepromozionesociale.it

 

Documenti e facsimili relativi alle prestazioni sanitarie, socio sanitarie, al modello Isee, alle figure professionali necessarie per le attività di assistenza.

1) facsimili e istruzioni delle lettere per la richiesta di:

       1A)  prestazioni solo sanitarie;

       1B)  prestazioni socio-sanitarie (Lea):

                   - prestazioni domiciliari per minori

                   - prestazioni domiciliari per adulti

                   - centri diurni

                   - comunità alloggio.

 

2) copia della lettera di precisazioni dell’Assessorato alle politiche sociali della Regione Piemonte in merito all’ISEE.

 

3) l'informazione sulla sentenza del Tar della Lombardia che precisa in merito alla figura dell’educatore dei centri diurni.

 

4) il pieghevole predisposto dal Comune di Nichelino (To), al fine di sollecitare i Vostri Comuni a fare lo stesso (compreso quello di Torino).

 

Ddl 344 Senato - Calpestati i diritti esigibili delle persone con AUTISMO

 - Egr. Presidenti del Senato, della Camera dei Deputati e del Consiglio dei Ministri

- Egr. Presidenti e Componenti delle Commissioni sanità del Senato e affari sociali della Camera

- Egr. Presidenti delle Regioni e dell’Anci

- Egr. Assessori alla sanità delle Regioni e delle Province autonome

- Egr. Organizzazioni di tutela della persone con disabilità

 Oggetto: DISEGNO DI LEGGE N. 344 SULL’AUTISMO APPROVATO DALLA COMMISSIONE SANITÀ DEL SENATO IN SEDE LEGISLATIVA: CALPESTATI I VIGENTI DIRITTI ESIGIBILI DELLE PERSONE CON AUTISMO, SOSTITUTI DA DICHIARAZIONI TEORICHE 

In base alle leggi vigenti (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001, le cui norme sono esigibili in base all’articolo 54 della legge 289/2002) le persone con disabilità, comprese quelle con autismo, hanno il pieno diritto alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari, semiresidenziali e residenziali.

Al riguardo ricordiamo che nella sentenza n. 36/2013 la Corte costituzionale ha precisato che «l’attività sanitaria e socio-sanitaria a favore di anziani non autosufficienti [identiche sono le norme concernenti le persone disabili non autosufficienti, n.d.r.] è elencata tra i livelli essenziali di assistenza sanitaria dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001». Nella stessa sentenza la Corte costituzionale ha definito non autosufficienti le «persone anziane o disabili che non possono provvedere alla cura della propria persona e mantenere una normale vita di relazione senza l’aiuto determinante di altri».

 

A conferma dell’esigibilità del diritto alle prestazioni socio-sanitarie citiamo le seguenti sentenze del Tar del Piemonte:

 

- n. 326/2013 in cui è precisato che sono illegittime «le liste di attesa per la fruizione dei servizi (…) di “assistenza domiciliare” per i disabili» poiché si tratta «di servizi che rientrano, a tutta evidenza nelle definizioni di cui all’allegato 1.C, punti 8 e 9 (dedicati nel quadro dei servizi socio-sanitari, all’assistenza territoriale semiresidenziale e residenziale del disabile, la quale deve comprendere anche prestazioni di riabilitazione)»;

 

- n.  156/2015 in cui viene precisato che il diritto alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari non può essere negato nemmeno con il pretesto delle ristrettezze di bilancio. Inoltre è stato evidenziato che sono un diritto esigibile anche le «prestazioni di aiuto infermieristico e di assistenza tutelare alla persona» fornite da familiari o da badanti e che il Servizio sanitario nazionale deve corrispondere il 50% del costo di queste prestazioni [1];

 

- n. 189/2014 in cui viene puntualizzato che le prestazioni socio sanitarie semiresidenziali «rientrano pacificamente nei Livelli essenziali di assistenza», che gli Enti coinvolti sono «immediatamente tenuti a far fronte ai risultanti oneri (…) essendo stati vincolati ad applicare una disposizione immediatamente precettiva introdotta a tutela di una fascia di popolazione particolarmente debole» e che detti Enti «sono tenuti a garantire i relativi servizi, utilizzando  tutti gli strumenti a loro disposizione per reperire i necessari fondi, senza che su tale obbligo possano incidere i sempre più pesanti tagli economici».

 

Ciò premesso è allarmante che nel testo in esame i vigenti diritti esigibili siano stati completamente ignorati.

 

In particolare nel testo approvato dal Senato viene precisato che devono essere rispettati gli «equilibri programmati di finanza pubblica» e deve essere «tenuto conto del nuovo “Patto per la salute 2014-2016”», patto che prevede all’articolo 6 che le prestazioni «per le aree della non autosufficienza, delle disabilità, della salute mentale adulta e dell’età evolutiva, dell’assistenza ai minori e delle dipendenze» sono fornite «nei limiti delle risorse programmate per il Servizio sanitario regionale e per il Sistema dei servizi sociali».

 

Pertanto, nel testo approvato dal Senato non soltanto sono stati volutamente ignorati i vigenti diritti esigibili, ma viene precisato che i servizi per le persone con disabilità e gli altri soggetti sopra indicati saranno forniti esclusivamente nell’ambito delle risorse disponibili. Quindi per le Istituzioni è sufficiente ridurre i finanziamenti per avere il pretesto di non intervenire o di provvedere in misura insufficiente rispetto alle esigenze.

 

Come abbiamo precisato nel n. 188/2014 della nostra rivista Prospettive assistenziali, il Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base) e la Fondazione promozione sociale onlus sulla base delle loro ultratrentennali esperienze concernenti anche la difesa dei diritti delle persone singole che si rivolgono a noi, sfidano i Parlamentari che hanno presentato le proposte di legge in oggetto (ed anche i Deputati che hanno avanzato iniziative analoghe riguardanti gli anziani malati cronici non autosufficienti, le persone colpite dal morbo di Alzheimer o da altre forme di demenza senile) a presentare anche un solo caso in cui siano state rifiutate le prestazioni previste dalle leggi vigenti, a favore dei soggetti con disabilità intellettiva in situazione di gravità o con autismo e limitata o nulla autonomia.

 

A tale proposito vorremmo avere copia come prova del rifiuto della richiesta, dell’eventuale domanda – che deve essere stata presentata dalla persona che esercita i poteri di rappresentanza mediante raccomandata A/R al Direttore generale dell’Asl, al Sindaco competente in base alla residenza del soggetto – in cui:

a) precisare le prestazioni necessarie per la persona con disabilità o con autismo, comprovate da apposita certificazione;

b) fare esplicito riferimento al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001 e all’articolo 54 della legge 289/2002;

c) richiedere una risposta scritta ai sensi della legge 241/1990, risposta che, com’è noto, deve essere fornita dalle sopra citate autorità al massimo entro il 90° giorno successivo a quello di ricezione dell’istanza.

 

Ciò premesso, chiediamo che la Camera dei Deputati non approvi il testo varato dal Senato o lo modifichi sostanzialmente (lasciando inalterata la parte riguardante le linee guida che poteva e può diventare esecutiva mediante la semplice emanazione di una circolare), sottoponendo il testo stesso all’esame della Commissione parlamentare Affari costituzionali per verificare se è costituzionalmente corretta l’approvazione di una legge che non modifica i diritti sanciti dai Lea e nello stesso tempo li ignora.

 

Restiamo a disposizione e porgiamo cordiali saluti.

 p. Csa, Maria Grazia Breda, Andrea Ciattaglia  e Giuseppe D'Angelo 


 

[1] La sentenza n. 156/2015 è stata emanata dal Tar del Piemonte a seguito del ricorso presentato da varie associazioni, fra le quali l’Angsa, Associazione nazionale genitori soggetti autistici del Piemonte, Sezione di Torino.

 

 Testo unificato "Dopo di Noi" - Aspetti gravemente ingannevoli

- Egr. Laura Boldrini, Presidente della Camera dei Deputati

- Egr. Presidente e Componenti della Commissione Affari sociali

- Egr. Raffaele Cantone, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione

- Egr. Assessori regionali alla sanità

- Egr. Organizzazioni di tutela della persone con disabilità

Oggetto: Aspetti gravemente ingannevoli del Testo unificato elaborato dal Comitato ristretto della Commissione affari sociali della Camera dei Deputati in merito al “Dopo di noi”. In reale pericolo i vigenti diritti esigibili delle persone con disabilità e limitata o nulla autonomia e ampia discrezionalità per la destinazione clientelare dei notevoli finanziamenti previsti: euro 83milioni nel 2016, 36,8 nel 2017 e 140 a decorrere dal 2018.

 Come è stato precisato dal Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base)  e dalla Fondazione promozione sociale onlus nelle precedenti lettere  inviate alle S.V. e nelle audizioni dell’Utim, Unione per la tutela delle persone con disabilità intellettiva, e della succitata Fondazione del 30 settembre 2014 presso la Commissione affari sociali della Camera dei Deputati, le proposte di legge n. 698, 1352, 2205, 2456, 2578 e 2682 riguardanti il “Dopo di noi” sono fondate sull’omissione – fatto gravemente ingannevole – dei diritti sanciti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001 istitutivo dei Lea, Livelli essenziali delle prestazioni socio-sanitarie domiciliari, semiresidenziali e residenziali,  le cui norme sono esigibili in base all’articolo 54 della legge 289/2002.

Di fronte  a questa omissione, che ha ingannato e inganna decine di migliaia di persone con disabilità e limitata o nulla autonomia ed i relativi congiunti, il Comitato ristretto della Commissione affari sociali della Camera dei Deputati  ha tentato di tamponare la devastante situazione inserendo nell’articolo 1 la frase «Restano comunque salvi i livelli essenziali di assistenza» senza nemmeno citare la relativa fonte giuridica e non tenendone assolutamente conto in tutte le norme del testo unificato.

In particolare l’articolo 2 (“Definizione delle prestazioni assistenziali da garantire in tutto il territorio”) prevede la «determinazione di livelli essenziali delle prestazioni (Lep)» di cui non c’è assolutamente alcun bisogno per quanto riguarda le prestazioni per le persone colpite da disabilità intellettiva grave essendo – lo ripetiamo – già in vigore i Lea.

D’altra parte, mentre i Lea sono in vigore fin dal 2002 [sono trascorsi 13 anni ed i presentatori delle sei sopra citate proposte di legge (volutamente?) non lo sapevano], il testo in esame prevede il rinvio  sine die della definizione dei Lep.

 

Iniziativa clientelare e mistificatoria per le persone con disabilità e le loro famiglie

Particolarmente pericolose sono anche le norme degli articoli 3 e 4 in base alle quali i rilevanti finanziamenti (euro 83 milioni per il 2016, 36,8 per il 2017 e ben 140 annui a decorrere dal 2018) possono essere assegnati  non solo alle Regioni e agli Enti locali ma anche «agli organi del Terzo settore, nonché altri soggetti di diritto privato, ivi comprese le famiglie che si associano per le finalità di cui all’articolo 1».

Questa destinazione consente dunque la gestione clientelare delle attività rivolte alle persone con disabilità, in netto contrasto con i vigenti Lea.

Infatti in base alle succitate norme vigenti le prestazioni domiciliari, semi-residenziali e residenziali:

- sono un diritto esigibile;

- compete al Servizio sanitario nazionale garantirne l’attuazione previo accertamento delle effettive esigenze degli aventi diritto;

- nei casi di inadempienza i cittadini interessati hanno la possibilità di ricorrere al Giudice competente, se del caso utilizzando le norme sul patrocinio a carico dello Stato;

- contro le delibere delle Asl possono ricorrere le organizzazioni di tutela dei soggetti deboli, anch’esse utilizzando se del caso le norme sul patrocinio  a carico dello Stato.

Tutte queste reali garanzie non sono attuabili se la competenza degli interventi è affidata a soggetti privati.

A nostro avviso la gestione dei servizi  può essere concessa a organizzazioni private mediante il rispetto delle norme vigenti in materia, ma la competenza per l’attuazione dei diritti deve restare al settore pubblico, come ad esempio è da decenni previsto per tutti i servizi sanitari privati, nessuno escluso.

È altresì assai singolare che il testo predisposto dal Comitato ristretto non riconosca i vigenti diritti delle persone disabili, le cui norme sono fondate sulla carenza di salute di dette persone, e promuova il trasferimento delle competenze primarie dalla sanità all’assistenza, considerando quindi i disabili come soggetti «inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere» come stabilisce il 1° comma dell’articolo 38 della Costituzione riguardante l’assistenza.

Ciò premesso, è logico chiedersi perché i Parlamentari si accaniscono in tale spreco di tempo ed energie, che finisce tra l’altro per disinformare e creare illusioni ed inquietudini nei cittadini che si trovano nella situazione di avere un parente con disabilità.

A fronte di provvedimenti così smaccatamente omissivi dei diritti vigenti, al­larma che essi contengano ampie sezioni dedicate all’assegnazione delle ingenti risorse sopra precisate a soggetti privati, che avrebbero la facoltà di scegliersi gli utenti in base alla loro convenienza. Si tratta di procedure che, in un quadro in cui quelle risorse dovrebbero essere assegnate alle Asl – che in base ai Lea hanno competenze primarie, ed ai Comuni (ai quali le leggi vigenti hanno assegnato compiti integrativi) tenuti dalle leggi ad assicurare le necessarie prestazioni alle persone con disabilità grave – possono essere tacciate di clientelismo, a maggior ragione oggi che as­sistiamo a quotidiane cronache di malagestione e truffe ai danni dello Stato, che spesso riguardano proprio il nesso fra enti pubblici e soggetti privati convenzionati per la gestione dei servizi.

Tenuto conto degli aspetti clientelari del testo  unificato e delle ingenti risorse economiche assegnate, la presente comunicazione viene inviata anche a Raffaele Cantone, Responsabile dell'Autorità nazionale anticorruzione.

Mentre è auspicabile che la Commissione affari sociali della Camera dei Deputati provveda a rivedere radicalmente il testo unificato predisposto dal Comitato ristretto assumendo come riferimento fondamentale le vigenti norme sopra citate e la Risoluzione n. 8-00191, approvata all’unanimità dalla Commissione affari sociali della Camera dei Deputati l’11 luglio 2012, le organizzazioni scriventi ritengono che, prima della prosecuzione dell’esame da parte della Commissione affari sociali, l’attuale testo dovrebbe essere trasmesso alla Commissione affari costituzionali della Camera dei Deputati per l’opportuna valutazione sul rispetto o meno delle norme costituzionali stante l’omesso riferimento alle leggi vigenti.

Restiamo a disposizione e porgiamo cordiali saluti.

Vincenzo Bozza, Andrea Ciattaglia e Francesco Santanera

p. Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base)

e Fondazione promozione sociale onlus

Acli e Ministero della Salute

A) Le Acli (Associazioni cristiane dei lavoratori italiani) della Regione Piemonte hanno approvato un importante ordine del giorno nella riunione del 28 febbraio 2015 contro l’ipotesi di ricorso della Regione Piemonte al Consiglio di Stato sulla sentenza 156/2015 che ha confermato come diritti esigibili (e quindi di competenza della sanità che ne deve coprire il 50% del costo) le prestazioni socio-sanitarie domiciliari Lea di «aiuto infermieristico e assistenza tutelare alla persona» per anziani malati cronici e/o disabili non autosufficienti, anche se queste prestazioni sono svolte da familiari, badanti o assistenti familiari.

 B) Il 29 gennaio 2015 il Capo dell’Ufficio legislativo del Ministero della salute, Avv. Maurizio Borgo, ha precisato con la nota n. 705 che «l’assistenza domiciliare integrata è un servizio compreso nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e, dunque, gestito e coordinato direttamente dal Distretto socio-sanitario delle Aziende sanitarie locali in collaborazione con i Comuni».

La nota destituisce di ogni fondamento la posizione del Direttore generale dell’Assessorato alla sanità della Regione Piemonte, Fulvio Moirano (nota del 20 febbraio 2015), nella quale si afferma che le prestazioni socio-sanitarie domiciliari sono prestazioni extra-Lea, in totale contraddizione con le sentenze 326/2013 e 154, 156 e 157/2015 del Tar del Piemonte che riconoscono tali interventi come diritti e prestazioni che vanno finanziate, come specificato qui di seguito, dal servizio sanitario nazionale.

   Di seguito e in allegato riportiamo l’Ordine del giorno delle Acli (1) e il Comunicato stampa relativo alla presa di posizione dell’Ufficio legislativo del Ministero della salute (2).

 (1) Acli Piemonte: Ordine del giorno

«Dalla stampa apprendiamo, con sconcerto, che la Regione Piemonte  intende presentare ricorso contro le sentenze del Tar del Piemonte n. 154, 156 e 157/2015 che hanno ribadito come  le  prestazioni  socio-sanitarie  domiciliari  fornite  da  assistenti  famigliari  e volontariamente  da  famigliari  e  congiunti  delle  persone  colpite  da  malattie  e/o  disabilità invalidante  e  da  non  autosufficienza  (prestazioni  di  aiuto  infermieristico  e  assistenza tutelare  alla  persona),  non  sono  attività  assistenziali,  di  semplice  “badanza”  come  sostenuto  dalla  Regione,  ma  prestazioni  sanitarie  che  rientrano  nei  Livelli  essenziali  di assistenza (Lea).

«Le Acli  Piemontesi  si rendono ben conto  delle ristrettezze di bilancio della Regione e del necessario  risanamento  del  debito  sanitario.  Questo  obiettivo  non  può,  però  essere raggiunto a discapito di  diritti  individuali sanciti dalle norme e dai quali dipende la salute di migliaia di piemontesi e delle loro famiglie,  che vivono in condizioni critiche e in molti casi,  drammatiche.

Ricordiamo  infatti  che  gli  anziani  malati  cronici  non  autosufficienti  sono  persone  spesso colpite  da  una  pluralità  di  patologie.  Si  tratta  di  soggetti  così  gravemente  malati  da avvertire  non  solo  continuative  sofferenze,  ma  da  cadere  anche  nella  condizione  di  non autosufficienza,  e  cioè  nella  totale  dipendenza  dagli  altri  per  tutte  le  funzioni  vitali.  Tali malati, la cui gravità ha raggiunto l'irreversibile stato della non autosufficienza, necessitano in maniera indifferibile di prestazioni socio-sanitarie.

«Le soluzioni economiche per garantire i cittadini e le famiglie si possono,  si devono trovare. Ogni altra via è una fuga dalla propria responsabilità politica e siamo certi che il Presidente  Chiamparino, gli Assessori  Ferrari  e Saitta  non potranno accettare un simile epilogo della vicenda. Pertanto  ai  Presidenti  del  Consiglio  e  della  Giunta  della  Regione  Piemonte,  agli Assessori alla sanità, al bilancio e alle politiche sociali della stessa Giunta regionale, le Acli  del  Piemonte  lanciano  l’appello  a  seguire  l’unica  ragionevole  e  accettabile soluzione  della  vicenda:  la  rinuncia  alla  presentazione  del  ricorso,  l’applicazione delle  sentenze  del  Tar  del  Piemonte  relative  alle  prestazioni  socio-sanitarie domiciliari ed il superamento, come disposto dal Consiglio regionale del Piemonte, delle  delibere  negative  dei  diritti  delle  persone  non  autosufficienti  riguardanti  le prestazioni socio-sanitarie residenziali».

 (2) Comunicato stampa

«IL CAPO DELL’UFFICIO LEGISLATIVO DEL MINISTERO DELLA SALUTE PRECISA CHE L’ASSISTENZA DOMICILIARE PER LE PERSONE NON AUTOSUFFICIENTI È UN SERVIZIO COMPRESO NEI LEA, LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA SANITARIA E SOCIO-SANITARIA E QUINDI È UN DIRITTO ESIGIBILE -  SMENTITA L’ILLEGITTIMA POSIZIONE DEL DIRETTORE DELL’ASSESSORATO ALLA SANITÀ DELLA REGIONE PIEMONTE

«Con riferimento alla comunicazione del 20 febbraio 2015 Prot. n. 3592/A14000 avente per oggetto “Modalità di gestione delle prestazioni domiciliari in lungoassistenza a favore di persone non autosufficienti – anno 2015. Sentenza Tar Piemonte n. 154/2015 del 14 gennaio 2015” a firma del Direttore generale dell’Assessorato alla sanità della Regione Piemonte, Fulvio Moirano, nella quale afferma che le prestazioni socio-sanitarie domiciliari sono prestazioni extra-Lea ed esprime parere favorevole all’impugnazione da parte della Regione Piemonte della sopra citata sentenza, alleghiamo la nota n. 705 del 29 gennaio 2015 del Capo dell’Ufficio legislativo del Ministero della salute, Avv. Maurizio Borgo.

«In questa nota viene precisato quanto segue: «Si rammenta che l’assistenza domiciliare integrata è un servizio compreso nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e, dunque, gestito e coordinato direttamente dal Distretto socio-sanitario delle Aziende sanitarie locali in collaborazione con i Comuni». Pertanto risultano destituite di ogni fondamento le sopra riportate affermazioni del Direttore generale dell’Assessorato alla sanità della Regione Piemonte. Le prestazioni Lea di assistenza domiciliare integrata (v. allegato) comprendono quelle di «aiuto infermieristico e assistenza tutelare alla persona» anche prestate volontariamente da familiari della persona colpita da malattia e/o disabilità invalidante e non autosufficienza, o dalla cosiddetta “badante”, per le quali è previsto dai Lea che l’Asl con fondi del Servizio sanitario copra il 50% del costo (e non del 100% come erroneamente riportato nella succitata comunicazione del Direttore generale dell’Assessorato alla sanità della Regione Piemonte)».

 

Segnalazione (Dgr 10-881/2015 sulle linee guida per la gestione transitoria del nuovo Isee)

- Egr. Assessori alla Sanità e alle Politiche sociali
Regione Piemonte

 E p.c.

- Difensore civico della Regione Piemonte

- Anci Piemonte

- Enti gestori dei servizi socio-assistenziali del Piemonte

- Organizzazioni Sindacali del Piemonte

- Associazioni autismo

- Associazioni di tutela anziani  

- Cpd

- Fish Piemonte

 Scriviamo in merito ad alcune segnalazioni ricevute da parte di cittadini piemontesi.

Risulterebbe che gli operatori delle Commissioni Uvg/Uvh abbiano riferito che, in base alla delibera 10-881/2015, non hanno diritto alla valutazione le persone non autosufficienti e/o con disabilità con Isee superiore a 38mila euro.

Quanto sopra è emerso altresì nell’incontro del 9 febbraio 2015 con la IV Commissione del Consiglio regionale del Piemonte, nonché nell’incontro del 3 marzo u.s. organizzato dalla Città di Torino.

Trattasi evidentemente di interpretazioni fuorvianti, poiché la Dgr 10-881/2015 è espressamente indirizzata agli Enti Gestori dei servizi socio-assistenziali, ed è finalizzata a stabilire il diritto di accesso alle prestazioni sociali agevolate all’interno delle prestazioni socio-sanitarie (Lea), ovvero all’integrazione alla quota alberghiera.

Si chiede agli Assessori competenti di invitare i Direttori delle Asl e degli Enti Gestori del Piemonte a fornire informazioni corrette, precisando che non si può negare il diritto all’accesso alle prestazioni Lea e alla necessaria valutazione Uvg/Uvh.

Infatti, come è noto, l’utente può avere diritto alla prestazione socio-sanitaria (cure domiciliari, centro diurno, Rsa) con quota sanitaria a carico dell’Asl e non avere diritto invece all’integrazione socio-assistenziale. Tuttavia, il mancato diritto a quest’ultima, in base all’Isee, non può escludere il diritto soggettivo alla prestazione Lea.

Al riguardo si richiama anche la nota inviata dal Difensore civico della Regione Piemonte il 20 febbraio 2015 laddove si afferma che «occorre in ogni caso impedire che la persona, in quanto tale, venga comunque privata o menomata nella sua aspettativa legittima del diritto alle cure, incombendo sugli Enti in indirizzo ogni responsabilità conseguente».

Con l’occasione si rinnova al richiesta di prevedere un rappresentante degli utenti nel gruppo di lavoro, come da nostra e-mail del 2 febbraio u.s.

Si resta in attesa di un riscontro.

Cordiali saluti.

Maria Grazia Breda

p. Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base)

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IL CAPO DELL’UFFICIO LEGISLATIVO DEL MINISTERO DELLA SALUTE PRECISA CHE L’ASSISTENZA DOMICILIARE PER LE PERSONE NON AUTOSUFFICIENTI È UN SERVIZIO COMPRESO NEI LEA, LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA SANITARIA E SOCIO-SANITARIA E QUINDI È UN DIRITTO ESIGIBILE -  SMENTITA L’ILLEGITTIMA POSIZIONE DEL DIRETTORE DELL’ASSESSORATO ALLA SANITÀ DELLA REGIONE PIEMONTE

 Con riferimento alla comunicazione del 20 febbraio 2015 Prot. n. 3592/A14000 avente per oggetto “Modalità di gestione delle prestazioni domiciliari in lungoassistenza a favore di persone non autosufficienti – anno 2015. Sentenza Tar Piemonte n. 154/2015 del 14 gennaio 2015” a firma del Direttore generale dell’Assessorato alla sanità della Regione Piemonte, Fulvio Moirano, nella quale afferma che le prestazioni socio-sanitarie domiciliari sono prestazioni extra-Lea ed esprime parere favorevole all’impugnazione da parte della Regione Piemonte della sopra citata sentenza, alleghiamo la nota n. 705 del 29 gennaio 2015 del Capo dell’Ufficio legislativo del Ministero della salute, Avv. Maurizio Borgo.

In questa nota viene precisato quanto segue: «Si rammenta che l’assistenza domiciliare integrata è un servizio compreso nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e, dunque, gestito e coordinato direttamente dal Distretto socio-sanitario delle Aziende sanitarie locali in collaborazione con i Comuni».

Pertanto risultano destituite di ogni fondamento le sopra riportate affermazioni del Direttore generale dell’Assessorato alla sanità della Regione Piemonte.

Le prestazioni Lea di assistenza domiciliare integrata (v. allegato) comprendono quelle di «aiuto infermieristico e assistenza tutelare alla persona» anche prestate volontariamente da familiari della persona colpita da malattia e/o disabilità invalidante e non autosufficienza, o dalla cosiddetta “badante”, per le quali è previsto dai Lea che l’Asl con fondi del Servizio sanitario copra il 50% del costo (e non del 100% come erroneamente riportato nella succitata comunicazione del Direttore generale dell’Assessorato alla sanità della Regione Piemonte).

COMUNICATO STAMPA

GRAVISSIMA INTENZIONE DI RICORSO DELLA REGIONE PIEMONTE CONTRO LE SENTENZE DEL TAR CHE CONFERMANO LE PRESTAZIONI SOCIO-SANITARIE DOMICILIARI COME DIRITTI

 CSA E FONDAZIONE PROMOZIONE SOCIALE ONLUS: «É UN’EVENTUALITÀ INACCETTABILE CHE NEGA IL DIRITTO ALLE PRESTAZIONI SANITARIE E SOCIO-SANITARIE DELLE PERSONE COLPITE DA MALATTIE E/O DA DISABILITÀ INVALIDANTE E NON AUTOSUFFICIENZA». POSSIBILI INVECE CONSISTENTI RISPARMI ECONOMICI NEL SETTORE SANITARIO

Dalle notizie di stampa di oggi, mercoledì 25 febbraio 2015, veniamo a sapere con sconcerto che la Regione Piemonte intende presentare ricorso contro le sentenze del Tar del Piemonte n. 154, 156 e 157/2015 che hanno annullato le illegittime delibere regionali 25 e 26/2013 e 5/2014, confermando quindi che le prestazioni socio-sanitarie domiciliari fornite da badanti e volontariamente da familiari e congiunti delle persone colpite da malattie e/o disabilità invalidante e da non autosufficienza (prestazioni di aiuto infermieristico e assistenza tutelare alla persona), non sono attività assistenziali, di semplice “badanza” come sostenuto dalla Regione, ma sono prestazioni sanitarie che rientrano nei Livelli essenziali di assistenza (Lea). Si tratta di diritti che non possono essere negati, nemmeno col pretesto delle ristrettezze di bilancio o del risanamento del debito sanitario: per tali prestazioni le Aziende sanitarie sono tenute obbligatoriamente a coprire il 50% dei costi.

Qualora la Regione Piemonte presenti ricorso contro le sentenze del Tar assumerebbe una decisione che rappresenta un passo inaccettabile di eugenetica socialesotto il profilo etico, l’eugenetica moderna presuppone un’eliminazione sistematica, programmata di esseri umani, nella maggior parte dei casi motivata da ragioni e pressioni di origine economica (etica utilitarista)», spiega l’Enciclopedia Treccani), cioè di negazione delle cure previste dalla leggi vigenti di persone malatissime, che senza tali prestazioni sono destinate a morire nel giro di brevissimo tempo. Sulle stesse basi teoriche-programmatiche (che i malati non autosufficienti fossero consumatori non produttivi di risorse e quindi persone da eliminare) – facciamo notare – nel secolo scorso il nazismo eliminò centinaia di migliaia di persone malate (a partire dai bambini), con handicap gravemente invalidante o colpite da rilevanti disturbi psichiatrici. Un orrore da non ripetere. 

Ricordiamo infatti che gli anziani malati cronici non autosufficienti sono persone MALATE spesso colpite da una pluralità di patologie. Si tratta di soggetti così gravemente malati da avvertire non solo continuative sofferenze, ma da cadere anche nella condizione di non autosufficienza, e cioè nella totale dipendenza dagli altri per tutte le funzioni vitali. Tali malati, la cui gravità ha raggiunto l'irreversibile stato della non autosufficienza, necessitano in maniera indifferibile di prestazioni sanitarie.

Per comprendere meglio la situazione di malattia di un anziano malato cronico non autosufficiente è forse qui opportuno riportare l’elenco delle patologie elencate nel certificato medico di uno di questi malati, preso ad esempio: «Decadimento cognitivo da morbo di Alzheimer, cardiopatia ischemica post infartuale, broncopneumopatia cronica ostruttiva, insufficienza renale cronica, osteoporosi, anemia da mielodisplasia, ipoacusia bilaterale, doppia incontinenza, mobilizzato in carrozzina, non autonomo in scala Adl». È indubitabile che ci troviamo di fronte ad un soggetto malato, come lo sono tutti gli anziani malati cronici non autosufficienti, e non ad un soggetto genericamente “fragile”. 

Detto altrimenti: gli anziani malati cronici non autosufficienti sono soggetti ultrasessantacinquenni affetti da una compromissione dell’autosufficienza dovuta a malattie e loro esiti (ad esempio vasculopatie, ictus cerebrali con emiplagia, demenza, sovente associata a gravi disturbi comportamentali, grave scompenso cardiaco, esiti di fratture in osteoporosi, ecc...). Si tratta di patologie che non possono che essere trattate dalla medicina e non da altri settori. Questa loro situazione esige una maggiore e continua attenzione alla condizione di salute di questi infermi sotto il profilo preventivo, diagnostico e terapeutico in quanto gli anziani malati cronici non autosufficienti e i soggetti colpiti da morbo di Alzheimer o da altri tipi di demenza senile sono quasi sempre incapaci di fornire informazioni circa la fenomenologia, l’intensità, la localizzazione e tutte le altre caratteristiche non solo dei dolori di cui soffrono, ma anche relative al soddisfacimento delle loro più elementari esigenze vitali. Non sono in grado di provvedere all’assunzione di medicinali e/o delle necessarie terapie, alla alimentazione/idratazione, all’igiene, alla mobilizzazione, ecc... e necessitano perciò dell’aiuto determinante di altri, in mancanza dei quali sono destinati ad aggravarsi e morire in brevissimo tempo. Perciò questi malati sono in una situazione non solo di urgenza, ma di assoluta e continua emergenza.

Alle loro condizioni sono equiparabili le persone non autosufficienti perché colpite da autismo o disabilità intellettiva invalidante. Anche loro hanno, in base alle leggi nazionali vigenti sopra citate, pieno ed immediato diritto alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari, semi-residenziali e residenziali. Quel diritto che la Regione Piemonte aveva negato con le delibere positivamente annullate dal Tar e che oggi si preparerebbe nuovamente a negare con il ricorso al Consiglio di Stato. 

La sconcertante intenzione del ricorso va contro lo stesso Consiglio regionale che il 18 dicembre 2014 con l’ordine del giorno n. 142 approvato all’unanimità aveva impegnato la Giunta a «superare in breve tempo le delibere n. 14-5999, n. 45-4248, n. 85-6287, n. 25-6992, n. 26-6993, n. 5-7035» relative alle prestazioni socio-sanitarie residenziali e domiciliari ed a «riclassificare (...) gli interventi domiciliari in lungoassistenza all’interno degli interventi del Sistema sanitario piemontese (Lea – Livelli essenziali d’assistenza)». Tutt’altra strada, come è ovvio, rispetto al ricorso contro le decisioni del Tar del Piemonte.

Sempre il Consiglio regionale del Piemonte, con l’ordine del giorno 1090 approvato all’unanimità il 24 settembre 2013 impegnava la Giunta regionale «ad intervenire presso il Parlamento e il Governo per chiedere uno stanziamento aggiuntivo, a favore del Fondo sanitario nazionale per le prestazioni da fornire alle persone non autosufficienti e per l'abbattimento delle liste d'attesa e uno stanziamento annuale continuativo, per il "Fondo per le non autosufficienze" (articolo 1, comma 1264 della legge n. 296/2006) da destinare esclusivamente ai Comuni». Impegni mai finora onorati dalle Amministrazioni regionali piemontesi (presente e passata).

Ribadendo che in nome di nessuna motivazione di carattere economico, né di rientro dal deficit sanitario, può essere negato il diritto esigibile alle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie per persone malatissime, segnaliamo che amplissimi margini di recupero di risorse economiche sono presenti nel settore sanitario stesso della Regione Piemonte (come risulta dalla nota: “I soldi ci sono. Rassegna degli sprechi e proposte operative per il recupero di rilevanti risorse economiche”, Prospettive assistenziali  n. 188, 2014).

Una situazione estremamente preoccupante in questo senso è oggi quella dell’appropriatezza dei percorsi di deospedalizzazione protetta per gli anziani malati cronici e le persone colpite da morbo di Alzheimer o altre forme di demenza senile per le quali la Regione prevede, in modo assurdo, il ricorso alle case di cura private con rette a carico della sanità di 160 euro al giorno. La soluzione capace di assicurare migliori prestazioni terapeutiche ai malati ed un consistente risparmio per la Regione è invece, a nostro avviso, la riconversione dei posti di letto delle case di cura in posti di letto Rsa e il ricorso, per la delicata gestione della deospedalizzazione protetta (un ponte tra ospedale e territorio per la continuità terapeutica dei pazienti con dimissioni complicate sotto il profilo sanitario e socio-sanitario), a strutture negli stessi ospedali o a poca distanza da essi gestiti direttamente dall’Asl.

Ai Presidenti del Consiglio e della Giunta della Regione Piemonte, agli Assessori alla sanità, al bilancio e alle politiche sociali della stessa Giunta regionale, lanciamo l’appello a seguire l’unica ragionevole e accettabile soluzione della vicenda: la rinuncia alla presentazione del ricorso, l’applicazione delle sentenze del Tar del Piemonte relative alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari ed il superamento, come disposto dal Consiglio regionale del Piemonte, delle delibere negative dei diritti delle persone non autosufficienti riguardanti le prestazioni socio-sanitarie residenziali.

Fondazione Promozione Sociale

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Dalla legge regionale 1/2004.

gli Enti gestori socio-assistenziali devono stanziare prioritariamente le risorse disponibili per soddisfare i bisogni delle persone che sono inabili al lavoro e sprovviste dei mezzi necessari per vivere e garantire le prestazioni socio-sanitarie e socio-assistenziali previste dalla legge regionale 1/2004 (articoli 18 e 22) che prevedono:

Art. 18. (Le prestazioni essenziali)

1. Il sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali fornisce risposte omogenee sul territorio finalizzate al raggiungimento dei seguenti obiettivi: 
a) superamento delle carenze del reddito familiare e contrasto della poverta'; 
b) mantenimento a domicilio delle persone e sviluppo della loro autonomia; 
c) soddisfacimento delle esigenze di tutela residenziale e semiresidenziale delle persone non autonome e non autosufficienti; 
d) sostegno e promozione dell'infanzia, della adolescenza e delle responsabilita' familiari; 
e) tutela dei diritti del minore e della donna in difficolta'; 
f) piena integrazione dei soggetti disabili; 
g) superamento, per quanto di competenza, degli stati di disagio sociale derivanti da forme di dipendenza; 
h) informazione e consulenza corrette e complete alle persone e alle famiglie per favorire la fruizione dei servizi; 
i) garanzia di ogni altro intervento qualificato quale prestazione sociale a rilevanza sanitaria ed inserito tra i livelli di assistenza, secondo la legislazione vigente. 
2. Le prestazioni e i servizi essenziali per assicurare risposte adeguate alle finalita' di cui al comma 1 sono identificabili, tenendo conto anche delle diverse esigenze delle aree urbane e rurali, nelle seguenti tipologie: 
a) servizio sociale professionale e segretariato sociale; 
b) servizio di assistenza domiciliare territoriale e di inserimento sociale; 
c) servizio di assistenza economica; 
d) servizi residenziali e semiresidenziali; 
e) servizi per l'affidamento e le adozioni; 
f) pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza personali e familiari.

Art. 22. (Destinatari degli interventi)

1. La Regione identifica nel bisogno il criterio di accesso al sistema integrato di interventi e servizi sociali e riconosce a ciascun cittadino il diritto di esigere, secondo le modalita' previste dall'ente gestore istituzionale, le prestazioni sociali di livello essenziale di cui all'articolo 18, previa valutazione dell'ente medesimo e secondo i criteri di priorita' di cui al comma 3. Contro l'eventuale motivato diniego e' esperibile il ricorso per opposizione allo stesso ente competente per l'erogazione della prestazione negata. 
2. Hanno diritto di fruire delle prestazioni e dei servizi del sistema integrato regionale di interventi e servizi sociali i cittadini residenti nel territorio della Regione Piemonte, i cittadini di Stati appartenenti all'Unione europea ed i loro familiari, gli stranieri individuati ai sensi dell'articolo 41 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), i minori stranieri non accompagnati, gli stranieri con permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, i rifugiati e richiedenti asilo e gli apolidi. 
3. I soggetti in condizioni di povertà o con limitato reddito o con incapacità totale o parziale di provvedere alle proprie esigenze per inabilità di ordine fisico e psichico, con difficolta' di inserimento nella vita sociale attiva e nel mercato del lavoro, nonché' i soggetti sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria che rendono necessari interventi assistenziali, i minori, specie se in condizioni di disagio familiare, accedono prioritariamente ai servizi e alle prestazioni erogati dal sistema integrato di interventi e servizi sociali.

 Infine ricordo che per quanto riguarda le risorse l’articolo 35 della legge 1/2004 prevede  quanto segue:

Art. 35.  (Le risorse finanziarie di parte corrente)

1. Fatti salvi i finanziamenti provenienti dallo Stato vincolati a specifiche finalita', il sistema integrato degli interventi e servizi sociali e' finanziato dai comuni, con il concorso della Regione e degli utenti, nonche' dal fondo sanitario regionale per le attivita' integrate socio-sanitarie. 
2. I comuni, quali titolari delle funzioni amministrative relative alla realizzazione delle attivita' e degli interventi sociali, garantiscono risorse finanziarie che, affiancandosi alle risorse messe a disposizione dallo Stato, dalla Regione e dagli utenti, assicurino il raggiungimento di livelli di assistenza adeguati ai bisogni espressi dal proprio territorio. La Giunta regionale, di concerto con i comuni singoli o associati, individua una quota capitaria sociale necessaria per assicurare i livelli essenziali e omogenei delle prestazioni di cui all'articolo 19. 
3. I comuni che partecipano alla gestione associata dei servizi sono tenuti ad iscrivere nel proprio bilancio le quote di finanziamento stabilite dall'organo associativo competente e ad operare i relativi trasferimenti in termini di cassa alle scadenze previste dagli enti gestori istituzionali. 
4. La Regione concorre al finanziamento del sistema integrato di interventi e servizi sociali attraverso proprie specifiche risorse. 
5. L'intervento finanziario regionale, con carattere contributivo rispetto all'intervento primario comunale, e' finalizzato a sostenere lo sviluppo ed il consolidamento su tutto il territorio regionale di una rete di servizi sociali qualitativamente omogenei e rispondenti alle effettive esigenze delle comunita' locali. 
6. Le risorse annuali regionali di cui al comma 4 sono almeno pari a quelle dell'anno precedente, incrementate del tasso di inflazione programmato. 
7. E' istituito il fondo regionale per la gestione del sistema integrato degli interventi e servizi sociali nel quale confluiscono le risorse proprie della Regione di cui al comma 4, le risorse indistinte trasferite dallo Stato, le risorse trasferite dalle province di cui all'articolo 5, comma 4, nonche' le risorse provenienti da soggetti pubblici e privati. 
8. Il fondo regionale di cui al comma 7 e' annualmente ripartito tra i comuni singoli o associati secondo criteri individuati dalla Giunta regionale, informata la commissione consiliare competente, sulla base delle indicazioni contenute nel piano regionale di cui all'articolo 16; parte dello stesso fondo puo' essere ripartito tra le province per lo svolgimento delle funzioni e dei compiti svolti dalle stesse a supporto degli enti locali interessati e per il funzionamento dell'ufficio provinciale di pubblica tutela, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 5. 
9. In coerenza con la funzione programmatoria ed organizzativa attribuita alla Regione, le risorse del fondo di cui al comma 7 sono prioritariamente destinate alla contribuzione finanziaria delle gestioni locali conformi, sul piano progettuale, organizzativo ed operativo, alle indicazioni e agli obiettivi fissati dalla Regione. 
10. I criteri per il riparto del fondo regionale sono finalizzati a privilegiare gli enti gestori istituiti entro gli ambiti territoriali ottimali individuati dalla Regione, ai sensi dell'articolo 8, prevedendo anche eventuali disincentivi per la gestione in ambiti territoriali diversi, nonche' i seguenti enti gestori: 
a) enti che assumono la gestione complessiva degli interventi e servizi sociali di livello essenziale; 
b) enti che assicurano i livelli essenziali e uniformi delle prestazioni spostando l'attenzione dalla domanda espressa ai bisogni rilevati; 
c) enti che favoriscono la diversificazione e la personalizzazione degli interventi; 
d) enti che promuovono la partecipazione effettiva di tutti i soggetti pubblici e privati e delle famiglie nella progettazione e nella realizzazione del sistema; 
e) enti che assicurano, in via prioritaria, la risposta alle esigenze di persone portatrici di bisogni gravi; 
f) enti che realizzano la massima integrazione tra sanita' e assistenza, nonche' il coordinamento delle politiche dei servizi sociali con le politiche della casa, dell'istruzione, della formazione professionale e del lavoro; 
g) enti che garantiscono, attraverso l'attuazione di forme di controllo direzionale e di analisi costante delle attivita' in corso di gestione, la corrispondenza dei risultati effettivamente conseguiti con gli obiettivi prefissati nella fase programmatoria, in termini di efficacia ed efficienza dei servizi e delle prestazioni ed assicurano un impegno finanziario dei comuni adeguato a sostenere le spese necessarie per fornire idonee risposte ai bisogni del territorio.

 

Per quanto sopra è indispensabile verificare con cadenza regolare (ogni 15/20 giorni) le delibere approvate dai Consorzi per evidenziare le spese non obbligatorie che sono fatte a discapito poi delle risorse necessarie per rispettare le priorità della legge 1/2004.

A titolo di esempio uniamo la segnalazione dell’Associazioni Buoni Amici a seguito di una prima ricognizione (Allegato).

Le informazioni assunte sono utili in sede di trattativa anche con i Comuni. Vanno pertanto raccolte e scritte. Si veda a titolo di esempio l’articolo “Inchiesta: il falso alibi delle risorse - I soldi ci sono. Rassegna degli sprechi e proposte operative per il recupero di rilevanti risorse economiche” pubblicato sul n. 188, 2014 di Prospettive assistenziali.

Spero di avere altre segnalazioni.

 

Sentenza del Tar del Lazio sui livelli essenziali di assistenza.

Anche il Difensore civico della Regione Lazio interviene, con la nota allegata, a conferma del Diritto ai livelli essenziali di assistenza (prestazioni residenziali, semiresidenziali e domiciliari) delle persone con disabilità intellettiva non autosufficienti”, Ricordiamo che le leggi vigenti che assicurano come diritto esigibile le prestazioni socio-sanitarie alle persone con autismo e limitata o nulla autonomia, con disabilità intellettiva grave e non autosufficienza sono le medesime per gli anziani malati cronici non autosufficienti e per le persone con demenza senile.

La nota del Difensore civico della Regione Lazio, inviata al Presidente e Commissario ad acta per la sanità di tale Regione, è pertanto estremamente positiva (e sarebbe a nostro avviso opportuno che essa possa essere citata e diffusa nelle Vostre comunicazioni). La nota è stata redatta in seguito all’allegata nostra comunicazione sul tema del “dopo di noi” e contro la disinformazione sui diritti pienamente vigenti delle persone con disabilità.

Nell’articolo “Soggetti con grave disabilità intellettiva: esigibilità del diritto alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari, semiresidenziali e residenziali” (allegato), pubblicato sul n. 185/2014 della rivista Prospettive assistenziali sono contenute anche le indicazioni per ottenere le prestazioni previste dalle istituzioni competenti.

Ricordiamo nuovamente che la recente sentenza 156/2015 del Tar del Piemonte  (allegato comunicato stampa) conferma il diritto alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari anche per le persone con autismo e limitata o nulla autonomia e con disabilità intellettiva grave e non autosufficienti (oltre che per gli anziani malati cronici non autosufficienti e le persone colpite da demenza senile): la sanità è tenuta obbligatoriamente a pagare il 50% delle cure socio-sanitarie a casa («prestazioni di aiuto infermieristico e assistenza tutelare alla persona»), anche prestate da familiari o “badanti” o assistenti familiari.

p. Il Comitato promotore,
La Segreteria

Lazio: progetto Dopo di noi.

 

Comunicato Stampa del Gruppo Senza Sede sulla sentenza del TAR relativa alle cure domicialiari.

Il Gruppo senza Sede, accoglie con soddisfazione la sentenza  n. 156/2015  con la quale il  Tar Piemonte ha accolto il ricorso di tante Associazioni di volontariato aderenti al Csa di Torino (Coordinamento sanità e assistenza  tra i movimenti di base), contro le delibere della Giunta regionale Piemonte n. 25 e 26/2013 e 5/2014 . Le delibere erano state impugnate perché lesive del diritto esigibile alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari di “aiuto infermieristico ed assistenza tutelare alla persona” per gli anziani malati cronici non autosufficienti, per le persone colpite da morbo di Alzheimer o altre forme di demenza senile e da disabilità invalidante e non autosufficienza. Le sopraccitate  delibere erano state approvate dalla giunta Cota con il preciso scopo di negare alle persone colpite da tali patologie  il diritto esigibile alle cure domiciliari, sancito dalle disposizioni vigenti : legge 833/1978 e decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001 “Lea”, le cui norme sono cogenti in base all’art. 54 della legge 289/2002 e, confermati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 36/2013. In sostanza, classificando illegittimamente come “extra Lea” tali prestazioni domiciliari, garantite attraverso gli assegni di cura, la Regione Piemonte le aveva negate come diritti, spostando il loro finanziamento sul comparto assistenziale, quindi regolato da criteri di discrezionalità e beneficenza, legato alla disponibilità di risorse stanziate.

Il Tar invece, ha confermato che “ le prestazioni fornite da persone prive di un attestato professionale (e quindi diverse dall’operatore sanitario: ad esempio, assistente familiare, badante, familiari medesimi ecc. ), finalizzate ad assistere il paziente non autosufficiente nei vari momenti della sua vita domiciliare, sono da ricondurre ai Livelli essenziali di assistenza (Lea), con conseguente mantenimento del 50% del loro costo a carico del Servizio sanitario nazionale”.                

La sentenza dice anche che non è lecito negare i Lea, e quindi anche le prestazioni di aiuto infermieristico ed assistenza tutelare alla persona, nemmeno col pretesto delle ristrettezze di bilancio o del risanamento del debito sanitario.

Sulla scorta della sentenza n. 156/2015 e dell’ordine del giorno approvato anch’esso all’unanimità dal Consiglio regionale del Piemonte n. 142 del 18 dicembre 2014 che chiedeva il superamento delle delibere annullate, occorre con la massima urgenza che la Regione chieda le necessarie risorse al Governo e applichi, per le prestazioni socio-sanitarie la legge regionale 10/2010. Come Gruppo senza Sede, crediamo che le motivazioni della sentenza n. 156/2015 dovrebbero costituire per la Giunta della Regione Piemonte la base per l’effettiva promozione delle prestazioni domiciliari per le persone non autosufficienti, consentendo loro condizioni di vita migliori e più dignitose .              

 Trino gennaio 2015                                                                 Associazione culturale Gruppo senza Sede 

 

CURE DOMICILIARI:
IL TAR DEL PIEMONTE DÀ RAGIONE ALLE ASSOCIAZIONI DEL CSA
E ANNULLA LE NEGATIVE DELIBERE DELLA GIUNTA REGIONALE N. 25 E 26/2013 E 5/2014
 

CONFERMATO CHE LE PRESTAZIONI SOCIO-SANITARIE DOMICILIARI FORNITE DA BADANTI E  VOLONTARIAMENTE DA FAMILIARI DELLE PERSONE NON AUTOSUFFICIENTI

SONO LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA (LEA).  SI TRATTA DI DIRITTI CHE NON POSSONO ESSERE NEGATI, NEMMENO COL PRETESTO DELLE RISTRETTEZZE DI BILANCIO O DEL RISANAMENTO DEL DEBITO SANITARIO. 

Diritto alle cure socio-sanitarie domiciliari per le persone malate e/o colpite da disabilità invalidante e non autosufficienza, ottime notizie arrivano dal Tar del Piemonte. Con la sentenza 156/2015 (allegata), depositata il 29 gennaio 2015, il Tribunale amministrativo del Piemonte ha accolto il ricorso delle associazioni Aps (Associazione promozione sociale), Ulces (Unione per la lotta contro l’emarginazione sociale) e Utim (Unione per la tutela dei disabili intellettivi), aderenti al Csa – Coordinamento sanità e assistenza tra i movimenti di base, dell’Angsa Torino (Associazione nazionale genitori soggetti autistici) e del Gva Acqui (Gruppo volontariato assistenza handicappati ed emarginati) contro le delibere della Giunta regionale del Piemonte n. 25 e 26/2013 e 5/2014, provvedimenti che sono stati annullati dalla sentenza nelle parti sostanziali.[1]

Le delibere erano state impugnate perché lesive del diritto esigibile alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari di «aiuto infermieristico ed assistenza tutelare alla persona» per gli anziani malati cronici non autosufficienti, per le persone colpite da morbo di Alzheimer o altre forme di demenza senile e da disabilità invalidante e non autosufficienza. «Secondo la Regione resistente – ha osservato il Tar nella sentenza – le parole “assistenza tutelare alla persona” si riferirebbero unicamente all’assistenza fornita da operatori in possesso di una specifica formazione professionale, quindi da infermieri o da operatori socio-sanitari: pertanto, la quota a carico del Servizio sanitario non coprirebbe le prestazioni che siano rese da operatori non professionali, con conseguente loro riconduzione negli “extra Lea” e soppressione delle provvidenze economiche fin qui garantite (e loro integrale accollo al comparto assistenziale: utenti e/o Comuni)».

In sostanza, classificando illegittimamente come “extra lea” tali prestazioni domiciliari, garantite attraverso gli assegni di cura, la Regione Piemonte le aveva negate come diritti, spostando il loro

finanziamento sul comparto assistenziale, quindi regolato da criteri di discrezionalità e beneficienza, legato alla disponibilità di risorse stanziate.

Invece, il Tar ha confermato che le «prestazioni fornite da persone prive di un attestato professionale (e quindi diverse dall’operatore sanitario: ad es., assistente familiare, badante, familiari medesimi, ecc.), finalizzate ad assistere il paziente non autosufficiente nei vari momenti della sua vita domiciliare» sono «da ricondurre ai Livelli essenziali di assistenza (Lea), con conseguente mantenimento del 50% del loro costo a carico del Servizio sanitario nazionale».

Questa posizione, da sempre sostenuta dalle associazioni ricorrenti e riconosciuta pienamente legittima con la sentenza 156/2015, era già stata espressa nella sentenza 326/2013 del Tar del Piemonte (pur assolutamente negativa sul tema delle contribuzioni economiche richieste ai parenti) che aveva confermato il diritto pienamente e immediatamente esigibile delle persone con disabilità – e poiché le norme sui Lea sono identiche, anche per gli anziani malati cronici non autosufficienti e le persone con demenza senile – alle prestazioni di «assistenza domiciliare».

La sentenza 156/2015 affronta anche il tema della salvaguardia dei diritti esigibili, in contrasto con
«le esigenze della finanza pubblica» che non possono portare a «comprimere il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana» e diritto primario e fondamentale ai sensi dell’articolo 32 della Costituzione.

Osserva il Tar: «Se davvero l’esecuzione del programma di solidarietà sancito in Costituzione (e ormai avviato anche dalla legge che ha previsto i Lea) incontra ostacoli di natura economico-finanziaria per l’obiettiva carenza di risorse stanziabili (vieppiù nello scenario di una Regione sottoposta a piano di rientro dai disavanzi della spesa sanitaria, come il Piemonte), il rimedio più immediato non è la violazione dei Lea ma una diversa allocazione delle risorse disponibili, che spetta alle singole amministrazioni (nel caso, alla Regione) predisporre in modo tale da contemperare i vari interessi costituzionalmente protetti che demandano realizzazione».

Non è insomma lecito, né invocando l’indisponibilità di risorse, né accordi di rientro dal deficit, negare i Lea e quindi anche «le prestazioni di aiuto infermieristico ed assistenza tutelare alla persona».

Già con l’ordine del giorno 1090 approvato all’unanimità dal Consiglio regionale della Regione Piemonte il 24 settembre 2013 e richiamato costantemente dai ricorrenti nei loro appelli alla Regione affinché ritirasse le delibere oggi annullate, s’impegnava la  Giunta  regionale  a chiedere al Governo uno stanziamento aggiuntivo a favore del Fondo sanitario nazionale per  le  prestazioni  da  fornire  alle  persone  non  autosufficienti  e  per  l'abbattimento  delle  liste  d'attesa, e uno stanziamento annuale continuativo per il Fondo delle non autosufficienze, da  destinare  esclusivamente  ai  Comuni  per  la  loro  funzione  integrativa.  Tali richieste –  ci risulta  –  non  sono  mai  state  portate  al  Governo.

Oggi, sulla scorta della sentenza n. 156/2015 e dell’ordine del giorno approvato anch’esso all’unanimità dal Consiglio regionale del Piemonte n. 142 del 18 dicembre 2014 che chiedeva il superamento delle delibere annullate (come di quelle sulle prestazioni socio-sanitarie residenziali, ancora in giudizio al Consiglio di Stato), occorre con la massima urgenza che la Regione chieda le necessarie risorse al Governo e applichi, per le prestazioni socio-sanitarie domiciliari, la legge regionale 10/2010.

Le motivazioni della sentenza n. 156/2015 dovrebbero costituire per la Giunta della Regione Piemonte la base per l’effettiva promozione delle prestazioni domiciliari per le persone non autosufficienti, consentendo da un lato a questi nostri concittadini, colpiti da malattie o disabilità o autismo e da non autosufficienza, condizioni di vita migliori e più dignitose e nello stesso tempo realizzando consistenti riduzioni delle spese regionali (come previsto anche dalla Petizione popolare nazionale per il diritto prioritario alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari per le persone non autosufficienti previste dai Lea, lanciata da un nutrito Comitato promotore di associazioni guidato dalla Fondazione promozione sociale onlus, petizione di cui è in corso la raccolta di adesioni e firme fino al 31 dicembre 2015 –
per informazioni:
www.fondazionepromozionesociale.it). Sentenza del Tar.

 

[1] Analoghe motivazioni sono espresse nelle sentenze 154 e 157/2015 relative ai ricorsi contro i medesimi atti della Giunta regionale del Piemonte presentati dal Comune di Torino e da numerosi Comuni ed Enti gestori delle funzioni socio-assistenziali piemontesi.